Il ritorno della razza – argini e antidoti dalla conoscenza

IL RITORNO DELLA RAZZA – ARGINI E ANTIDOTI DALLA CONOSCENZA
SEMINARIO – VEN. 9 NOVEMBRE 2018 – SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA – PALAZZO DELLA CAROVANA, PIAZZA DEI CAVALIERI, 7, SALA AZZURRA – PISA
PROGRAMMA:

09:00 SALUTI DI VINCENZO BARONE, DIRETTORE DELLA SCUOLA NORMALE SUPERIORE
Coordina Daniele Menozzi, Introduzione.
09:15 Alberto Burgio, Per una storia del razzismo italiano.
09:45 Lino Leonardi, Razza, storia di una parola italiana.
10:15 Luigi Ferrajoli, Civiltà giuridica post-bellica e razzismo.

10:45 Pausa caffè

11:15 Oreste Pollicino, Costituzione italiana, costituzionalismo europeo e razzismo.
11:45 Emanuela Fronza, I profili del trattamento penale del razzismo nell’ordinamento italiano.
12:15 Marcello Flores, Le manifestazioni del razzismo nell’attuale società italiana.

09:00 SALUTI DI VINCENZO BARONE, DIRETTORE DELLA SCUOLA NORMALE SUPERIORE
Il discorso sulla razza è, a largo spettro, un discorso sulla diversità: il dialogo tra elementi diversi è l’unico modo per promuovere uno sviluppo sostenibile. L’omologazione, nelle scienze esatte come in quelle umane, è la morte.

Daniele Menozzi, Introduzione.
Il C.U.G. è il Comitato Unico per le Garanzie delle pari opportunità, contro ogni discriminazione, in piena sintonia con l’articolo 3 della nostra carta costituzionale. L’Italia non è stata indenne dal razzismo, come dimostrano le leggi razziali del 1938. Le tragedie del passato non devono ripetersi: il razzismo di oggi non “spunta come un fungo”, ma è il frutto del passato. La cultura, le università, la Scuola Normale possono offrire un valido antidoto al razzismo.

09:15 Alberto Burgio, Per una storia del razzismo italiano.
Burgio è docente di storia della filosofia all’Università di Bologna ed è uno studioso di storia del razzismo.
Il razzismo italiano è ancora molto sconosciuto e questa carenza, in ambito europeo, è una peculiarità tutta italiana. Ancora oggi parlare di razzismo italiano sembra un’assurdità, vige il dogma di “italiani, brava gente”. L’Italia si è auto-assolta dall’accusa di razzismo mediante l’oblio. La ragione di tale dimenticanza si riscontra fondamentalmente nel cattolicesimo, che fin dal Medioevo ha avuto anche connotazioni antisemite. In realtà esistono genotipi diversi, ma non razze diverse: la categoria razza è generata dal razzismo, che ha legittimato la ghettizzazione, la persecuzione e riduzione in schiavitù. Il razzismo europeo è solo parzialmente dovuto alla colonizzazione, ma è ben maggiormente generato: 1. dalle tendenze razziste ed anti-giudaiche del cattolicesimo (nel Concilio Vaticano I° si parla di “perfidi ebrei”); 2. dal nazionalismo e dall’ irredentismo, aggressivi e caratterizzati dalla svalutazione delle etnie straniere, slava in particolare; 3. dall’identificazione, sotto il fascismo, delle categorie di “italiano” e “cattolico”; 4. dalla subordinazione delle donne, che appartengono ad una “razza senza storia, fuori della civiltà”, degli ebrei, dei “negri, esseri di tipo scimmiesco, come gli “insudici meridionali”; 5. dall’urbanizzazione, tendente a considerare il meridionale come una “razza maledetta, non idonea al progresso ed alla modernizzazione”.
L’ebreo è considerato, dalla Chiesa cattolica, “decida ed usuraio”. Gramsci, nei Quaderni dal carcere, esattamente nei Quaderni 1 e 12 de Il Risorgimento, sottolinea il razzismo delle masse del nord verso il contado meridionale. Già tra Otto e Novecento si parla di settentrione come “Arii” e dei meridionali come “Afrii” o “insudici”: questo affermano gli antropologi, in ambito accademico, tra fine Ottocento e primo Novecento. il Risorgimento per Antonio Gramsci, non è indenne dall’antisemitismo. Il nazionalismo è sessista, razzista, omofobo. Pietro Tacchi Venturi ed il gesuita Agostino Gemelli, nella chiesa di Pio XI, firmarono il vergognoso ed infame “Manifesto della razza” del 1938. Gemelli affermò che gli ebrei, “popolo deicida”, sono “estranei al gene italico”. Giovanni Spadolini, Eugenee Scalfari e lo Gabriele De Rosa parlano ancora di “razza” e sono firmatari del “Manifesto della razza”, come anche Romolo Murri ed Amintore Fanfani; De Rosa, ne La rivincita di Ario (1939) afferma che “il contatto con altre razze inferiori ha l’unico scopo di abbattere la nostra, la più alta”.

09:45 Lino Leonardi, Razza, storia di una parola italiana.
Leonardi è docente alla SNS, accademico della Crusca ed esperto di storia della lingua italiana e di filologia medievale.
La parola “razza” ha origini molto antiche. l’articolo 7 del “Manifesto della razza” afferma esplicitamente che “gli italiani si sono sempre dichiarati francamente razzisti”. Ruini, nel 1947, durante i lavori dell’Assemblea Costituente, pur affermando l’antirazzismo italiano, dichiara legittimo il termine “razza”, che del resto compara nello stesso articolo 3 della Costituzione. Ancora oggi, nel 2018, c’è chi si dichiara esplicitamente “razzista”, come si è visto con a Napoli il giovane il 3 novembre 2018.
Il termine “razza” arriva in Italia dalla Francia, ove compare già nel ‘300, stando alle fonti dei dizionari etimologici, come il Tesoro della lingua francese e l’Oxford dictionary. Nel XIII secolo Tommaso d’Aquino, nella Summa theologiae I,15, collega la parola “razza” alla parola “ratio”, a sua volta connessa alla “species” ed all’ “Idea”. Tale tesi tomista sarà ripresa dalla Germania nazista. Contini ha ritrovato il termine “razza” nella Francia del XIII secolo, ma in un contesto diverso: la razza è l’allevamento dei cavalli. Nella Spagna del secondo Quattrocento la razza è la “buona stirpe”, con riferimento ai cavalli, ma anche ai nobili. La classificazione di Linneo, nell’800, usa il termine razza riferito alle differenze tra specie animali. In seguito il termine assume, in un contesto colloquiale, un’accezione negativa ( ad esempio: “Che razza di uomo sei?!”). Negli anni quaranta del Novecento si riprende la tesi tomista di razza come “ratio”.

10:15 Luigi Ferrajoli,Civiltà giuridica post-bellica e razzismo.
Ferrajoli è un ex magistrato, professore emerito di filosofia del diritto all’Università di Roma.
La civiltà giuridica post-bellica nasce dall’antisemitismo, sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Tutto l’impianto costituzionale si fonda sulla parità di diritti civili, in conformità con la dichiarazione ONU del 10 dicembre 1948, che trova, a sua volta, fondamenti nella dichiarazione del 26 agosto 1789 in Francia.
Nell’era della globalizzazione è emerso il razzismo, che consente la discriminazione delle disuguaglianze: il razzismo non è la causa delle discriminazioni, ma l’effetto perché funziona come un dispositivo politico che tollera le stragi in mare, ad esempio. Oggi il razzismo, in Italia è fortemente tornato: la mancanza di diritti è la causa di ogni discriminazione, religiosa, sessuale, etnica. Tale carenza consente la legittimità di discriminare e perseguitare ed il populismo vede il “differente” come il “nemico”. Dalla legge Bossi-Fini al reato di clandestinità sono tutte forme di razzismo, in contrasto con il diritto penale liberale, che afferma che si può essere puniti per ciò che si fa e non per ciò che si è. Minniti ha dato origine ad una politica xenofoba, ripresa da Salvini, che addirittura ostenta e rivendica questo razzismo istituzionale, che costituisce il motivo principale per lo sviluppo del razzismo sociale. Quando il razzismo si manifesta a livello istituzionale, questo produce una crisi valoriale nelle masse ed un conseguente contagio. Il liberismo ha portato la precarizzazione e la rottura della solidarietà tra lavoratori; a questa disgregazione sociale ha fatto seguire un’aggressione etnica e razziale. La solidarietà è tra poveri lavoratori italiani contro poverissimi immigrati. Gli effetti del liberismo e del razzismo procedono quindi di pari passo e l’unico antidoto è la diminuzione delle disuguaglianze economiche: l’affermazione dell’uguaglianza dei diritti, in primis del diritto di emigrare, sancito già dagli spagnoli nel 1540 perché “il mondo è di tutti” anche se, in quel periodo, diritto di emigrare significa diritto di colonizzare e compiere genocidi. Ancora Locke afferma il diritto di emigrare come molla per lo sviluppo del capitalismo. Tale diritto è riconosciuto dalla dichiarazione ONU del dicembre 1948 e dalla nostra Costituzione repubblicana. L’umanità del futuro sarà un’ umanità senza differenze e dovremo considerare degli orrori ciò che oggi consideriamo con una sostanziale serenità, come le morti in mare dei migranti, che fuggono nella speranza di essere accolti dalle nostre democrazie europee.

11:15 Oreste Pollicino, Costituzione italiana, costituzionalismo europeo e razzismo.
Pollicino è docente di diritto all’Università “Bocconi” di Milano.
La legislazione internazionale del secondo dopoguerra mondiale ha reagito inizialmente con indifferenza al razzismo che era dilagato nei decenni precedenti. Sono stati gli Stati Uniti a promuovere tale indifferenza. In seguito il costituzionalismo europeo, allontanandosi dalla legislazione americana, ha portato avanti il concetto giuridico di “uguaglianza” nel senso di “dignità”, anche sociale. La dicotomia tra uguaglianza formale e sostanziale è rimasta. Lombroso, nel 1876 considerava gli zingari “una razza dedita a qualsiasi tipo di nefandezza, ivi compreso il cannibalismo”. Durante i il colonialismo di fine ‘800 si sviluppa una legislazione razziale contro i meticci. La Francia del secondo dopoguerra sostituisce il termine “razza” con quello di “stirpe”. L’Unione Europea ha sostituito il termine “razza” con quello di “etnia”, ma in generale la giurisprudenza europea non ha insistito abbastanza sul superamento della categoria di “razza”, non c’è stata quella rivoluzione etica che occorreva, per questo è rimasto lo scarto tra la forma e la sostanza. Recentemente la Corte Costituzionale sta prendendo diverse posizioni contro qualsiasi discriminazione. Nel 1999 il concetto di razzismo è stato condannato dalla legislazione dell’Unione Europea, proprio in concomitanza con la vittoria del partito razzista di Hyder in Austria. “Dignità”, nell’ordinamento europeo, include l’”uguaglianza”, a differenza di quanto si è affermato in America. Bisogna tornare alla Costituzione come “Bill of Rights” (1689). In conclusione, il termine razza va mantenuto in Costituzione proprio per combattere e bandire il razzismo, “male assoluto”, come lo definì Primo Levi in Se questo è un uomo, esattamente nelle pagine relative al suo esame di chimica di fronte ai gelidi occhi dell’ufficiale delle SS che lo esaminava.

11:45 Emanuela Fronza, I profili del trattamento penale del razzismo nell’ordinamento italiano.
Fronza è docente di diritto penale all’Università di Bologna.
La legge Scelba del 1952, in attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, prescriveva pene per la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. La legge Reale del 1965 e la legge mancino del 1993 procedono in questa linea e quest’ultima punisce non solo gli atti di violenza, ma anche la propaganda di idee fasciste. Nel 2016 l’ articolo 604 bis del Codice Penale raccoglie queste eredità per opporsi al fascismo, al razzismo, alla xenofobia ed anche al “negazionismo storico”, che viene esplicitamente condannato. Di fatto, le condanne sono state però poche e ci sono state per affermazioni sui social, quali twitter e facebook; molte sono state anche le assoluzioni e le interpretazioni dei giudici, che spesso sono andate in direzioni opposte. In Germania si è stabilito che i gestori dei social devono controllare e rimuovere post razzisti, negazionisti ed incitanti all’odio online: in caso di inadempienza, il gestore viene sanzionato. Per lottare contro il razzismo bisogna, in conclusione, lottare contro la disinformazione.

12:15 Marcello Flores, Le manifestazioni del razzismo nell’attuale società italiana.
Flores è un noto storico, studioso della Shoah e del genocidio del popolo armeno.
Bisogna essere consapevoli delle manifestazioni del razzismo che si sono verificate negli ultimi anni in Italia al fine di stabilire il nesso con il razzismo fascista. Nel 1998, In Italia il 9% della popolazione si dichiarava “razzista”, in linea con la media europea; stupisce però il fatto che chi si dichiarava razzista spesso apprezzava anche la democrazia. Repubblica Ceca e Slovacchia erano allora i Paesi più razzisti, mentre quelli meno razzisti erano Irlanda e Spagna. Dopo l’Olanda e la Grecia, ascoltando le voci dei migranti, l’Italia è oggi il Paese in cui si avvertono maggiormente atteggiamenti discriminatori. In italia il livello di cittadinanza concesso è il più basso tra i Paesi dell’Unione, il 15%, questo durante l’ultimo governo Berlusconi, precedente al governo Monti. Rom ed immigrati sono al centro di continui attacchi razzisti. Amnesty International, nel suo rapporto del 2018 parla di un’ Italia “intrisa di odio, razzismo, xenofobia”; gli stereotipi razzisti sono attribuiti maggiormente alla Lega, a Fratelli d’Italia, a Forza Italia. Il leghista Calderoli, ad esempio, osò ostentare il suo razzismo senza ricevere alcuna condanna. Le grandi migrazioni e la trasformazione del mondo del lavoro successiva alla globalizzazione hanno incrementato il razzismo e non riconoscere il razzismo significa aiutarne la sua diffusione. Il nesso con il razzismo fascista è esplicito, ed è grave dimenticarlo. A Trieste, nel 1945, su una popolazione di 250.000 persone, 150.000 applaudono spontaneamente Mussolini quando parla delle leggi razziali. Il razzismo in Italia è quindi atavico ed ancora oggi è purtroppo ben radicato. Questa consapevolezza è quindi necessaria per combattere ogni discriminazione. Anche il darwinismo ha contribuito al razzismo, insieme alle scienze umane e sociali di fine Ottocento.

Il ritorno della razza – argini e antidoti dalla conoscenzaultima modifica: 2018-11-09T19:06:22+01:00da m_200
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