JEAN ITARD E L’EDUCAZIONE DEL SELVAGGIO: “IL FANCIULLO SELVAGGIO DELL’ AVEYRON”

JEAN ITARD E L’EDUCAZIONE DEL SELVAGGIO:

IL FANCIULLO SELVAGGIO DELL’AVEYRON.

Maria Montessori riconobbe nel dottor Jean Itard  il fondatore della pedagogia scientifica e sperimentale. Nell’Aveyron, un  dipartimento della Francia meridionale, viene scoperto uno straordinario fanciullo dell’età di 12 anni circa, cresciuto come una bestia selvatica nella solitudine dei boschi. Si nutre di ghiande e radici, è incapace di comprendere e parlare il linguaggio degli uomini. Condotto a Parigi e “studiato”, viene considerato un idiota. In seguito viene però osservato dal dottor Itard, che lo ospita a casa. Itard distingue due tipi di idiozia:

a)   idiozia congenita;

b)  idiozia derivante da lungo isolamento (deprivazione socio-culturale).

Al fanciullo, che reagisce al suono della vocale “ o “, viene dato il nome di Victor. Inizialmente il fanciullo è una sorta di animale: non sa articolare un suono, il suo linguaggio è simile ad un grugnito. Ha sensazioni uditive stranissime: non reagisce ad un colpo di pistola sparato a pochi centimetri dal suo orecchio, né al rumore di una porta che sbatte. Si mostra affascinato però dalla fiamma del fuoco e dallo spettacolo della pioggia. E’ soggetto a crisi di furore e morde la mano di chiunque si avvicini. Non mangia cibi cucinati, non indossa vestiti, cerca sempre di fuggire per recuperare il suo selvatico stato di natura e di libertà. Urla di gioia quando cade la neve e trascorre molte ore ad ammirare l’acqua della fontana de giardino o il paesaggio notturno illuminato dalla luna. Itard si propone:

1)  di fargli amare la vita in società;

2)  di creare in lui nuovi bisogni;

3)  di condurlo all’uso della parola con l’esercizio dell’imitazione;

4)  di sfruttare i suoi bisogni fisici per avviare le più semplici operazioni della mente.

Dopo 5 anni di terapia pedagogica, Victor non è più un selvaggio, né un idiota: legge e scrive con un certo numero di parole, ha stabilito vincoli affettivi con le persone che si prendono cura di lui, come i dottor Itard e soprattutto la governante madame Guerin. Conosce il bene ed il male  e piange per le punizioni immeritate.  Non ha però acquistato l’uso della favella ed i suoi interessi mentali sono sempre limitati, fino alla fine della sua vita, avvenuta in un istituto di sordomuti all’età di 40 anni.

L’opera di Itard, studioso del mutismo, avvia alla comprensione del fatto che una lunga deprivazione socio-culturale provoca irreversibili processi di atrofia intellettuale.

Il fondatore della psicologia cognitivistica, Bruner, nei suoi Saggi per la mano sinistra parla dei suoi esperimenti di deprivazione sensoriale condotti su animali, dai quali risulta che la crescita in un ambiente povero di stimoli determina, nell’animale adulto, una stupidità irreversibile ( cfr. il lavoro sociologico di Sergio Moravia, La scienza dell’uomo nel Settecento).

Il pedagogista contemporaneo Maragliano ha aperto una disputa su Victor: nel clima culturale del tardo Settecento il ritrovamento di “fanciulli selvaggi” (Victor non è stato l’unico caso) permetteva di affrontare, da parte dei “nuovi intellettuali”, il rapporto tra natura e cultura. E’ lontana l’idea del “buon selvaggio” di Rousseau, altrimenti si doveva lasciare Victor nella foresta. Il medico Pinel considera Victor un idiota, mentre Itard distingue l’idiozia congenita da quella derivante da lungo isolamento. Se si pensa che la natura sia cattiva e la società buona, se si pensa che il selvaggio vada inserito nella società civile, il programma di rieducazione sarà violento, affidato alla ragione e bisognerà distruggere tutte le abitudini selvagge.

La metodologia del “dottore-cittadino” (l’opera è ambientata durante la Rivoluzione francese) Itard è graduale, poiché il ragazzo non mangia cibi cucinati, non parla, guarda con piacere la luce lunare dalla sua finestra, e privarlo di questa esperienze sarebbe disumano ed inutile. Il problema è se Victor è recuperabile sul piano pedagogico o è un malato irriducibile. La società produce i suoi effetti, positivi e negativi: il selvaggio smette di essere tale quando si ammala, e qui notiamo il tema rousseauiano dell’indebolimento dell’uomo quando abbandona lo stato di natura per inserirsi nella società civile (cfr. il film di Truffaut). I progressi di Victor, minimi sul piano “assoluto”, sono immensi dal punto di partenza: si è dimostrato che il selvaggio è educabile sul piano pedagogico, perché Itard non si è arreso.

 

JEAN ITARD E L’EDUCAZIONE DEL SELVAGGIO: “IL FANCIULLO SELVAGGIO DELL’ AVEYRON”ultima modifica: 2015-05-12T17:07:30+02:00da m_200
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