Lorenzo Viani nella Grande Guerra

Lorenzo Viani nella Grande Guerra

Lorenzo Viani fu scrittore e pittore quasi alla pari; nato anarchico-sindacalista, aderisce in seguito al fascismo (si lasciò convincere dal programma di San Sepolcro del 1919) per poi distaccarsene e difendere ad oltranza i più deboli ed i più poveri. Sia da anarchico che da fascista, Viani, nelle sue rappresentazioni, vede sempre i poveri, per i quali si spende.  Nato in Darsena nel 1882, fa della sua darsena viareggina il parametro con cui guarda il mondo, attraverso le vedove ed i pescatori. Il padre lavorava per Villa Borbone, ma viene licenziato e porta la famiglia alla miseria. Per aver aderito ad una manifestazione anarchica, finì anche in carcere. Di Viani si ricordino innanzitutto La moglie del marinaio, che rappresenta una delle varie vedove che dipinge, con animo cupo e spaventato dalla morte, consapevole delle miserie umane, ed i Mutilati dal lavoro, i cui schizzi sono uguali ai Mutilati dalla guerra, che dipinge anni dopo (il mutilato torna mezzo nudo, in quanto povero, e spesso i poveri sono rappresentati nudi). Reagì alla sua povertà con l’azione politica ed anarchica (dipinge anche i suoi compagni) e ‘sognò’, per un periodo, la repubblica di Apua, un paesaggio così accogliente che diventerà il luogo ideale per un futuro mondo libero dalla miseria e dall’oppressione. I disgraziati e i diseredati sono infatti al centro dei suoi lavori. La peste a Lucca rappresenta la tragedia collettiva che rappresenta tutti i poveri che si sostengono e proteggono reciprocamente: l’arte diventa così per Viani testimone della realtà dei disgraziati; il tema della tragedia condivisa si vede anche da La benedizione dei morti del mare. Altra figura rilevante delle opere di Viani è quella della donna, spesso la donna della darsena, che sopporta il peso dell’attesa del marito o del figlio, forse caduti in guerra. La donna è assunta quale simbolo del dolore. Nel 1911 inizia la guerra di Libia: Viani rappresenta anche qui i poveri, vere vittime della guerra. Per l’opera Alla gloria della guerra Viani, insieme a De Ambris, viene accusato di disfattismo e processato, in quanto descrive i poveri italiani e libici. Ne La civiltà latina attacca l’imperialismo europeo, portatore di morte e schiavitù, ed in All’ombra della bandiera illustra il clima di morte e distruzione della guerra. Il reduce è un’opera dedicata alla figura del reduce, che per Viani è molto importante in quanto ciò che il reduce di guerra ha visto e vissuto è stato troppo grande per non rimanerne segnato: si parte felicemente volontari e si torna sconvolti. Viani non distingue il dolore degli italiani da quello dei libici. Viani fonde adesso l’impegno politico-sociale con la vena pacifista: il contadino sfruttato è identificato con il reduce. La pace è l’unica risposta che Viani dà alla guerra, come si evince ne Il seminatore. Ne Le vittime i personaggi sono ritratti come torturati e ne L’inutile attesa i genitori aspettano il figlio morto.

Durante il dibattito tra interventisti e neutralisti nella prima guerra mondiale, Viani è interventista e vicino al Futurismo di Marinetti (dipingerà un ritratto di Mussolini a cavallo, ma poche sono le opere di “Viani futurista”, probabilmente oggi nelle mani di privati), che aveva definito la guerra “sola igiene del mondo”, ed entra in conflitto con i suoi vecchi compagni socialisti, ma cambia idea in soli tre anni. Questa posizione pone ora l’artista in nuovo contrasto con molti altri suoi amici artisti, che rimangono interventisti. L’acceso dibattito tra interventisti e neutralisti è presenta anche a Viareggio e Viani, insieme a Cesare Battisti, viene coinvolto in una rissa. Si vuole arruolare volontariamente, ma la polizia lo arresta il 25 maggio 1915, poiché lo considera ancora un socialista pacifista e teme che Viani voglia arruolarsi, in realtà, per  boicottare l’intervento. Intanto, nel 1916, era morto Boccioni, grande artista futurista. Il soldato che fa la pipì e  L’esodo sono due suoi lavori di questi anni: in quest’ultimo rappresenta i civili che fuggono dalla guerra, mentre in Caporetto i civili pregano davanti alla vergine. Anche nella sua attività di narratore Viani usa un linguaggio scarno ed essenziale, volto ad aumentare la tragicità, in cui l’eroismo si tramuta presto nell’odio dei poveri verso la guerra. Viani vuole riscattare la tragedia della guerra glorificando i poveri soldati morti, come emerge nel suo Monumento ai caduti, scultura realizzata subito dopo la guerra e gradita ai fascisti, che infatti l’hanno conservata, ed in Un moribondo e un contadino. Viani lancia l’idea di costruire monumenti ai caduti in tutti i Paesi, e identifica i caduti con i poveri, mandati in prima linea al fronte. Molta importanza è conferita da Viani agli occhi dei poveri, raffigurati come sempre inquieti, ed ai fisici, molto magri a causa della fame. A molti dei suoi contemporanei Viani non piacque proprio perché non volevano che la disumanità della guerra fosse così crudamente rappresentata: nei suoi disegni Viani accentua infatti gli aspetti drammatici e truci, come le mutilazioni fisiche.

 

Lorenzo Viani nella Grande Guerraultima modifica: 2016-03-21T14:18:37+01:00da m_200
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