Alle origini dell’idea d’Europa. I Rosselli e l’europeismo. Ieri e oggi.

Alle origini dell’idea d’Europa. I Rosselli e l’europeismo. Ieri e oggi

seminario di studi storici organizzato dal Circolo “Fratelli Rosselli” di Pietrasanta venerdì 22/04/2016 h. 09/13,00 c/o il salone dell’Annunziata del chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta (LU), a. a. 2015/16, in collaborazione con le Università di Siena e Firenze.

ATTI DEL SEMINARIO (GIORNATA DI STUDI) – PROGRAMMA:

           Introduzione del prof. Berto Corbellini Andreotti.

1.         Le origini dell’ idea d’ Europa fra le due guerre, prof. Maurizio Degl’Innocenti, docente di storia contemporanea, Università di Siena.

2.         Dal mercato comune al trattato di Maastricht, dott. Andrea De Giorgio, ricercatore, Università di Firenze.

3.         L’unificazione economica e l’adozione dell’euro, prof. Stefano Cordero Di Montezemolo, Università di Firenze.

4.         Il fallimento del trattato costituzionale e la crisi dell’Unione, Prof. Zeffiro Ciuffoletti, docente di storia del Risorgimento in quiescenza, Università di Firenze.

 

           Introduzione del prof. Berto Corbellini Andreotti.

L’idea d’Europa nasce dalla necessità, dopo la II guerra mondiale, di superare gli egoismi particolaristici delle singole realtà nazionali con un ente sovranazionale.

 

  1. Le origini dell’ idea d’ Europa fra le due guerre, prof. Maurizio Degl’Innocenti, docente di storia contemporanea, Università di Siena.

Ci si sente europei quando si condivide una civiltà; Saint-Simon data l’inizio dell’idea d’Europa a Carlo Magno, Chabod ne vede l’inizio nell’Illuminismo, con Voltaire, perché in quel momento si determina una sorta di repubblica degli intellettuali che ha carattere universale, e la continuazione nel Romanticismo, in cui si recupera la religione cattolica come elemento unificante di una cultura. La Scuola francese degli Annales, invece, di orientamento marxista, preferisce datare la nascita dell’idea d’Europa nel Medioevo.

L’Europa è stata la patria dell’industrializzazione e del socialismo, ma sulla prima ha subito la concorrenza degli Stati Uniti (Degl’Innocenti ha recentemente pubblicato un saggio sulla II guerra mondiale).

Con l’immigrazione l’Europa ha rafforzato la sua unità sulla base di un’identità culturale, con le guerre d’Europa ed i regimi totalitari crolla l’idea d’Europa come metaforica repubblica illuministica degli intellettuali: gli intellettuali diventano “organici”, per usare un’espressione gramsciana, al servizio del socialismo piuttosto che del fascismo o del nazismo.

L’idea d’Europa ha quindi una “preistoria”, ma l’Europa in sé nasce tra le due guerre mondiali, perché la guerra accelera due elementi: 1) la nascita di partiti e di una società di massa; 2) dalla seconda guerra mondiale si esce con delle potenze vincitrici che condannano la Germania a pagare tutti i debiti di guerra, in quanto unica responsabile del conflitto.

Nel 1919 era nata la Società delle Nazioni (già anticipata dal presidente americano Wilson nel gennaio del 1918 con i famosi “14 punti”) come organo sovranazionale proposto a garantire la pace nel mondo, della quale non ne fanno però parte gli Stati Uniti. In questo contesto si comincia a parlare di categorie quali “disarmo” ed “arbitrato”: per garantire tale pace era però necessaria una pacificazione tra Francia e Germania, le due potenze storicamente nemiche fin dal 1870 e che continueranno a combattersi nella II guerra mondiale. La pacificazione tra le due potenze avverrà soltanto dopo la II guerra mondiale, mentre in Italia il partito comunista, nel 1956, vota contro l’ingresso dell’Italia nel M.E.C.: a differenza del P.S.I., il P.C.I. è ancora fortemente legato all’Unione Sovietica. Il P.C.I. è stato quindi un elemento di opposizione all’Unione Europea. La pacificazione tra Francia e Germania consentirà la nascita degli “Stati Uniti d’Europa”, espressione già viva in Carlo Cattaneo, nel dibattito risorgimentale.

Dopo la Grande Guerra, negli anni ’20, la Germania entrerà a far parte della Società delle Nazioni, a patto che rinunci a qualsiasi rivalsa sulla Francia, ma con Hitler, un decennio più tardi, la Germania uscirà dalla Società delle Nazioni; nella Francia degli anni ’30 si continua a parlare di “Stati Uniti d’Europa”, ma con l’esclusione della temibile Germania.

Le ripercussioni della crisi del ’29 incoraggiano ancora la nascita di un’Europa unita come difesa economica. L’antifascismo europeo ha il suo epicentro a Parigi, con il partito socialista, sia nell’ala riformista che massimalista; anche molti italiani emigrano in Francia e partecipano alla Resistenza, come Carlo Rosselli. In questo contesto l’europeismo assume una connotazione antifascista: il fascismo viene considerato il prodotto dell’arretratezza culturale e morale degli italiani. Ma nel 1933 Hitler prende il potere ed entra così in crisi l’idea, almeno in forma manifesta, dell’Europa unita sotto l’emblema dell’antifascismo. Il movimento “Giustizia e Libertà” è attivo a Parigi e dopo il 1932 rilancia l’idea di un’Europa unita attuabile solo mediante una rivoluzione europea contro il fascismo, il nazismo ed il franchismo: ai totalitarismi la futura Europa deve contrapporre le idee di democrazia e partecipazione.

Dopo la II guerra mondiale il Benelux costituisce i prodromi della futura Europa unita: negli anni successivi iniziano anche a circolare idee federaliste, che non sono quelle di De Gaulle e Churchill, ma del comunista Altiero Spinelli, che da una parte ostacolano l’unione europea.

 

  1. Dal Mercato Comune al Trattato di Maastricht, dott. Andrea De Giorgio, ricercatore, Università di Firenze.

Il “Manifesto di Ventotene”, redatto tra il 1941 ed il 1944, aveva un carattere utopistico: i 6 Paesi che diedero il via al processo di unificazione europea (Italia, Germania Occidentale, Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda), dopo la II guerra mondiale, non seguirono una linea federalista, proprio per evitare di cadere nell’utopia federalista del Manifesto di Ventotene. Gli Stati Uniti appoggiano quest’idea di integrazione europea e, nel 1951, incoraggiano la nascita della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), in modo da avere carbone ed acciaio comuni in Europa. Si preannunciano così buoni segnali per il processo di integrazione europea: si presenta inoltre un progetto per un esercito comune europeo, da intendersi come bastione antisovietico. Gli Stati Uniti avrebbero accettato questo esercito a patto che fosse inserito nel Patto Atlantico, ma il progetto fallì per i timori francesi di un riarmo tedesco, e di questo fallimento ancora oggi ne subiamo le conseguenze.

Nel 1957 nascono il M.E.C. e la C.E.E.  La Francia, sensibile alla propria identità nazionale, non adopera una politica sempre favorevole all’Unione Europea, mentre si pensa a fare entrare nell’Unione la Gran Bretagna: Irlanda, Gran Bretagna e Danimarca entrano nell’Unione nel 1973. Nel 1981 con l’ingresso della Grecia abbiamo un’ “Europa dei Dieci” e così si accelera il processo di unificazione europea, mentre, parallelamente, l’Unione Sovietica organizza la “sua Europa”. Nel 1989 il leader socialista Bettino Craxi lancia l’idea della moneta unica, osteggiata dalla Thatcher; nello stesso anno crolla il muro di Berlino e si pongono nuovi orizzonti per l’allargamento dell’Europa. Nel 1992 entra in vigore il trattato di Maastricht, con i seguenti cinque parametri:

1.rispetto di parametri economici europei;

2.politica estera comune per i problemi di sicurezza;

3.unificazione dei sistemi giudiziari;

4.adozione della moneta unica;

5.rispetto dei tassi di debito, deficit, interesse ed inflazione.

Nel 1990, con gli accordi di Schengen, si sopprimono i controlli sulle persone alle frontiere intercomunitarie. Nel 1990 entra nell’Europa la ex D.D.R. e nel 1995 nasce l’ “Europa dei Quindici”, con l’ingresso di Austria, Finlandia e Svezia.

Si avverte tuttavia, nei sentimenti dei cittadini europei, sempre prima il sentimento nazionalistico e poi quello europeistico.

 

  1. L’unificazione economica e l’adozione dell’euro, prof. Stefano Cordero Di Montezemolo, Università di Firenze.

Stefano Di Montezemolo è un esperto di economia e finanza. L’economia è parte integrante del processo di civiltà, che è un processo più ampio. L’idea d’Europa, per Montezemolo, nasce nel periodo delle crociate, in cui si forma una fitta rete commerciale, che trapassa poi nel Basso Medioevo con i comuni ed in seguito nel Rinascimento. In quella fase storica abbiamo realtà politiche frammentate. I mercanti del Basso Medioevo e del Rinascimento e la nascita delle banche fanno sì che la moneta e la finanza diventino elementi trainanti del processo di unificazione europea. La finanza diventa, con il passare del tempo, un elemento sempre più rilevante, con la colonizzazione e le compagnie, come quella delle Indie tra ‘600 e ‘700.  Con la rivoluzione industriale, i mercati si collocano sempre più su vasta scala e la dimensione finanziaria diviene un elemento importantissimo per il processo di unificazione europea.

Già nel ‘400, le famose banche, come le compagnie dei Bardi, dei Peruzzi, i Fugger, il Monte dei Paschi di Siena erano diventate le banche finanziatrici dei sovrani: le banche erano già entrate nella politica. Il fallimento di queste banche (ad eccezione del monte dei Paschi di Siena, che non fallisce) mette in crisi il reciproco rapporto tra potere e finanza, ma è una crisi solo transitoria. I reciproci favori tra banche e potere politico riprendono. Ancora oggi, con la crisi del sistema bancario europeo, si condanna questo nesso al grido di “fuori le banche dalla politica e fuori la politica dalle banche”.

Le differenti monete nascono alla fine del ‘400, con la nascita degli Stati nazionali. <Fra il 1880 ed il 1910 si assiste ad una forte crescita economica, superiore a quella del boom degli anni ’60, e questo grazie agli aiuti economici reciproci, al sistema dei debiti e dei crediti. Questo “boom” economico di fine Ottocento ha quindi favorito l’idea della moneta unica. Ma il sistema funziona a breve termine, non a lungo termine, perché le monete seguono linee differenti. È quindi necessario riallineare le economie, cosa che non è stata fatta nel 1910, la cui crisi ha causato quella successiva e ben più grave del 1929. Dopo la II guerra mondiale gli Stati uniti si impongono come modello unico, sia politico che economico, per l’Occidente, e le economie dei Paesi dell’Europa si adeguano. Ciò porta un certo benessere fino agli anni ’80. Ma gli Stati Uniti hanno conosciuto un progressivo tasso di inflazione fin dagli anni ’50 e dalla guerra di Corea (1953-56), come anche la Gran Bretagna. Nixon, negli anni ’70, denuncia la crisi americana a causa dell’inflazione fuori controllo. Gli anni ’70 sono difficili per l’Europa, a causa del terrorismo, dei conflitti in Medio Oriente, della tensione tra Est ed Ovest per la guerra fredda. L’Unione europea ha messa a rischio, perché le tensioni politiche hanno dirette ripercussioni in materia economica. Subito dopo gli accordi di Maastricht, nel 1990-91 appaiono nuovi elementi di minaccia, rappresentati da una nuova grande Germania riunificata, che tenderà ad imporsi sugli altri Paesi. Mitterand e Andreotti, negli anni ’90, convinsero la Germania ad accettare lo scambio tra gli aiuti europei per l’unificazione tedesca e l’avvio di un processo di unificazione monetaria. Tuttavia i costi per l’unificazione delle “due Germanie” furono altissimi e le differenze, sul piano economico, tra le “due Germanie”, erano vistosissime.

Da quando è entrato in vigore l’euro il tasso di crescita europeo è stato la metà di quello degli Stati Uniti. Un sistema monetario unificato ha bisogno di stabilire regole comuni, con un debito unico europeo, cosa che oggi non c’è ancora.

Gli Stati Uniti hanno superato la loro crisi grazie anche all’incremento demografico, che è un elemento di crescita anche economico, a differenza dell’Europa, che ha invece conosciuto un globale decremento demografico.

E’ inoltre necessario avere un sistema fiscale flessibile, non rigido, per compensare la rigidità della moneta unica.

L’Europa di oggi è soltanto un’Europa “sulla carta” in quanto manca un ente sovrano sul piano politico; negli Stati Uniti, ad esempio, si è imposto il modello degli Stati del nord su quelli del sud, la Germania, dopo la sua nascita avvenuta nel 1871 con il trattato di Francoforte, ha accettato la sovranità prussiana, sia pure nel rispetto del federalismo, che è pure un elemento funzionale, come lo è per gli Stati Uniti. Il federalismo non è cooperativismo socialista, ma è competizione, flessibilità, premesse importanti per la dinamicità e la crescita, come è avvenuto negli U.S.A.

 

  1. Il fallimento del trattato costituzionale e la crisi dell’Unione, Prof. Zeffiro Ciuffoletti, docente di storia del Risorgimento in quiescenza, Università di Firenze.

Ciuffoletti sostiene che la storia progredisce sempre, non si ripete: è questo quanto dovrebbero sapere le classi dirigenti. La politica deve tenere conto dell’andamento storico. L’Europa ha avuto più volte un’idea di unificazione, dal Sacro Romano Impero di Carlo Magno a Napoleone I Bonaparte.

Le colonie inglesi in America sono confederali: diventeranno una confederazione soltanto dopo la guerra civile americana del 1861/65. Oggi gli Stati Uniti, insieme alla Svizzera, costituiscono il modello federale per eccellenza. In una confederazione ogni Stato membro mantiene una sua autonomia con il diritto di veto, mentre in uno Stato federale si crea un governo comune tra gli Stati aderenti, che non hanno diritto di veto. Questa è la differenza, da molti ignorata, anche dalle forze politiche italiane odierne, tra confederazione e federalismo. L’Europa che si è oggi formata se non si evolverà a livello di federalismo, di federazione, sarà destinata al fallimento: l’Europa odierna non è nemmeno una confederazione, perché ha scelto la strada del funzionalismo, in cui si sono cioè scelte delle strade “funzionali”, come l’economia, la moneta unica, il carbone, l’acciaio, ma senza una costituzione comune e senza regole politiche comunitarie.

Il boom economico degli anni ’60 è fallito a causa di una guida politica insicura e corrotta, rappresentata dalla partitocrazia centrista prima e dall’opposizione del partito comunista all’ingresso dell’Italia nella C.E.E.

Dopo il crollo del muro di Berlino, con la guerra fredda, l’Unione europea si avvia verso strade “funzionalistiche”, mentre il trattato di Maastricht spingeva verso una via federale, necessaria per avere una moneta unica. La contraddizione dell’Europa è quella di avere una moneta unica non supportata da una struttura politica federalista. Ma il federalismo ha, per Ciuffoletti, la propria anima nell’identità nazionale: senza una struttura federalista, senza una costituzione comune, l’adozione della moneta unica rappresenta soltanto una cessione di sovranità. Essere federalisti significa mettere in comune i valori, che oggi per Ciuffoletti si stenta a riconoscere: l’Europa non può negare la sua impronta giudaico-cristiana, presente fin dal Medioevo e dalle crociate.

Francia ed Olanda, con un referendum, si sono opposte all’idea di una costituzione europea, anello essenziale per la creazione di un sistema federale europeo. L’Europa, al momento, non ha nemmeno un’unica capitale, ma due, Bruxelles e Strasburgo.

 

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