DAL MUTO AL 3D: CORSO BASE DI STORIA DEL CINEMA

DAL MUTO AL 3D: CORSO BASE DI STORIA DEL CINEMA

ORGANIZZATO da:

1. Scuola di Cinema “Intolerance”;

2. Assessorato alla Cultura ed alla Creatività del Comune di Viareggio (dott. ssa Martina

Rossella);

3. Ufficio Cultura-Centro Multimediale “Immaginaria” del Comune di Viareggio;

4. Lucca Film Festival;

5. Festival Europa Cinema;

6. Rassegna “Il Cinema e Oltre”;

7. Lucca Film festival;

8. Biblioteca Comunale di Viareggio;

9. Amministrazione Comunale di Viareggio.

 

PERIODO: gennaio/maggio 2016. ORARIO: 18,00/20,00; h. 21,00 proiezione.

Giorno di LEZIONI e PROIEZIONI: venerdì. Numero 24 h. complessive per un totale di 12 lezioni di 2 h. ciascuna + n° 12 proiezioni di film integrali.

 

TESTI BASE DEL CORSO (BIBLIOGRAFIA):

  1. Bertetto P., Introduzione alla storia del cinema, Utet Scuola, Torino, 2011;
  2. Bragaglia C., Storia del cinema francese, Newton Compton, Milano, 1995;
  3. Brunetta G. P., Storia del cinema italiano, 2 voll, 1 ° vol., 1895-1945, 2° vol. Dal 1945 agli anni Ottanta, Editori Riuniti, Roma, 1982;
  4. Costa A., Saper vedere il cinema, Bompiani, Milano, 2014;
  5. Di Giammatteo F., Dizionario del cinema. Cento grandi registi, Newton Compton, Milano, 1995;
  6. Sani A., Il cinema pensa? Cinema, filosofia e storia, Loescher, Torino, 2008;
  7. CD-ROM: Enciclopedia del cinema, 2 cd-rom, Finson.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROGRAMMA DEL CORSO:

1. Il cinema delle origini e il cinema americano degli anni Venti fino al sonoro. Proiezione del film La febbre dell’oro, di Charlie Chaplin (1925). Ven. 29/1 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

2. Il cinema europeo degli anni Venti e le prime avanguardie. Proiezione del film Nosferatu, il vampiro, di Friedrich Wilhelm Murnau (1922). Ven. 5/2 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

3. Il cinema classico americano e lo Studio System. Proiezione del film Ombre rosse, di John Ford (1939). Ven. 12/2 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

4. Grandi autori del cinema americano e il Neorealismo. Proiezione del film Roma città aperta di Roberto Rossellini (1945). Ven. 19/2 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

5. La Commedia all’italiana ed i nuovi grandi autori italiani. Proiezione del film 8 ½ di Federico Fellini (1963). Ven. 26/2 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

6. Grandi autori europei e la “Nouvelle Vague” in Francia e nel mondo. Proiezione del film Fino all’ultimo respiro di Jean Luc Godard (1960). Ven. 4/3 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

7. I generi e le altre forme di cinema. Dal documentario alle seconde avanguardie ed al “cinema espanso”. Proiezione del film Punishment Park di Peter Watkins (1971). Ven.  15/4 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

8. New Hollywood: il risveglio del sogno americano. Proiezione del film Il laureato di Mike Nichols (1967). Ven. 22/4 h. 18,00/20,00. docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

9. Dopo la New Hollywood. Il cinema degli anni ’80. Proiezione del film Toro scatenato di Martin Scorsese (1980). Ven. 29/4  h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

10. Dagli anni ’90 ad ora. Proiezione del film Avatar di James Cameron (2009). Ven. 6/5  h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

11. Lezione di approfondimento dedicata ad un regista: William Friedkin. Proiezione del film Killer Joe (2003). Ven. 13/5 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

12. Lezione di approfondimento dedicata ad un regista: Mario Monicelli. Proiezione del film I compagni (1963). Ven. 20/5 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.Il cinema delle origini e il cinema americano degli anni Venti fino al sonoro. Proiezione del film “La febbre dell’oro” di Charlie Chaplin (1925). Ven. 29/1 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

Occupiamoci innanzitutto della storia e del montaggio del film. Il grande regista Godard diceva “Il film non è una lingua, ma un linguaggio”. Il linguaggio del cinema concerne i vari tipi di inquadrature e di montaggio (angolazioni, punti di vista, eccetera).

Nel 1888 (lo stesso anno in cui Edison ha inventato la pellicola, non ancora perforata), c’è il primo film della storia del cinema: viene proiettato, gratuitamente, Rounday Garden scene, un primo cortometraggio girato dal regista, un francese, nel giardino della casa della sua donna.

La prima proiezione pubblica a pagamento avviene a Parigi, nel Boulevard des Italiennes, il 28 dicembre 1895, al “Caffè indiano”: questa data è convenzionalmente indicata come quella della nascita del cinema. Prima, nel luglio dello stesso anno, c’era stata una proiezione gratuita dei fratelli Lumiere.

In ogni frammento di pellicola si alternano 48 immagini di luci ed ombre (24 di luci e 24 di ombre).

Il linguaggio filmico si basa sulle inquadrature: il cinema trova infatti le sue origini nella fotografia, che a sua volta ha il suo archetipo nella pittura. Inizialmente, la macchina da presa fungeva anche da proiettore. I primi filmati sono brevi e ‘documentaristici’: si riprende ciò che si vede e s’inquadrano le persone da capo a piedi, con un margine superiore ed un margine inferiore, in seguito s’inizia ad avvicinarsi o ad allontanarsi dalla figura.

Si chiama panoramica l’atto in cui la macchina da presa segue le immagini in movimento, come in Ombre rosse, primo film girato nella Monument Valley, di John Ford, con John Wayne.

Si definisce piano americano la ripresa che inquadra dal ginocchio alla testa, è usata nei film western.

La mezza figura è invece l’inquadratura compresa tra la vita e la testa.

Il primo piano inquadra il soggetto dalle spalle al capo, il “primissimo piano” soltanto la testa.

L’ inquadratura dall’alto conferisce invece un senso di minaccia, di controllo, si usa nei film horror.

Il cinema nasce muto, è infatti l’arte delle immagini in movimento, la parola viene in seguito. Il primo film sonoro è Il cantante di Jazz (1927).

Le inquadrature vengono poi montate in scene: la scena è quindi l’insieme delle inquadrature che rispettano le tre unità di tempo, luogo ed azione.

La sequenza è l’insieme delle scene che ha soltanto l’unità di azione: è il caso di film come 007 o Mission impossible e dei film d’azione.

Il montaggio più comune del film è quello cronologico, che segue la scansione temporale, storica, ma esiste anche il montaggio inverso, in cui solo alla fine del film si comprendono le sequenze precedenti: è il caso di Viale del tramonto e Memento, basati su racconti, ricordi, flash-back. Fondamentale, nei montaggi cinematografici, è l’esperienza, che, se riuscita, viene imitata.

Dopo aver analizzato il montaggio del film, è opportuno studiare l’evoluzione del movimento: La grotta delle mani, un graffito riscontrato in Argentina, è il primo tentativo, nella preistoria, di ‘congelare’ la realtà in movimento, si tenta cioè di ‘dinamicizzare’ la realtà, ed Il cavallo rovesciato, ritrovato in Francia 17.500 anni fa, è un graffito importante per introdurre la camera oscura.

Alla fine del ‘600 s’iniziano ad utilizzare le lanterne magiche: la luce illumina l’immagine, che viene proiettata fuori.

Con la fantasmagoria del 1799 si proiettano disegni animati.

Nel corso dell’Ottocento, grazie allo sviluppo della fisica meccanica e della tecnica, si sviluppa anche il movimento: la prima fotografia ufficiale è stata scattata in Francia nel 1824.

Nel 1832 c’è il phenakitoskopio, con il quale si disegna l’evoluzione dell’oggetto. Intorno al 1876 in Francia, Inghilterra ed America si sperimenta il fucile fotografico. Animando l’immagine, si conferisce movimento all’immagine stessa, come il con il traumatoscopio. Con il teatro ottico del 1888 Edison inventa la pellicola, che viene perforata nel 1891.

Il praxinoscopio è lo strumento con il quale l’operatore girava le manovelle, ottenendo una riproduzione irregolare: è uno strumento precinematografico.

Del 1887 è Man walking around corner e nel 1889 Thomas Edison, negli U.S.A., intravede in business, a differenza di quanto avevano affermato i fratelli Lumiere (“il cinema, sul piano economico, non ha fortuna”); inizialmente, in effetti, il cinema è uno strumento di svago solo per pochi ricchi. In seguito Edison inventa il Kinetoscopio.

Il 1895 è una data fondamentale nella storia del cinema per due motivi:

I)      prima proiezione dei fratelli Lumiere;

II)     inizio del modo di rappresentazione primitiva (M.R.P. 1895/1915).

Dal 1915 in avanti si sviluppa invece il modo di rappresentazione classica (M.R.C.).

Il modo di rappresentazione primitiva si distingue a sua volta in due fasi:

a)    attrazione mostrativa – è un cinema che vuole stupire mostrando;

b)    sintassi narrativa – è un cinema che si evolve con un suo linguaggio specifico e si concentra sul soggetto; due inglesi, Smith e Williamson, intraprendono questa linea.

Appartengono al filone dell’attrazione mostrativa Arrivée d’un train a la chotat (1896) e Vedute animate, entrambi dei fratelli Lumiere (quest’ultimo è costituito da 4 brevissimi cortometraggi di vedute turistiche di varie città, come Venezia, Cabiria, di Giovanni Pastrone e con le didascalie di Gabriele D’Annunzio, Viaggio nella luna (1902) di Melies, L’uomo con la testa di gomma, in cui si nota un progressivo avvicinamento alla macchina da presa, Presa di Roma (1905) di F. Alberini. Sono delle ‘fiction’ teatrali: le scene sono tutte ricomprese nell’inquadratura della telecamera.

Relativamente alla sintassi narrativa si ricordino Kiss in the turner (1901) di Smith, e Fire di Williamson, sempre del 1901.

Negli anni immediatamente seguenti ci si concentra sulla drammaturgia e la commedia, in Italia abbiamo un attore che si fa chiamare “Cretinetti” (1909). La commedia caratterizza tutti gli anni ’20, soprattutto in America; la lunghezza media di un film, alla fine degli anni ’10, è di 30’. Con Griffith si compie una vera rivoluzione anche sotto questo aspetto: Nascita di una nazione arriva a 180’. Griffith lancia messaggi molto fori, dal punto di vista morale, mentre tecnicamente si concentra sui primi piani. Il film ripercorre la storia della guerra civile americana. Nel 1916 Intolerance, sempre di Griffith, denuncia l’intolleranza e fu accusato di buonismo, di essere un film anti-interventista, mentre l’America si apprestava ad entrare in guerra.

Proiezione ed analisi del film La febbre dell’oro (1925) di Charlie Chaplin, in arte Charlot: Charlot è il “vagabondo” per antonomasia, sempre in cerca di un lavoro e di una vita normale, che gli consenta la sopravvivenza, in mezzo alla miseria dalla quale proviene. Le sue aspirazioni non sono delle pretese, ma delle aspettative alle quali ciascun essere umano ha diritto, come si vede anche nel celeberrimo discorso finale de Il grande dittatore, parodia di Hitler. Charlot è di corporatura minuta, ed i suoi avversari, i prepotenti, sono sempre rappresentati come degli energumeni: il contrasto è quindi sempre, in primo luogo, fisico. Ne La febbre dell’oro il protagonista è un vagabondo dell’Alaska di fine Ottocento: vagando tra i ghiacci, s’imbatte in due avventori, all’interno di una squallida capanna, il malvivente Big Jim, una canaglia che morirà inghiottito dai ghiacci dopo che ha ucciso due uomini per rubargli la slitta, e Larson, che diventerà suo compagno di ricchezza alla fine del film, in cui Chaplin si accompagnerà con la ballerina che, dopo averlo rifiutato, scopre nel poverello che ha fatto fortuna con l’oro, i veri valori della vita. Nella sua umile capanna, Charlot aveva infatti invitato a cena la ballerina, la sera dell’ultimo dell’anno, insieme alla sue amiche, ma questa lo aveva snobbato per partecipare ad una festa. Stupenda la scena in cui Chaplin cucina una scarpa con le stringhe per cena, insieme all’amico Larson. Chaplin fu avversato dal potere americano per le sue idee filosocialiste: il potere costituito, negli Stati Uniti, aveva infatti cercato di diffamare il regista pubblicizzando certi aspetti della sua vita privata, come quello di avere sempre donne molto più giovani di lui.

Chaplin è stato un vero genio della storia del cinema, un genio rinascimentale a 360 gradi, una mente veramente poliedrica: fu infatti regista, attore protagonista dei suoi stessi film e compositore. Le musiche dei suoi film sono infatti state scritte dallo stesso Chaplin.

 

2.Il cinema europeo degli anni Venti e le prime avanguardie. Proiezione del film Nosferatu, il vampiro, di Friedrich Wilhelm Murnau (1922). Ven. 5/2 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

Negli anni ’10 il mercato americano del cinema aveva sempre più domanda, alla quale l’offerta non riusciva più a rispondere. Commedia e poliziesco sono due generi dominanti nel cinema degli anni ’10.

Nel 1912 si comincia a girare ad Hollywood per i seguenti motivi: 1)Hollywood è una città climaticamente calda, e questo facilita le riprese; 2)era più facile ovviare al pagamento dei brevetti; 3)in caso di  fallimento era più facile fuggire nel vicino Messico.

Negli anni ’10 in Italia si lavora sulla profondità di campo, in Russia sul montaggio. Un esempio è offerto da Cabiria (1914) di Pastrone, con le didascalie di Gabriele  D’Annunzio.

Negli anni ’20 il cinema americano hollywoodiano esplode, con la nascita di varie case cinematografiche, come la Paramount. I produttori dei film degli anni Venti gestiscono ogni fase del processo, compito assai arduo, dalla necessità di reperire fondi (problema oggi inesistente) alla vendita dei biglietti.

Zeffirino Coli è un figurinaio di origini garfagnine (costruiva immagini sante in gesso) di fine ‘800 che emigra prima in Francia e poi in America, ove inizia a fare spettacoli unendo l’aspetto circense a quello cinematografico; in seguito si dedicherà soltanto al cinema, costruendo un impero. Nel 1928, l’anno precedente alla crisi, vendette tutto, lasciando un’immensa eredità.

Agli inizi del ‘900 vi era già un accompagnamento musicale, che avveniva in cabaret e locali di infimo ordine: in seguito si arriva ad orchestre di musicisti, come nel 1927, con un’orchestra di 70 persone per un film di Fritz Lang. Prima delle didascalie vi era la figura dell’ “imbonitore”, che, da dietro le quinte, raccontava l’accaduto, in seguito appaiono le didascalie, poi si arriva al rumore (si parla di “rumoristica), infine al parlato. Il giovane Chaplin non si affida al dialogo, ma al mimo ed alla musica: solo in seguito si ‘convertirà’ al sonoro, come ne Il grande dittatore (1940), perché il sonoro è ormai il genere che il mercato richiede. Buster Keaton, invece, con l’arrivo del sonoro, si ritirò dal cinema. Da tenere presente anche che molti attori avevano delle voci impresentabili.

Anche per quanto riguarda il colore, il processo è graduale: inizialmente si colora a mano, poi con due tecniche artigianali, il viraggio e l’imbibizione.

Per quanto riguarda Chaplin, Il monello e Immigrant sono due film muti che toccano la biografia di Chaplin, che era appunto un orfano ed un immigrato ad Ellis Island. Ne Il monello (The kid) Chaplin, sia pure nello stato di povertà e vagabondaggio in cui vive, cerca di dare tutto l’amore ad un orfanello; del 1928 è Il circo, del 1936  Tempi moderni, (del quale ricorre l’ 80° anniversario nel 2016, poiché il film esce proprio il 5 febbraio 1936 per la prima volta nelle sale cinematografiche), che affronta il tema dell’alienazione dell’operaio nel clima della post-rivoluzione industriale, del 1952 Luci della ribalta, una specie di autobiografia. Con le “black list” del 1952 vengono ‘schedati’ ed emarginati molti registi, accusati di essere simpatizzanti o iscritti al partito comunista, come lo stesso Chaplin, che emigrerà in Europa; altri registi saranno costretti a firmare film di secondaria importanza, come i film di fantascienza, che infatti, negli anni ’50, nasconderanno una certa politicizzazione. Le black list furono ideate dal senatore repubblicano Mc-Charty, ma poco dopo crollò anche il mc-cartismo.

Dopo una leggera crisi economica del 1921, dal 1922 a 1928 seguono gli anni del liberismo sfrenato; sono anche gli anni del jazz e del cinema hollywoodiano. Ma sono anche gli anni del moralismo, che invade anche il cinema: molti attori vengono ‘messi all’indice’ quando si divorziano o fanno uso di sostanze stupefacenti. Keaton, che con Chaplin ha molti elementi di contatto (come si vede da Il macellaio, 1917), ha il soprannome di ‘Buster’, che significa ‘distruttore’, in seguito ad una caduta dalle scale, in cui distrusse tutto quello che incontrava. Keaton gioca molto con il suo fisico, come Chaplin, elemento che sarà imitato da molti registi americani. In The art of gag, Keaton improvvisa tantissime scene comiche, come anche in The cameraman, immortalato per la scena della parete che casca, che sarà ripresa da tantissimi altri film. Negli stessi anni, in Italia si diffonde la figura di “Ridolini”, che rappresenta il cinema italiano ed europeo, con una comicità molto meno frizzante rispetto a quella americana.

Cecile Demille ha prodotto capolavori storico-religiosi, come I dieci comandamenti, Il re dei re, Sansone e Dalida; in America, in questo periodo, emerge anche Vidor, con La grande parata (1925) e soprattutto La folla (1928).

Il cinema tedesco degli anni ’20 è un cinema espressionista: malgrado la Germania abbia perso la guerra, fonda la casa cinematografia “Ufa”, nella quale riversa tantissime risorse. Il gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wine è la storia di un medico, appunto il dottor Caligari, che uccide le persone con un sonnifero, servendosi inizialmente di un sonnambulo, poi compiendo lui stesso gli omicidi, ma viene scoperto da Francis. Il cinema espressionista tedesco deve fare i conti con la crisi economica, con la scoperta dell’inconscio di Freud, con lo smarrimento della personalità ed il relativismo: i tantissimi ‘doppi’ di questo genere di film testimoniano proprio questo. Ombre ammonitrici di Schatten già nel titolo presenta questa tematica: si parla di un “teatrino delle ombre” che man mano prende vita, è una tematica pirandelliana e sveviana. Murnau e Lang sono i maestri della messa in scena del film espressionista tedesco, come si evince da Destino di Lang e La testa di Giano di Murnau. Metropolis (1927) di Fritz Lang è un film ‘forte’, anticapitalista, di formazione: si parla di una città del futuro, in cui vivono gli operai, in modo alienante, per mantenere nell’ozio e nella ricchezza il capitalista; in questo contesto emerge la figura di Maria, una donna che s’interessa alla vita degli operai. Il dottor Mabuse è un altro film di Lang: il protagonista, appunto il dottor Mabuse, è un cinico criminale che cambia aspetto e personalità per manipolare i mercati finanziari ed arricchirsi in modo spregiudicato. La morte di Sigfrido parla del popolo barbaro dei Burgundi, mentre La vendetta di Grimilde è un film dai toni molto più pacati. Lupu Pich, Karl Mejer, Gruene sono altri registi espressionisti che trattano i temi della miseria, della sofferenza, dello sfruttamento dei proletari e del desiderio di cambiamento.

Il cinema francese degli anni ’10 lavora sul fondale dipinto e sulla profondità di campo, mentre negli anni ’20 sul montaggio, come emerge da La strada di Abel Gance.

Il cinema russo degli anni ’20 è fondato sull’ ‘effetto Koulechov’ (Koulechov è uno sperimentatore): cambia il viso a seconda delle immagini che gli si accostano.

Proiezione del film Nosferatu, il vampiro (1922) di F. W, Murnau: il conte Horlok sostituisce, in questo film, il conte Dracula. Horlok è un personaggio trovato da Murnau in Romania. Il film, muto ed in bianco e nero, della durata di un’ora, si può considerare permeato da un crudo realismo espressionista, ad esempio per quanto concerne la descrizione del castello medievale della Transilvania.

 

 

3.Il cinema classico americano e lo Studio System. Proiezione del film Ombre rosse, di John Ford (1939). Ven. 12/2 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

Il mago di Oz, Ombre rosse, Provaci ancora, Sam (con Woody Allen), Casablanca sono i classici film del cinema hollywoodiano americano. Dagli anni ’30 agli anni ’50 si nascono questi grandi capolavori, come Cantando sotto la pioggia. E’ il cinema che segna il passaggio dal muto al sonoro. Il cantante di Jazz (1927) di Alan Crosland è considerato il primo film sonoro. Parola, musica e rumore sono i 3 elementi fondamentali del cinema classico americano. Con il sonoro si rivoluzionò il cinema degli anni Venti. All’inizio il sistema di registrazione è primitivo: si registra su un disco.

André Basin, fondatore della più celebre rivista cinematografica di tutti i tempi, padre ‘spirituale’ di Francois Truffaut, affermava che “il cinema è realtà” ed in quanto tende a rappresentare fedelmente la realtà (come emerge ne I 400 colpi ed ne Il ragazzo selvaggio, non poteva che aspirare verso il sonoro ed il colore (il colore nasce intorno alla metà degli anni ’30). Tuttavia il cinema non è realtà, anche se quello hollywoodiano tenderebbe a sostituirsi alla realtà, isolando lo spettatore dalla vita reale, almeno per la durata del film. In tanti altri film invece lo spettatore viene estrapolato dalla realtà e proiettato come in un sogno, dove si appagano i desideri non soddisfatti, potremmo dire in senso freudiano. Quarto potere di Orson Welles rompe questa tesi del cinema hollywoodiano. Ne La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock il protagonista, rappresentato da James Stewart, guarda la realtà dalla sua finestra, che è come una ‘finestra sul mondo’, sulle altre finestre delle case circostanti, in un caldo giorno d’estate, mentre è immobilizzato con una gamba rotta. Il film è completamente girato in studio.

Nel cinema americano c’è un “campo” ed un “controcampo”, diametralmente opposto al campo, come nel dialogo, ad esempio, tra due persone, una di fronte all’altra. C’è continuità di sguardo, di movimento, di azione (basta inquadrare le scene di apertura e di chiusura di una porta, ad esempio, senza mostrare l’intero movimento), di asse (fondamentale, quest’ultima, per non confondere lo spettatore).

Lo spettatore si sente affascinare sempre dal movimento, che è fondamentale in quanto lo fa partecipare alla scena.

La fase successiva alla registrazione su disco è quella della registrazione su pellicola: molti registi registrano durante la scena stessa.

Diversi sono invece i ‘trucchi’ del cinema per gli effetti speciali: in Psycho la scena dell’accoltellamento sotto la doccia, per quanto riguarda il rumore, è registrata con il rumore emesso da un’anguria che viene pugnalata: è infatti un rumore ‘liquido’.

Con l’avvento del sonoro, il microfono viene inizialmente posizionato sulle persone stesse.

Le principali case cinematografiche dello “Studio System sono la “Metropolitan”, la “RKO” e la “Paramount”; celebri film dello “Studio System sono King Kong e Viale del tramonto.

“Columbia” e “United” Artist sono le altre case cinematografiche minori; la “United Artist” è stata creata da Chaplin e Griffith. La “United Artist” fallisce alla fine degli anni ’70, tra gli ultimi film della casa cinematografica vi è I cavalli del cielo, che rappresenta la lotta di classe dei contadini. Alcune colonne sonore di questi film sono di Bob Dylan.

Il film deve sempre sembrare vero, come avviene in Star wars.

In questo contesto nascono i generi cinematografici, che sono categorie narrative, come quelle letterarie. I generi fondamentali sono 3:

1)    drammatico;

2)    avventuroso;

3)    comico.

All’interno di questi si distinguono numerosi ‘sottogeneri’ o ‘filoni’, come quello western.

Nel genere drammatico il conflitto è interiore, come nel sottogenere sentimentale.

Nel genere avventuroso l’eroe è sempre maschile, caratterizzato da coraggio, nobiltà d’azione e moralità dello scopo, come in molti film western, tipo Ombre rosse (1938), primo film girato nel deserto della Monument Valley, di John Ford, in cui il protagonista, John Wayne,  l’ingiusto assassinio dei suoi 3 fratelli ed il furto del bestiame. Il film è ispirato ad una storia vera e l’azione del protagonista vuole riparare un torto iniziale.

Il genere comico si presenta invece, inizialmente, come un’ ‘aggressione sublimata’.

Ovviamente, generi e  sottogeneri s’intrecciano vicendevolmente: nel film d’azione si possono trovare anche elementi comici, ma non sono quelli dominanti.

Solo quando declina il cinema classico americano l’attore si rivolge al pubblico, guardando nella macchina da presa, e non più nella ‘quarta parete’. Nei film comici di Stanlio ed Ollio, Oliver Hardy cerca già di guardare il pubblico, quasi a chiamarlo partecipe delle sue intenzioni e delle sue azioni verso Stan Lauren. Nei film d’azione della serie 007, ad esempio, non si guarda mai il pubblico.

Le innovazioni del sistema produttivo mirano anche a risparmiare i costi: lo “Studio System” tende a produrre su scala industriale risparmiando i costi. Le grandi società di produzione, infatti, posseggono anche le case cinematografiche.

Il cinema classico americano è fortemente organizzato: è una sorta di ‘catena di montaggio’ orizzontale (con costumisti, sceneggiatori, attori, comparse), al cui vertice c’è il produttore, mentre il cinema europeo è più ‘improvvisato’.

Il topos del sottogenere western è offerto dall’attraversamento dei fiumi, dalle grandi praterie, dalle carovane, dagli attacchi degli indiani, dai cavalli, dai duelli con le colt, dai saloon (cfr. Un dollaro d’onore e Il grande cielo).

Il tema dell’amicizia e della stima reciproca, anche tra personaggi di schieramenti opposti, è un’altra caratteristica del cinema classico americano, come emerge ne Il mucchio selvaggio o ne L’ultimo dei Mohicani (girato in Canada, nella foresta di Montmorency) ed esattamente nel colloquio di stima tra i due generali, francese ed inglese, che militano in campi opposti. Nel film western le inquadrature vengono spesso girate a rallentatore, per fare emergere la violenza, anche se con una giudizio molto negativo.

Proiezione ed analisi del film Ombre rosse (1939) di John Ford, con John Wayne: è il film più famoso di Ford, tratto da un racconto di Maupassant, ambientato nella guerra franco-prussiana del 1870, “Palla di lardo”. I personaggi emarginati dalla società, come il medico ubriacone e la prostituta, si riscattano, mentre i personaggi della ‘buona società’, perbenista ed ipocrita, emergono nella loro cattiveria e nel loro cinico opportunismo, come il banchiere, un personaggio aggressivo che si rivelerà essere anche un ladro. Vi è anche un comico sceriffo. Il protagonista, Ringo, è un onesto cowboy che si vendicherà della morte dei suoi fratelli uccidendo i colpevoli. E’, come si è già detto, il primo film girato nella Monument Valley, nel nord dell’Arizona, e quello che darà fama a John Wayne, che qui personifica Ringo. Il film è in bianco e nero. Vi sono, nella trama, due soste, importantissime per analizzare i rapporti tra i personaggi, distinti rigorosamente in ‘buoni’, che sono gli emarginati dalla società, e ‘cattivi’, che sono invece le figure emergenti di una società ipocrita, come si è detto. Alla fine del film vi è il celebre inseguimento della diligenza da parte degli indiani Apache, che nel 1939, quando viene girato il film, erano confinati proprio nelle riserve della Monument Valley: nel 1939 Hollywood non ha ancora rivalutato gli indiani, ma in seguito Ford diventerà amico degli indiani, chiamandoli come attori nei suoi film (qui sono solo delle comparse) e rivalutandoli, anche eticamente, come avviene nell’ultimo suo film, del 1963, in cui il regista parteggia esplicitamente per gli indiani. Ford imparerà anche la lingua degli indiani. Le scene girate nella diligenza sono in realtà girate in studio: lo sfondo appare infatti sfuocato, e lo è appositamente, in quanto trattasi di un pannello che scorre con le immagini della Monument Valley: il motivo è quello del risparmio economico. Nella diligenza le riprese sono infatti sempre ravvicinate, sono primi piani o mezze figure.

 

4. Grandi autori del cinema americano e il Neorealismo. Proiezione del film Roma città aperta di Roberto Rossellini (1945). Ven. 19/2 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

Oltre ai registi del cinema hollywoodiano, ci sono altre decine di registi che, fra gli anni ’30 e ’40, hanno fatto grande il grande schermo americano; molto importanti, tra questi, Chaplin ed Hitchcock, due autori inglesi che operano in America. Alcuni di questi continueranno a dare il loro contributo negli anni ’40 e ’50.

La madre di Chaplin era una cantante, il padre un attore dedito all’alcool. Chaplin era nato nel 1889: all’età di 7 anni resta orfano di padre e la madre, in preda a crisi depressive profonde, finirà in manicomio. Chaplin ed i suoi fratelli finiscono a chiedere l’elemosina ed a fare i vagabondi: nei suoi film Chaplin approfondisce infatti la figura del vagabondo. Esordisce come cantante, va in tournée in Francia ed in America, dimostra subito grandi capacità mimiche con il linguaggio espresso dal suo corpo ed inizia la sua carriera in America. Nel 1914 è un comico che, con il suo costume, rimanda al gusto circense. Approfondisce ed arricchisce i suoi personaggi, primo fra tutti Charlot, da lui creato. Nello stesso 1914 è un regista di cortometraggi e mediometraggi e prosegue quest’attività negli anni immediatamente successivi alla Grande Guerra. Nel 1952, emarginato dal mc-cartismo, lascia gli Stati Uniti e torna in Europa: uno dei film più criticati dalle black list sarà proprio Tempi moderni, in cui affronta la tematica sociale dell’alienazione nel lavoro dell’operaio. Nel 1923 aveva iniziato i lungometraggi, predilige le ragazze molto giovani e questo porta scandalo nell’ambiente perbenista americano. Ebbe infatti varie mogli e vari figli, l’ultimo fatto a 73 anni (affermerà, in proposito, di “essere stato in grado di farlo, ma non di essere più capace di tenerlo in braccio”). Il monello, Il circo, La febbre dell’oro, Il grande dittatore (1940), Il circo, Luci della città, Un re a New York (nel quale critica il mc-cartismo), Luci della ribalta sono i suoi capolavori. Negli ultimi anni, i film di Chaplin si diradano nel tempo. Chaplin è un sostenitore del muto: si adatterà al sonoro per esigenze di mercato. In Luci della città ci sono musiche, ma non parole, che sono quindi sostituite dalla musica. Del 1936 è Tempi moderni, dove ancora rifiuta la parola, tranne poche frasi di Charlot e la sua canzoncina finale. Il primo film interamente parlato è Il grande dittatore (1940). Del 1947 è Monsieur Verdoux, un film di cruda comicità, che si conclude con un omicidio.

Altro grande autore di questo periodo è Alfred Hitchcock, anch’egli un inglese che lavora in America. Era nato nel 1899, dieci anni dopo Chaplin. Esordisce a Londra con film inizialmente muti, e sonori dopo il 1928. Nel 1939 emigra negli Stati Uniti, luogo per eccellenza di tanti registi, come molti registi ebrei, quali Fritz Lang ed Otto Preminger (Lang tornerà in Germania negli anni ’50). In molti suoi film , Hitchcock gioca sullo scambio di persone, come in Intrigo internazionale, con Cary Grant. Utilizza il punto di vista del narratore onnisciente, che è fuori dalla scena intrinseca al film, ma anche le inquadrature oggettive, che sono quelle in cui il regista inquadra l’attore, le inquadrature soggettive, che sono invece quelle che inquadrano ciò che l’attore guarda, le inquadrature panoramiche, cioè le visuali dal punto di vista esterno, del narratore onnisciente. Queste inquadrature si alternano proprio all’inizio di Intrigo internazionale. Hitchcock è un perfezionista delle immagini, scrive ogni minimo dettaglio dalle azioni alle inquadrature, alla sceneggiatura (che spetta allo sceneggiatore, in quanto il regista dovrebbe occuparsi solo delle inquadrature). Nodo alla gola, Franzy, Il sospetto, Psycho, Complotto di famiglia, Il sipario strappato, La finestra sul cortile, Notorius, l’amante perduto, Rebecca, la prima moglie, La donna che visse due volte (il titolo originale è Vertigo) sono i suoi capolavori.

Un altro grande autore che inizia la sua carriera con il sonoro è Orson Welles, che debutta intorno alla metà degli anni ’40, rompendo ogni regola del cinema hollywoodiano: i suoi personaggi sono infatti spesso perplessi, nel dubbio, a differenza degli attori del cinema americano classico, come i grandi film western di John Wayne, che ‘non hanno dubbi’. C’è una ‘modernità’, nei film di Welles, che tiene conto del Decadentismo, di Svevo, della psicoanalisi freudiana, di Pirandello, della crisi dell’identità. Welles è infatti persona di grande cultura, come dimostra il suo interesse per Shakespeare, al quale dedica molti capolavori, come Otello, Macbeth, Enrico II, Enrico V, Le allegre comari di Windsor. Le inquadrature, i movimenti, la stessa luce in Quarto potere rispondono a quest’analisi psicologica dei personaggi. Si fa ampio uso della dissolvenza, cioè del cambio di oggetto e scena partendo da un colore, ad esempio dal bianco di un foglio di carta al bianco della neve. La complessità dei personaggi dei film di Welles, come appunto in Quarto potere, emerge fin dalle prime scene.

Il grande cinema neorealista è un genere tutto italiano, che rende appunto grande il cinema italiano negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Non sono importanti le scene e le analisi psicologiche, nel film neorealista, ma i fatti concreti, che vengono riportati in modo quasi documentaristico (molte scene sono infatti girate in ambienti reali e non negli studi cinematografici. Gli attori, salvo rare eccezioni, non sono professionisti, ma tratti dalla strada.

Paisà (1946) di Roberto Rossellini è il film più neorealista, girato tutto in luoghi reali, non c’è alcun attore professionista, il linguaggio è quello reale, in cui vengono girati i vari episodi, che ‘attraversano’ l’Italia.

Germania anno zero (1947), sempre di Rossellini, descrive la drammatica storia di un bambino di circa 10 anni a Berlino, subito dopo la fine della guerra; il bambino, spronato da un cattivo maestro, che continua a propagandare gli ideali nazisti, dopo aver ucciso il proprio padre malato e costretto a letto (considerato un “peso” perché malato), si suicida.

Il generale della rovere è un altro grande film neorealista di Rossellini.

Vittorio De Sica è un altro grande regista del neorealismo cinematografico (poiché si sviluppa anche un neorealismo letterario, con Pratolini, Pasolini, che fu anche un celebre regista, Sciascia) che emerge negli anni ’30 con le commedie, ma alla fine degli anni ’30 attua una svolta neorealista, già visibile in Teresa venerdì. Del 1946 è Sciuscià, che descrive la vita di un gruppo di ragazzini napoletani di strada, che, coinvolti in una serie di furti, finiranno in carcere. Il film si conclude con la morte di uno dei ragazzi.

Ma il film più famoso di De Sica è Ladri di biciclette del 1948, in cui si illustra il quadro, drammatico, della Roma del dopoguerra. La macchina da presa segue letteralmente il protagonista, un certo Ricci, che trova lavoro come attacchino di manifesti, ma proprio il primo giorno di lavoro subisce il furto della bicicletta, indispensabile per svolgere tale mansione. Dopo averla cercata invano, ruba un’altra bicicletta, ma viene immediatamente fermato e umiliato davanti al figlio, del quale gli resta comunque l’affetto. Pierre Sorlin, docente di storia del cinema alla “Sorbonne” di Parigi, sottolinea la differenza tra Ricci, uomo poco perspicace, e la moglie, una donna molto più razionale, previdente, che vende le lenzuola per comprare la bicicletta al marito. Sorlin sottolinea anche come in Quattro passi tra le nuvole di Blasetti si assiste alla stessa descrizione degli interni di una casa operaia. De Sica lavora sempre con Cesare Zavattini, il teorico del cinema neorealista, che utilizzava la tecnica del ‘pedinamento’ dei personaggi, che vengono quasi ‘spiati’ nell’arco di tutta la loro vita quotidiana, al fine di portarne alla luce drammi e gioie. Del 1950 è Miracolo a Milano, in cui emerge un neorealismo ‘fiabesco’.

Del 1952, molto realistico, è Umberto D, che racconta la vita disagiata di un pensionato che guadagna 18000 lire al mese. E’ considerato l’ultimo film neorealista: il neorealismo cinematografico si colloca quindi tra il 1945 con Roma città aperta di Rossellini ed il 1952.

Dopo il 1952 De Sica torna alla commedia, con Ieri, oggi e domani, Il giardino dei Finzi Contini, L’oro di Napoli e partecipa alla serie Pane, amore e fantasia, Pane, amore e gelosia e Pane, amore e …, una trilogia di Comencini con Gina Lollobrigida. La differenza fondamentale tra Rossellini e De Sica è che il primo racconta la vita come gli appare, mentre il secondo crea, talvolta, un suo mondo, pur rimanendo fedele agli ambienti reali che porta sulla scena.

Luchino Visconti è il terzo grande regista del cinema neorealista, una figura più anomala rispetto a Rossellini e a De Sica; nel 1942 anticipa il cinema neorealista, un genere che rompe bruscamente con quello dei Telefoni bianchi, rappresentante ‘un’Italia leggera e felice’, che in realtà non esiste. Negli anni ’30 Visconti va in Francia e s’incontra con il regista Jean Renoir: da questa collaborazione nasce La scampagnata.

Del 1947 è La terra trema, lontanamente ispirato a I Malavoglia di Verga: premiato a Venezia nel 1948, il film è infatti girato ad Aci Trezza. Le inquadrature sono composte quasi come fossero dei quadri: pur ritraendo la vita dei contadini, Visconti, a differenza di Rossellini, costruisce e seleziona le scene.

Bellissima descrive le borgate romane, Senso e Il gattopardo sono film sul Risorgimento italiano (quest’ultimo, famosissimo, non si limita al Risorgimento, ma a tratteggiare un quadro dell’Italia del secondo Ottocento); ne Il gattopardo Visconti dedica molta attenzione alla pittura del secondo Ottocento, in particolare a Giovanni Fattori.

Morte a Venezia (tratto dal romanzo Tod in Venedig di Thomas Mann) e Ludwig sono invece esempi di raffinata bellezza cinematografica.

La ricerca del professionismo assoluto fa di Visconti, come si è detto, un neorealista atipico, che, pur aderendo al partito comunista italiano, mantiene la sua origine nobile e non ha mai negato la propria omosessualità. Rossellini, invece, politicamente aveva simpatie democristiane, mentre De Sica era socialista.

Altro celebre film di Visconti è Le notti bianche, con Marcello Mastroianni, completamente girato in studio.

Proiezione del film Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, con Anna Magnani ed Aldo Fabrizi: come in tutto il cinema neorealista, anche in questo film gli attori non sono professionisti, tranne qualche protagonista, ma tratti dalla strada. Gli unici protagonisti sono Anna Magnani e Aldo Fabrizi, lo stesso linguaggio di Roma città aperta è denso di battute in romanesco. Questo film lancia Anna Magnani ed Aldo Fabrizi, che erano attori di cabaret. Roma città aperta è il primo grande film del neorealismo ed è girato a Roma pochi mesi dopo la liberazione.

 

5.La Commedia all’italiana ed i nuovi grandi autori italiani. Proiezione del film 8 ½ di Federico Fellini (1963). Ven. 26/2 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

Nei primi anni ’50 emerge il “neorealismo rosa”: si tratta di film che, pur essendo ritraendo la vita paesana, spesso di piccolo paesi, non raccontano drammi come nel neorealismo ‘storico’, ma parlano di storie amorose, anche se l’ambientazione ed i personaggi sono popolari. Il neorealismo, negli anni ’50, si trasforma così, gradualmente, in commedia. E’ un film che nasce dal varietà e dalle farse di Totò, sia pure con influssi neorealisti. Nel 1951 La grande guerra di Monicelli testimonia proprio questo influsso neorealista, anche se fu accusato di essere un film ‘disfattista’ della prima guerra mondiale.

Aldo Fabrizi, lo stesso Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida, sono i grandi attori di questo genere di film.

I soliti ignoti di Mario Monicelli inizia la “commedia all’italiana”, secondo una definizione data dai francesi (Monicelli la definirà “commedia italiana” e non “all’italiana”).

I compagni, sempre di Monicelli, è ambientato a Torino nel primo ‘900, durante l’immigrazione proveniente dal sud. Marcello Mastroianni è uno dei protagonisti, il professore che aizza gli operai alla rivolta. E’ un film che rientra in questa commedia all’italiana, come Il sorpasso, di Dino Risi, con Vittorio Gassman, con il finale tragico, come ne I soliti ignoti. Monicelli, Risi, Ettore Scola sono i grandi registi di questo genere cinematografico. Scola arriva tardivamente al cinema, con grandi capolavori, come C’eravamo tanto amati (rappresenta il fallimento degli ideali della resistenza, con Gassman e Nino Manfredi), Una giornata particolare (narra la storia di un omosessuale perseguitato durante il fascismo e di una donna sensibile, ma costretta a vivere con un marito rozzo, ignorante e fascista), La famiglia, La terrazza, La cena.

Dino Risi ne I mostri, con Ugo Tognazzi, in vari episodi, come “La raccomandazione”, rappresenta l’Italia degli anni ’60.

Negli anni ’70 la commedia all’italiana entra in crisi, di fronte ai fenomeni del movimento studentesco e del terrorismo. Un borghese piccolo piccolo di Monicelli è uno di questi nuovi film che testimoniano la crisi della commedia all’italiana, come Brutti, sporchi e cattivi (1976) di Scola, una commedia ambientata nel drammatico mondo delle borgate che rappresenta la purezza della lotta proletaria (il protagonista è Nino Manfredi). E’ una comicità spesso grottesca, che ricorda i polittici di  Hieronymus Bosch nel ‘500. Si fa strada, in questo contesto, il cinema di Pier Paolo Pasolini, con Accattone, Uccellacci e uccellini che sposa esplicitamente la causa marxista), Il vangelo secondo Matteo, girato, quest’ultimo, nei Sassi di Matera.

Proiezione del film 8 ½ di Federico Fellini (1963): racconta la storia di un regista di 43 anni che vuole girare un film, ma non ha idee chiare ed esprime così la crisi della sua vena artistica. Conduce, nella vita privata, una relazione sentimentale complicata ed in crisi con la moglie. Il film è un lungo racconto in cui s’intrecciano realtà, ricordi d’infanzia e fantasia. Alle spalle di questo film c’è tutta la cultura del Decadentismo italiano ed europeo, dai Sei personaggi in cerca d’autore a Questa sera si recita a soggetto di Pirandello, all’ Ulisse di Joyce a Alla ricerca del tempo perduto di Proust. Il sogno è una caratteristica di Fellini, che arrivò addirittura a scrivere e a disegnare i suoi sogni. Il film esce subito dopo La dolce vita, che testimonia, nei primi anni ’60, la crisi di un’Italia che ha perso i grandi valori della resistenza a tutto vantaggio della leggerezza e della vacuità. 8 ½ è girato in bianco e nero ed è forte il contrasto tra la luce emanata dal bianco, che rappresenta i sogni e le speranze, ed il nero, che ricorda il nero del cupo collegio dei gesuiti, ove Fellini aveva studiato (di particolare importanza la scena della punizione che il ragazzino subisce per essersi distratto inseguendo “la donna”, scena in cui i gesuiti sono in realtà delle donne travestite da preti). Celeberrima, nella storia del cinema, è rimasta la scena della sfilata e del girotondo finale degli attori che scendono la scala.

 

6. Grandi autori europei e la “Nouvelle Vague” in Francia e nel mondo. Proiezione del film Fino all’ultimo respiro di Jean Luc Godard (1960). Ven. 4/3 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

Negli anni ’50 si affermano 4 autori, che emergono ancor più nel decennio successivo e che segnano la definitiva transizione dal cinema classico hollywoodiano al cinema moderno ed alla Nouvelle Vague. Proprio negli anni ’50 si forma la dizione di regista come ‘autore’, in quanto il regista diventa anche sceneggiatore. I film della Nouvelle Vague (“Nuova onda”, letteralmente) sono film complessi, di riflessione sui grandi temi della contemporaneità.

Luis Bunuel è il primo di questi autori, dal 1946 lavora in Messico e produce film come I figli della violenza (1950), con toni moralistici e drammatici: si parla di bambini da strada, che non hanno alcuna possibilità di riscatto. Nel 1961, appena tornato in Europa, realizza Viridiana, e poi Nazaren, in cui riflette sulla religione. Ne Il fascino discreto della borghesia e ne L’angelo sterminatore, i due suoi capolavori, critica la piccola borghesia. Viridiana è girato in Spagna, utilizza le musiche di Handel, si parla qui degli ‘atti mancati’, con evidenti influssi freudiani e sveviani: fallisce il tentativo di operare il bene nell’atto mancato di un matrimonio. Ne L’Angelo sterminatore si presenta un gruppo di convitati in preda a un delirio collettivo che gli impedirà di uscire dalla sala di pranzo. Ne Il fascino discreto della borghesia 7 personaggi, in vari episodi, tentano di realizzare una cena a casa di uno di loro, ma non ci riescono: anche questa è la storia di un atto mancato, di un sogno irrealizzato. E’ qui molto forte l’influenza de L’interpretazione dei sogni di Freud, nel capitolo in cui Freud descrive il sogno di una donna che vuole invitare a cena degli amici, ma non ci riesce; è narrata quindi la sublimazione di un desiderio, che viene respinto nell’inconscio. Bunuel vuol significare che la borghesia, che pure ha compiuto la sua grande rivoluzione alla fine del ‘700, è tormentata da una duplice passione, contraddittoria, quella, da un lato di mantenere il potere, dall’altro di essere libera (ad esempio la libertà di concedersi uno svago, come fare l’amore su un prato), di avere la libertà di essere anche “selvaggia”: è una fuga verso il sogno, verso la libertà, verso quel sogno nel quale, secondo Freud, trovano posto appunto i desideri irrealizzati, gli ‘ atti mancati’. Riecheggiano qui vari elementi della cultura decadente, anche italiana, riscontrabili, ad esempio, nella novella di Pirandello La carriola, che descrive un avvocato la cui libertà di divertirsi a far fare la ‘carriola’ alla sua cagnetta prendendola per le zampe è possibile soltanto la sera, quando il suo serioso studio è chiuso, i clienti sono usciti e la famiglia non lo può vedere. Ultima cena, Il fantasma della libertà, La via lattea sono altri suoi celebri film.

Ingmar Bergman nasce in Svezia nel 1918. Del 1966 è Persona, è un Bergman ancora giovane. Ne Il settimo sigillo (1956) e Il posto delle fragole (1957), i suoi capolavori, affronta il problema delle religione e della crisi della religione. Nel primo narra la storia di Antonius, un cavaliere appena tornato dalle crociate che incontra la morte (rappresentata classicamente con la maschera bianca in volto e la falce) che lo chiama a sé, ma il cavaliere non vuole morire perché non è pronto per la morte, le chiede altro tempo, ma la morte glielo nega, affermando che tutti glielo hanno sempre chiesto, giunto il momento della loro ora fatale. Allora il cavaliere sfida la morte a scacchi. La morte accetta la sfida, ma ricorda al cavaliere che non ha mai perso una partita. Il film prosegue con la narrazione del viaggio del cavaliere, sempre accompagnato dalla morte; Antonius si renderà conto del fallimento di tutta la sua vita fino a questo momento, comprese le crociate. Due scene emblematiche sono quella della confessione, in cui si accorge che nel confessionale non c’è un sacerdote, ma la morte stessa, e quella dell’incontro, in un villaggio, di una famiglia di saltimbanchi. La morte vorrebbe uccidere anche i saltimbanchi, ma Antonius è pronto a salvarli. Solo dopo quest’azione eroica il cavaliere è pronto a morire. Bergman esordisce come scrittore di teatro ed arriva al cinema successivamente: Il settimo sigillo è infatti tratto da un suo precedente lavoro teatrale.

Il settimo sigillo, Luci d’inverno, Come in uno specchio costituiscono una trilogia religiosa. I Carmina Burana di Orff e la pittura di Durer sono tenuti presenti in questa trilogia.

Altri film di Bergman sono Sussurri e grida, un film da camera, Il posto delle fragole, in cui insiste sul valore della memoria (come anche in Lucia di Lammermoor), del passato, nel ricordo di una persona anziana, e Funny e Alexander, che è uno dei suoi ultimi film.

Robert Bresson è il terzo di questi quattro nuovi grandi autori: nasce nel 1907, in 40 anni ha girato solo 11 film, si colloca sulla medesima scia di Bergman. I suoi film presentano infatti toni austeri e conflittuali. Nel Diario di un curato di campagna un giovane parroco di campagna malato scrive la storia della sua vita prima di morire. Qui il regista da ampio uso della frammentazione, vale a dire ‘frammenta’ la scena descrivendo dettagli corporei, come le mani, è letteralmente l’opposto di quello che fa Fritz Lang in Metropolis, in cui si compongono le scene. Largo utilizzo della frammentazione è presente anche nel film Un condannato a morte è fuggito, ambientato durante la seconda guerra mondiale.

In Pickpocket molta importanza viene data ai rumori ed ai suoni, con l’utilizzo dello zoo, delle micropanoramiche e delle mezze figure, come nella notevole scena girata alla Gare de Lyon a Parigi.

Si prospetta, nei film di Bresson, un’analisi psicologica che non viene però indagata o approfondita.

Jacques Tati è il quarto ed ultimo di questi grandi autori: si forma in un cabaret ed è uno dei registi meno conosciuti nella storia del cinema, nonostante abbia rivestito un’importanza fondamentale. In Mio zio (1958) rievoca personaggi ‘fuori posto’, come Buster Keaton o Charlot, per criticare la borghesia agli albori degli anni del boom economico (tale sottile ironia critica della piccola borghesia si ritrova nei romanzi di Alberto Moravia). Tati è stato il primo grande maestro della tecnica del rumore, che spesso sostituisce la parola, e questo spiega la scarsa diffusione dei suoi film, che apparvero poco ‘popolari’, malgrado le importanti tematiche trattate. Tra questi film si ricordi Le vacanze del signor Hulot. Il film che ha distrutto la sua carriera è Playtime del 1967.

Jilles Deleuze è un noto critico cinematografico di questo genere di film- Teorico della Nouvelle Vague, studia soprattutto il rapporto tra azione e situazione, uno schema che nel cinema classico era determinante e che viene rotto nel cinema moderno, in cui anche il ruolo dei personaggi, tra protagonisti e non, è molto più libero. Il  cinema moderno non dà importanza alla linearità della trama, ma al caso ed all’improvvisazione, come emerge nei film di Jean Luc Godard ed in tutta la Nuovelle Vague. Si rappresenta la realtà in altro modo, ad esempio con i tempi morti, assenti nel cinema classico, con i lunghi silenzi, atti a rappresentare l’incomunicabilità nel mondo contemporaneo post-decadente. Fino all’ultimo respiro di Godard risponde proprio a questa nuova modalità di rappresentazione della realtà, nella quale molta importanza è attribuita a chi gestisce i media, ai cliché, cioè ai messaggi che vengono inviati dal regista al pubblico con queste nuove tecniche. In questo film si usano molto i ‘cut’, cioè i tagli delle immagini, pur senza alterare la trama. Il 1959 è la data convenzionale di nascita della Nouvelle Vague. Dal 1960 si inizia ad usare, nel cinema, la luce naturale, grazie al perfezionamento della pellicola, mentre già nel 1958 in Francia lo Stato inizia a finanziare il cinema. Il filosofo ungherese György Lukács critica la Nuovelle Vague perché la considera poco impegnata nel sociale, almeno non in modo esplicito.  Un’altra caratteristica della Nouvelle Vague è che molti registi arrivano al cinema tardivamente, verso i 38-40 anni, in seguito ad una precedente esperienza, quella di scrittori, di teatro, come Bergman; sono quindi prima dei teorici.

In Un uomo e una donna dal sabato alla domenica il giovanissimo Godard critica la famiglia borghese, in coda in macchina in una domenica d’estate, mentre si reca al mare: emerge una sottile comicità nelle scene descritte durante la lunga attesa in macchina. Ma sempre in questo film è presente anche una posizione politica molto forte, che Godard mette in bocca ad un gruppo di contadini, che, stranamente, usano un linguaggio molto impegnato, come con l’espressione “spezzare le reni al nazismo”.

 

7.I generi e le altre forme di cinema. Dal documentario alle seconde avanguardie ed al “cinema espanso”. Proiezione del film Punishment Park di Peter Watkins (1971). Ven.  15/4 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

Il cinema nasce con una vocazione documentaristica, già con i fratelli Lumiere; nel 1895 Edison rappresenta l’esecuzione di Maria, regina di Scozia (utilizzando un manichino tra la scena della regina in piedi e la sua decapitazione). Nel 1902 si mette in scena l’incoronazione di Edoardo VII d’Inghilterra: è una ricostruzione storica effettuata da George Miller. Il cinegiornale, fin dall’inizio, ricopriva la medesima importanza del film, proprio per l’intento documentaristico del cinema. In seguito, con l’avvento della televisione, i documentari escono dalla sala cinematografica per rientrarvi solo recentemente. Con Geoffrey Malius si rappresenta in diretta la battaglia de La Somme: è un documentario storico con immagini di repertorio; durante il fascismo ed anche successivamente saranno celeberrimi i documentari di propaganda dell’istituto cinematografico “Luce”. Del 1921 è Nanook del nord di Robert Flaherty: il regista riprende un villaggio esquimese: è un esempio di “cinema diretto”, in cui il regista non è protagonista, ma si occulta. Di Flaherty si ricordi la trilogia Nanook del nord, Louisiana story e L’uomo di Aran, che parla dei pescatori delle isole d’Islanda.

Il “cinéma vérité” nasce come corrente nel Canada francese, esattamente nel Quebec, e si diffonde a Parigi: qui l’autore, a differenza del cinema diretto, l’autore (o regista) è chiamato in causa direttamente.

Gli inglesi hanno utilizzato molto spesso il documentario per rappresentare gli aspetti della quotidianità, come avviene con la casa cinematografica “Film Unit”, che aveva il compito di documentare la vita quotidiana nelle colonie dell’Impero inglese: siamo negli anni 1935-36: questo cinema fonde due aspetti, il cinema diretto e l’approccio ideologico-politico, di orientamento laburista, con grande attenzione per il sociale. Del 1937 è Terra di Spagna, sulla guerra civile spagnola, del 1938 è Olympia, sulle olimpiadi, è un lungometraggio fondato sul culto della classicità, in funzione celebrativa per il nazismo. Nel Trionfo della volontà (1935) si documenta addirittura un congresso del partito nazionalsocialista tedesco. Entrambi i documentari sono della regista Leni Riefenstahl.

Il documentario del 1942 Preludio alla guerra vuole convincere il popolo americano delle ragioni dell’entrata in guerra degli Stati Uniti. Primary (1960) parla invece delle elezioni primarie del partito democratico e della vittoria di Kennedy: è un film-documentario del regista Humpton, che utilizza lo schema del cinema diretto.

Non mancano, in questo contesto, documentari storico- artistici, con Carlo Ludovico Ragghianti, come Stile di Piero della Francesca (1954) e Il mistero Picasso, con scopo didattico-pedagogico.

Negli anni ’60 Gualtiero Iacopetti, anarchico barghigiano, odiato sia dai democristiani che dai comunisti, si candida a ben 5 premi Oscar con Mondo Cane (1962), nel quale, fondendo aspetti documentaristici e ricostruzioni, rappresenta tutte le idiosincrasie della classe borghese. Si diffondono anche i “Mockumentary”, che sono una falsificazione dei “Documentary”, sono cioè documentari falsi, prodotti con lo scopo di ridicolizzare il documentario. Nel 1943 è girato a New York Meshes of the afternoon di maya deren, in cui si mescolano immaginazione e realtà. Hollywood Babilonia e Invocation of my demon brother (1969) sono importanti lavori di Kenneth Auger. E’ il cinema d’avanguardia, che lascia il posto al “New American Cinema Group”, sigla fondata da due registi lituani che lavorano in America, Adolfas Mekas e Jonas Mekas, fondatori anche della rivista di cinema “Film Culture”. Jonas Mekas vuole registrare la quotidianità nel suo disordine; ci sono registi che vogliono filmare anche la contestazione giovanile e la “rivoluzione culturale” degli anni ’60, molto forte in alcune città americane come New York e Los Angeles, nelle quali i giovani si abbandonavano anche all’uso di droghe: si vuole registrare il “disordine” perché il disordine è la realtà americana stessa. Il regista Smith, invece, oppone a tale rivoluzione culturale una “controrivoluzione culturale”, permeata di moralismo perbenista.

Aldo Tambellini, lucchese, dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte “Passaglia” a Lucca, fugge in America alla fine della II guerra mondiale e si dedica al cinema ponendosi come pioniere di questa rivoluzione culturale degli anni ’60, è una ricerca sperimentale attenta ai problemi politici e di discriminazione razziale, questione molto sentita in America. Tale sperimentazione, che coinvolge anche ambiti diversi, quali la danza, è detta “cinema espanso”.

Punishment Park (1971) di Peter Watkins è un “mocumentario”, cioè un finto documentario sui campi di detenzione in America utilizzati nel corso della guerra fredda per quei giovani considerati sabotatori, simpatizzanti di sinistra, anarchici, comunisti e sottoposti a processi sommari da tribunali d’emergenza: erano giovani pacifisti, schierati a favore dei poveri, contro la repressione e la guerra, costretti allo sfinimento, alla disidratazione e ad inutili marce nel caldissimo deserto del sud della California.

 

8.New Hollywood: il risveglio del sogno americano. Proiezione del film Il laureato di Mike Nichols (1967). Ven. 22/4 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

La “New Hollywood” va dalla fine degli anni ’60 alla fine degli anni ’70: Francis Coppola, Martin Scorsese e Woody Allen debuttano in questi anni. Molti di loro provengono dall’Università, sono laureati alla Scuola di Cinema di Los Angeles, come Woody Allen; sono dei registi che non si sono “formati sul campo”, ma hanno una preparazione accademica, sono cinefili, “topi di sale da cinema”, come Truffaut. Nel 1948 la Corte Suprema americana condanna la “Paramount” per aver violato i diritti delle piccole società ed alla fine degli anni ’50, negli Stati Uniti, si diffonde sempre più la televisione, anche per le distanze, molto ampie, che talvolta ci sono tra paesi e grandi centri. Il pubblico che frequenta il cinema è molto giovane: all’inizio degli anni ’60 crescono, in America, i movimenti per i diritti civili dei neri, delle donne e degli omosessuali. Questi movimenti di contestazione giovanile invadono le università: la guerra del Vietnam rientra in questo contesto.

Nel 1967 escono due importantissimi film: Il laureato di Mike Nichols e  Gangster story. Il laureato lancia come attore Dustin Hoffman, che è l’opposto del tipico eroe hollywoodiano stile Gregory Peck. Il protagonista del film è un giovane di buona famiglia, figlio di un avvocato, che non vuole essere come il padre: sono gli anni in cui si rifiuta l’autorità paterna. Celeberrima la sigla del film “Mrs. Robinson” di Simon e Garfunkel. Dustin Hoffman ha una relazione con una donna adulta, amica dei genitori, sposata con una figlia, alla fine Hoffman s’innamorerà della figlia, ma nel corso del film non sa quale strada prendere, non sa mai qual è la cosa giusta da fare. Il protagonista dichiara di “andare alla deriva” (John Wayne non l’avrebbe mai fatto). Il regista usa le dissolvenze incrociate, quando un’inquadratura scompare ed un’altra vi appare sopra, dà così il senso dello scorrere del tempo e dell’ “andare alla deriva” e gioca molto sul passaggio ed i salti di montaggio tra una scena ed un’altra. Il proibizionismo americano taglia qualsiasi scena erotica, compreso il bacio: è il “codice Hays” di autocensura, in base al quale si dovevano evitare anche le allusioni. Il Nuovo cinema paradiso raccoglierà invece tutti i “baci tagliati” e negli anni ’70 si scatenerà il sesso e scomparirà il codice di autocensura.

Ganstger story di Arthur Penn parla di una banda di rapinatori che va a rapinare le banche, considerate dei depositi dei ricchi che sfruttavano i contadini poveri: le banche sono identificate con gli interessi dei ricchi, sono considerate delle associazioni a delinquere. Infatti, in una scena i rapinatori lasciano i soldi ad un contadino povero che va a depositare i suoi magri risparmi. I rapinatori sono quindi “eroi positivi”. L’ironia è un’altra componente di questi film: la musica accompagna la fuga dei rapinatori, la musica è molto ironica, e questo era impensabile nei film degli anni ’30.

Easy rider (1969) di Dennis Hopper è un film che costa 400.000 dollari e ne incassa 20 milioni. Parla di due che attraversano gli Stati Uniti in moto, passano per la Monument Valley, luogo classico del western. E’ una sorta di “western contemporaneo”, è un viaggio verso la libertà; c’è infatti un senso di leggerezza che anima il film e che piace ai giovani, che nel film ritrovano anche le canzoni che ascoltavano.. La macchina da presa segue passo passo gli attori, viaggia con loro; bellissima la scenografia nella Monument Valley, con i colori del cielo infuocato. E’ un omaggio a John Ford, lo stesso paesaggio è quello fordiano. I film della New Hollywood hanno costi molto ridotti ed incassi notevolissimi.

Nel 1974 esce un film emblematico della New Hollywood, Taxi driver, di Martin Scorsese, un autore che frequenta tantissimo il cinema, fin da ragazzo, prima di studiare all’Università. Si adottano, in questo genere di film, anche racconti di Edgar Allan Poe. Scorsese vive nelle strade della “Little Italy”, a fianco dei gangster. Narra la vita di un taxista, reduce della guerra del Vietnam: è una vita disordinata, il protagonista mischia il latte con il whisky a colazione, vede film porno e individua la responsabilità di questo sfacelo nella politica. Decide di eliminare un politico utilizzando il metodo che sa usare, la violenza, ma fallisce l’intento. Allora si prefigge un obiettivo positivo, che va a buon fine: libera una ragazza tredicenne dalla prostituzione. Certe riprese sono documentaristiche, vi è spesso assenza di musica ed il sonoro anticipa l’azione.

Il mucchio selvaggio (1969) di  Sam Peckinpah cambia le  regole del western: gli attori non sono più gli agili cowboys del vecchio cinema hollywoodiano, ma sono vecchi e stanchi rapinatori di banche che faticano a stare in sella, è un western già proiettato nel clima del Novecento.

Minnie e Machovich, dei primi anni ’70, risolve il problema dell’ “andare alla deriva” con il “carpe diem”. Molte scene sono lasciate all’improvvisazione, un canone impensabile nel cinema classico hollywoodiano, nel quale ogni scena era accuratamente studiata.

Negli anni ’80 si iniziano i film di serie, come Rocky e Rambo.

Apocalypse Now (1979), di Francis Coppola, ha avuto costi enormi, anche se enormi guadagni: è un film molto espressionista, sulla guerra del Vietnam, che viene duramente condannata.

 

9.Dopo la New Hollywood. Il cinema degli anni ’80. Proiezione del film Toro scatenato di Martin Scorsese (1980). Ven. 29/4  h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

Negli anni ’80 si sviluppa il cinema americano: cinema e televisione, a questo punto, “camminano insieme” e non sono più rivali. Emergono autori come Steven Spielberg e  George Lucas (“American Graffiti” e “Guerre stellari”). Nel periodo in cui Hollywood assorbe anche la New Hollywood si diffondono le videocassette: in America, a metà degli anni ’80, tutte le famiglie hanno il videoregistratore. Il DVD nasce nel 1997. La diversificazione del mercato cinematografico consente l’aumento del ricavato. Hollywood continua a dominare negli anni ’80 in tutto il continente americano, mentre in India, ad esempio, in cui non è presente la New Hollywood, il mercato è molto più limitato. Negli anni ’80 si diversificano i prodotti, nella logica multimediale, dal film al videogioco. Il costo medio del film hollywoodiano cresce molto, perché si investe molto negli effetti speciali e nella grandiosità; sono gli anni della serie di “Indiana Jones”. I film diventano grandiosi e spettacolari nella scenografia: il film spettacolare fa crescere la fama degli attori. Si producono meno film, che costano di più, per cui necessitano maggiori incassi.

I cancelli del cielo è un film western di questi anni che si colloca sulla linea del “revisionismo storico”, parla dell’immigrazione proveniente dall’est europeo alla fine dell’Ottocento, sulla stessa linea è Soldato blu, drammatico film western degli anni ’70 concernente il massacro degli indiani d’America. Anche Billy the kid nasce in questo contesto. Anche ne Il cacciatore, celeberrimo film sul Vietnam, la prima parte è dedicata all’immigrazione russa. Questi film spettacolari, che costano tantissimo, hanno però problemi di incasso. Si sviluppa anche il cinema “noir” (in tanti noir c’è la voce narrante), ad esempio, con Chinatown, in cui si mostra anche la mafia americana sulla speculazione edilizia. Altri film sono Terminator I e Terminator II. Al cinema nasce la dimensione “3 D”, con gli occhialini: si attende ora il casco, per entrare nella piena dimensione reale. Si mescolano, nel cinema degli anni ’80, vari filoni culturali. Blade runner è un altro grande film di questo periodo, è un’opera di altissima spettacolarità, ci sono molti effetti visivi fin dall’inizio del film, la spettacolarità conduce però a problematiche profonde. Si rivaluta la figura dell’alieno, mentre nel cinema americano degli anni ’50 l’alieno è identificato con il male, con i sovietici, qui l’alieno invece salva vite umane.

Grandi registi sono Stanley Kubrick (Arancia meccanica) e Wim Wenders (Il cielo sopra Berlino).

Un altro percorso del cinema degli anni ’80 è il cinema d’autore, che però è meno diffuso rispetto agli anni ’70: questo genere di film riprenderà negli anni ’90. Toro scatenato, di Martin Scorsese, è stato definito da alcuni il più bel film degli anni ’80, narra le vicende del pugile Jack La Motta: curatissimi sono i combattimenti, ogni combattimento è girato in modo diverso dall’altro. La tecnica delle ripresa cinematografica è la mezza figura, nella quale il pugile “prende a pugni” la macchina da presa. Ci sono effetti ripresi da Hitchcock.

Fa’ la cosa giusta di Spike Lee è un film molto vicino alla realtà, ambientato in un quartiere nero, durante una caldissima giornata estiva, in cui esplode la rivolta nera contro una pizzeria gestita da un italo-americano. La musica del film è quella ascoltata dai giovani di colore di quel periodo. Molte qui sono le inquadrature fisse, da “cinema diretto”, perché lo scopo è quello di raccontare direttamente importanti questioni, come la “questione nera”, vivissima negli anni ’80. Rappresenta in modo crudo e realistico la questione razziale in America.

Elephant man e Dune sono altri celebri film di questo periodo.

Woody Allen è tra i grandi autori di questo periodo, con Zelig, La rosa purpurea del Cairo, Stardust memories, che è l’omaggio di Allen a di Fellini ed a Bergman: anche questo film inizia con un incubo e come in si parla di un regista in crisi. Tutto il film è una sorta di “gioco sul cinema”.

Cameron è un altro grandissimo regista, come i fratelli Coin. C’è un cinema che prova a sperimentare tecniche linguistiche nuove.

Infine Ritorno al futuro di Demetris usa il montaggio come l’elemento più importante, rispetto alla singola inquadratura.

 

10. Dagli anni ’90 ad ora. Proiezione del film Avatar di James Cameron (2009). Ven. 6/5  h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

Il movimento e l’icona, intesa come simbolo, sono le caratteristiche del cinema fin dall’inizio.

Il cinema che si sviluppa dagli anni ’90 in poi è il cinema digitale: il cinema è l’arte dell’indice. Mentre nell’icona la rappresentazione della realtà è irregolare e “sintetica”, nell’indice vi è invece un nesso diretto con la realtà. I mezzi digitali ridefiniscono l’identità del cinema, come con la simulazione computerizzata e l’elaborazione digitalizzata, secondo quanto afferma Peirce. L’indice è un segno che sta per qualcosa, ad esempio un uomo dondolante è l’indice del marinaio.

Godard affermò che “il cinema è la verità a 24 fotogrammi al secondo”.

Il computer consente di inserire elementi che nella realtà non esistono, o comunque non esistono in quello specifico momento, come, ad esempio, degli alberi che sono stati fotografati. Jurassic park, spettacolare, è l’esempio di un film digitale. La digitalizzazione si è perfezionata al punto da non potersi distinguere dalla realtà, il cinema digitale crea frequenze con un programma di animazione computerizzata in 3 D, in cui la manipolazione del montaggio è semplice: le immagini possono essere create dal nulla o modificate manualmente. Michelangelo Antonioni, ad esempio, fece dipingere un prato a mano, ovviamente con l’ausilio del computer.

Già all’inizio degli anni ’80 erano emerse nuove forme, con video musicali e cd-rom. Sono le origini del cinema digitale, con il quale è più facile aggiungere, eliminare, disegnare. I creatori dei cd-rom hanno dovuto inventare delle strategie per creare un nuovo linguaggio, come accade per i videogiochi. Si animano le figure, ad esempio, fu fondali disegnati. Al computer si possono animare anche le opere d’arte: Rino Stefano Tagliafierro ha fatto quest’operazione nel documentario Beauty, recentissimo. Interessantissimo, ad esempio, è il film La salita al monte Calvario, in cui si sono ripresi ed animati i colori ed i personaggi direttamente dalla tela di Brueghel. Gli effetti speciali applicati al computer consentono di ottenere delle vere e proprie “magie”, come in Titanic, ad esempio, nel quale sono molti gli effetti speciali. Con il digitale abbiamo anche la possibilità di conquistare un’aumentata spazialità.

“Il cinema è l’immagine in movimento”, affermava Gilles Deleuze: il movimento è quindi la categoria base che unisce tutta la storia del cinema.

Ultimamente qualcuno ha iniziato a girare film in 4 K, ma non esistono, ma non esistono, attualmente, televisori in 4 K, al massimo in 2 K.

Avatar di James Cameron (2009) è un lunghissimo film in 3 D, dura quasi 3 ore e mette insieme il mito della frontiera con il mito spaziale-fantascientifico (ma definirlo un film di fantascienza sarebbe improprio e riduttivo) e con il tema della sopraffazione del “buon selvaggio”: parla degli umani che si recano in un pianeta abitato da alieni, gli umanoidi, per cercare un minerale. Il film è anche una metafora di internet, in quanto tutte le vite degli alieni sono interconnesse. Gli esseri umani vengono inseriti in capsule speciali, appunto gli “avatar”, nelle quali si addormentano in quanto umani per rapportarsi agli alieni. Il protagonista stringe amicizia con gli alieni, li aiuta a liberarsi di un pericoloso e grande volatile, viene accettato nella comunità degli alieni ed alla fine diviene anch’egli un alieno.

 

11. Lezione di approfondimento dedicata ad un regista: William Friedkin. Proiezione del film Killer Joe (2003). Ven. 13/5 h. 18,00/20,00, docente Nicola Borrelli. Proiezione h. 21,00.

William Friedkin è un regista che ha avuto molti successi, come ne L’esorcista, ma in altri casi è stato anche stroncato dalla critica cinematografica. La critica non lo ha mai amato, anche per il suo carattere, molto decisionista. Inizia a lavorare giovanissimo, in televisione, a 16 anni, prima è assistente alla regia, ma all’età di vent’anni è già regista. Voleva produrre musical, ma poi prenderà altre strade. Friedkins è antiinterventista ed antimilitarista, fino a rasentare l’antiamericanismo; inizialmente contrario alla pena di morte, in seguito a colloqui avuti con i familiari delle vittime, diventa possibilista. Costante resta invece il suo antimilitarismo. Friedkins è stato anche un regista in grado di scegliere e lanciare giovani e sconosciuti attori verso il successo

Del 1968 è il suo primo film, Good times.

Del 1971 è Il braccio violento della legge: con questo film vince l’oscar: il film, poliziesco, parla di un fatto reale, l’arrivo di un carico di droga a Marsiglia. E’ ambientato tra Marsiglia e New York. I personaggi sono sempre sfumati, mai approfonditi, ma collocati in una “zona grigia”, non definita, per arrivare alla morte dei personaggi stessi.

All’età di 33 anni Friedkin ha vinto già ben 5 premi oscar.

Poi arriva L’esorcista (1973), fedelissimo al libro dal quale è stato tratto il film per volontà dello scrittore stesso; per girare il film, ebbe la consulenza di un vero prete esorcista, molto noto. La bambina indemoniata è una contorsionista professionista adulta.

Nel 1974 Friedkins intervista il regista tedesco Fritz Lang, al quale Goebbels voleva affidare l’incarico di supervisionare tutto il cinema tedesco, nonostante Lang avesse detto a Goebbels di essere ebreo: Goebbels rispose con la famosa frase “chi è ebreo lo decido io”, ma Lang lasciò la Germania

Nel 1977 gira Il salario della paura (Sorcerer), un grandissimo film che non ha avuto però immediato successo.

Del 1978 è Pollice da scasso, con un incasso maggiore: il film parla di due rapinatori, negli anni ’50.

Altro grande film è Festa di compleanno per il caro amico Harold, sul tema dell’omosessualità, come Cruising, che parla dell’omosessualità a New York negli anni ’60. Il protagonista di Cruising, film degli anni ’80, è Al Pacino, che in seguito criticherà fortemente il film. Parla di un aspirante detective, che per risolvere un caso deve palesarsi omosessuale, e quest’esperienza forgerà la sua stessa personalità. Il film si chiude con la morte del protagonista.

Nel 1984 gira L’affare del secolo, ma fu un vero “fiasco”, distrutto dalla critica: è un film-commedia, genere per il quale il regista non era affatto predisposto.

Vivere e morire e L’albero del male sono altri suoi film. The hunter (2003) è un film quasi interamente dominato dall’inseguimento. Killer Joe (2003) è un violento film che critica la famiglia.

 

12. Lezione di approfondimento dedicata ad un regista: Mario Monicelli. Proiezione del film I compagni (1963). Ven. 20/5 h. 18,00/20,00, docente Giulio Marlia. Proiezione h. 21,00.

Mario Monicelli nasce a Roma il 16 maggio 1915; si trasferì a Viareggio (in provincia di Lucca), cittadina che ha sempre amato e della quale si è sempre appropriato come una sorta di “cittadino onorario”. Ammalatosi in vecchiaia e ricoverato in casa di cura, è morto suicida lanciandosi da una finestra della clinica che lo ospitava. Finisce le scuole elementari a Viareggio, dopo averle iniziate a Roma, e si diploma al liceo classico di Viareggio. Il padre, Tommaso, era giornalista, e la famiglia viaggia molto tra Roma, Mantova e Viareggio. E’ convinto dell’idea del “regista dittatore”, dal quale deve dipendere ogni azione del set cinematografico, dagli attori ai costumisti, ai fotografi, agli scenografi. Iniziò l’università a Milano, ma si laureò a Pisa in lettere nel 1940.

Il suo primo lavoro è un cortometraggio, Il cuore rivelatore, del 1934, segue un mediometraggio, I ragazzi della via Paal: con il primo vince il primo premio a Venezia. Le rose del deserto parla della conquista italiana della Libia nel 1936.

Durante la II guerra mondiale è volontario in fanteria, ma è dopo la guerra, quando torna a  Roma, che inizia la vera e propria attività di regista. Conosce Steno e vari sceneggiatori, scrive con Steno alcuni film comici, con Totò come protagonista, come Al diavolo la celebrità (1949), che è una farsa, in stile clownesco, quasi circense. L’inseguimento, si può dire, è il “topos” della farsa, ed è qui molto ricorrente. Celeberrimo Guardie e ladri (1951), di Steno e Monicelli, con Totò ed Aldo Fabrizi.  Totò cerca casa e Totò e i re di Roma sono altri film di Monicelli, con il principe Totò come protagonista.

Nel 1958 nasce la commedia italiana come costola del neorealismo: è il “neorealismo rosa” (testimoniato da film come Pane, amore e fantasia). Totò cerca casa nasce da un problema reale, nella Roma degli anni ’50: la ricerca di una casa: ecco il nesso con il neorealismo. In Totò e Carolina Totò è un carabiniere.

Monicelli inizia così una carriera lunghissima: nelle sue opere  più importanti non c’è un solo protagonista, ma un gruppo di persone, come ne L’armata Brancaleone, con Vittorio Gassman o nei I soliti ignoti.

Politicamente Monicelli è prima socialista, poi radicale, poi comunista. I compagni (1963) è un film molto impegnato politicamente, parla delle lotte sociali a Torino alla fine dell’Ottocento. Molto nota la serie dei 3 film Amici miei, con riferimenti a personaggi realmente esistiti, quali il conte Mascetti o l’architetto Melandri (per la scena, celeberrima, degli schiaffi alla stazione di Firenze, si sono dovuti abbassare i finestrini perché rimanevano troppo alti). Il film fu accusato dalla critica di latente omosessualità (“Perché non siamo nati tutti finocchi” dice l’architetto Melandri dopo una divertente “bravata” goliardica con i suoi amici) perché si preferisce l’amicizia maschile a quella femminile, ma si tenga presente che Monicelli, uomo sposato con tutte figlie, è sempre stato circondato da donne. Nei tre film di Amici miei i protagonisti, alla fine, incontrano la morte (muore infatti il giornalista) e il dolore (il conte Mascetti finisce in carrozzina), temi ignoti nella commedia all’italiana.

La Grande Guerra, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, è un altro film di Monicelli.

Monicelli rappresenta spesso i poveri, i disgraziati, per questo ne I compagni descrive la gravità degli incidenti sul lavoro e della totale mancanza di sicurezza in fabbrica.

Fu accusato di essere un regista con “poco stile”: Monicelli si definì infatti sempre un “artigiano” del grande schermo, usava la macchina da presa per l’essenziale, non voleva scadere nell’estetismo alla Luchino Visconti, pur conoscendo bene tutte le regole del set. Produsse, apparentemente, un cinema “semplice”, ridotto sempre più all’essenziale, ma era in grado di fare anche film spettacolari, come si vede ne La Grande Guerra, con centinaia di comparse.

Il campo contro campo è una tecnica cinematografica usata da Monicelli ne La Grande Guerra e vuole evidenziare, con la sovrapposizione di immagini, il contrasto tra italiani ed austriaci: questo dimostra, ancora una volta, la grande maestria dell’autore. Le riprese, in tutto il film sono “continue”, con poche interruzioni; in qualche scena s’ispira a Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick o a Niente di nuovo sul fronte occidentale. Ne La Grande Guerra, Sordi e Gassman cercano di evitare il fronte, ma costretti ad arruolarsi, moriranno da eroi, non riconosciuti dal loro comandante. Dal punto di vista visivo, questo è il film più ricco e spettacolare di Monicelli.

Risi, Comencini, Scola, Monicelli sono i grandi registi della commedia all’italiana.

Negli anni ’60 i film di Monicelli incassano tantissimo, come I soliti ignoti.

Per certi suoi film considerati “politicamente scomodi”, come Un borghese piccolo piccolo, che denuncia la corruzione nella pubblica amministrazione, Monicelli ebbe alcuni contrasti con Giulio Andreotti, allora ministro: in questo film il protagonista è Sordi, un impiegato statale che fa il possibile per far superare un concorso pubblico al figlio. Sottilmente comica è la denuncia della corruzione dei dialoghi sottovoce tra Sordi e Romolo Valli.

Romanzo popolare (1984), con Michele Placido, narra la storia di un “menagé à trois”. Qui Monicelli utilizza il ferma immagine: è una tecnica sperimentale post Nouvelle Vague dalla quale nemmeno Monicelli riesce a restare immune.

Ne I compagni (1963) si lotta, con un lunghissimo sciopero, per ottenere la riduzione di un’ora di lavoro, da 14 a 13 ore  giornaliere. La lezione del regista è la medesima di quella di Romanzo popolare: le  battaglie sociali si vincono solo se determinati e uniti. Quando uscì, il film non ebbe un gran successo e non è tra i più noti di Monicelli. Il professore è Mastroianni, un insegnante licenziato dallo Stato per le sue idee politiche socialiste massimaliste, non ha una famiglia, né una vita propria, ma si sposta di città in città per alfabetizzare le masse e istruirle politicamente. I costumi e la scenografia sono tipici del film neorealista, Alla fine, con la morte del ragazzo torinese di 15 anni, Omero, la lezione del professore non sembra venir riconosciuta e compresa dagli operai, in un primo momento, ma in fondo si intravede il preludio per future lotte sociali ed anche il professore, in carcere, ottiene il riconoscimento dei suoi meriti. Particolare importanza hanno le scene girate in fabbrica, davanti alle macchine tessili. Emergono anche altri due temi importanti, quello della presa di coscienza di classe di fronte ai crumiri e quello della questione meridionale, nel dialogo tra Omero e una bambina, immigrata con la famiglia dalla Sicilia.

DAL MUTO AL 3D: CORSO BASE DI STORIA DEL CINEMAultima modifica: 2016-05-28T12:51:05+02:00da m_200
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