Scienza ed etica

MARCO  MARTINI

Scienza ed etica

Indice

Ø Introduzione al problema                                                                              3

Ø Conflitto scienza-etica                                                                                    5

Ø Autonomia della scienza: Galileo                                                                  5

o   Polemica contro gli aristotelici                                                                             6

o   Polemica contro la Chiesa                                                                                     6

Ø  Effetti della ricerca: Bombe atomiche                                                          7

o   A favore della bomba                                                                                             7

o   Contro la bomba                                                                                                     8

o   Dopo l’esplosione                                                                                     9

o   Le opinioni dei ricercatori                                                                            10

o   Petizione di Szilard                                                                                      12

o   Rapporto Frank                                                                                                     12

Ø Bibliografia                                                                                          13

 

Introduzione al problema

 

Il contrasto tra scienza, o meglio, tra il desiderio di conoscenza e l’etica o la morale è sempre stato presente nella storia dell’uomo. Ciò è simboleggiato dalla cacciata dell’uomo dall’Eden per essersi cibato del frutto proibito, il frutto della conoscenza.

L’attività di ricerca mira ad accrescere la conoscenza e pervenire a terapie e tecnologie utili per l’intero genere umano. La ricerca, lo sviluppo scientifico e gli avanzamenti tecnologici contribuiscono a creare nuove prospettive di benessere e hanno conseguenze importanti per la società. Nel tempo però questo “progresso” ha posto interrogativi complessi e questioni cruciali non solo sul rapporto tra ricerca ed etica ma anche sull’etica della stessa attività di ricerca, alimentando un ampio dibattito su cui si confrontano opinioni di natura differente.

 

 

Chiunque si dedichi alla ricerca riconosce nell’autonomia della scienza e nella libertà di studio e sperimentazione due caratteristiche essenziali della propria attività.

 

 

 

È anche vero che alcune tra le più importanti scoperte che hanno caratterizzato il percorso della ricerca scientifica, e salvato la vita di milioni di individui, senza la sperimentazione  non sarebbero mai state raggiunte.

 

 

 

Qual è allora il rapporto tra osservazione e manipolazione in campo scientifico? Quale bilanciamento esiste tra la libertà di ricerca e altre libertà e diritti, quali, ad esempio, la sicurezza pubblica, i diritti di proprietà intellettuale e soprattutto la dignità umana?

 

 

 

Altro problema fondamentale riguarda l’uso che viene fatto delle scoperte scientifiche: una stessa ricerca, una volta applicata alla soluzione o al miglioramento di una determinata questione, può dare esiti diversi.

Ci si chiede:

“le attività di ricerca e le relative scoperte scientifiche hanno un valore positivo assoluto? Oppure sono bene o male a seconda dell’uso che ne viene fatto? Dove si deve fermare la libertà di ricerca?”

 

 

Analizzando il rapporto tra scienza, progresso ed etica ci si trova di fronte a domande su cui non c’è accordo tanto nella società civile quanto nel mondo accademico e scientifico. Le posizioni sul tema sono numerose:

 

sicuramente si devono evitare, in questo campo, due opposte posizioni, egualmente inaccettabili: l’oscurantismo e il determinismo.

Né l’uno né l’altro sarebbero giustificabili: il primo, perché bloccherebbe il giusto avanzamento della ricerca scientifica e del progresso tecnologico, e ciò non sarebbe né opportuno né vantaggioso per il cammino dell’umanità e il suo futuro; il secondo, perché ciò che è tecnicamente possibile non è solo per questa ragione moralmente lecito.

 

L’atteggiamento da ricercare, da una parte, è quello di una razionalità illuminata e di un saggio realismo,  di una responsabile consapevolezza dei rischi.

 

E’ necessario evidenziare la distinzione tra l’indagine scientifica e la sua applicazione:

  • L’indagine scientifica è fondamentale a condizione che si attui con mezzi leciti e sia indirizzata a l’interesse della collettività,  sia quindi a servizio della vita e di una sua migliore qualità, e mai contro.
  • L’applicazione  dei risultati esige invece di essere sottoposta al vaglio critico delle scienze dello spirito, dalla filosofia della scienza all’ etica e al diritto e alla stessa politica, evitando ogni forma di fondamentalismo scientifico che obbedisca a criteri di solo profitto, e prescinda quindi dal primato della persona, dal rispetto dell’ambiente e dall’attuazione di una effettiva democrazia economica

 

E’ sulle applicazioni che si gioca la questione decisiva. Non è corretto, sotto il profilo etico, passare direttamente dalle scoperte scientifiche alle loro applicazioni immediate, senza un’accertata verifica delle implicazioni che esse possono avere e senza regole precise che ne garantiscano un uso corretto. Le applicazioni devono sempre essere sottoposte al criterio più alto del bene comune, e non derivare da ragioni legate unicamente ad interessi economici, a gruppi di potere o a ragioni di mercato.

 

Ad ogni modo, proprio perché il fine della scienza, il più delle volte, non è teorico in senso assoluto, bisogna adoperarsi affinché essa diventi autonoma e non sia appannaggio di un solo ente che esprime una propria concezione etica.
Infatti, anche quando noi crediamo che si dia grande libertà di azione alla ricerca, in realtà consideriamo poco che attualmente il suo campo di indagine è spesso limitato da fattori economici più che etici: laddove è presente il finanziamento di un grande ente, lì esiste la ricerca.
La questione, dunque, non è solo riguardo ai limiti che l’etica pone alla scienza, ma quelli che non riesce a porre poiché vinta dagli interessi economici.
L’etica per natura non è assoluta, è l’insieme di valori che identificano una società o un gruppo sociale che ha le proprie peculiarità a seconda del luogo, del tempo, delle condizioni e della cultura in cui vive. Chi allora deve definire i limiti della scienza? Nessuno. Questo non significa che l’etica non esista più, o che non si consideri l’applicazione pratica, che in fondo è insita nell’idea di scienza, o le conseguenze che essa potrebbe avere nella vita, ma questi aspetti non possono essere valutati solo da una stretta cerchia che controlla la scienza, bensì devono essere presi in considerazione da tutti coloro che sono coinvolti.
La scienza è sia Prometeo, il Dio del progresso umano, che Frankenstein e il suo mostro, pauroso e pericoloso. Sta all’uomo capire quali sono i suoi limiti e a comprendere che la natura per la scienza non è un nemico da sconfiggere.

Conflitto scienza -etica

 

L’esempio classico del conflitto scienza-etica possiamo identificarlo con Galileo. Ma mentre all’epoca la Chiesa, che rappresentava l’etica, perdeva veridicità poiché sembrava andare contro le premesse prime della nuova scienza, oggi l’etica, di certo non più identificabile con la religione, ha lo scopo di far riflettere sulle conseguenze che derivano da determinati esperimenti o studi, e non più sulle premesse. Importante è riflettere sulle scoperte fatte e sulle attuazioni pratiche che da queste scoperte derivano. Sono esse infatti che devono essere regolate dall’etica e non la scienza in generale. Un esempio evidente è ciò che è accaduto all’inizio del secolo scorso, con gli studi di Einstein, che furono la premessa per la  realizzazione della bomba atomica. Siamo tutti concordi nel criticare gli effetti di questa potentissima arma e ritenerli eticamente scorretti, ma d’altra parte come potremmo criticare le scoperte di uno scienziato, che ha studiato e ricercato con il puro scopo di scoprire? Credo sia difficile, se non impossibile, dare delle regole e stabilire i confini tra etica e scienza, tuttavia cercherò di far emergere i problemi del nostro tempo e cercherò di far riflettere su questa problematica che da oltre 400 anni fa parte della nostra quotidianità.
Degno di essere citato è, anche, il problema sul dibattito bioetico. Nella procreazione assistita vengono utilizzati solo parte degli embrioni nati. È etico utilizzare gli embrioni, che comunque per legge andrebbero soppressi, per studi medici? Oppure in considerazione del fatto che l’embrione è potenzialmente persona esso non può essere in ogni modo toccato? E ancora, è lecito per l’uomo intervenire sul proprio patrimonio genetico e su quello degli altri organismi viventi?

 

Autonomia della scienza: Galileo

Quando ci apprestiamo ad esaminare il caso Galileo e la sua battaglia per l’autonomia della scienza dalla religione, dimentichiamo quanti anni, quanti eventi ci separino dallo scienziato e banalizziamo la posizione della Chiesa a ignoranza o cecità. Questo stesso errore l’ho commesso anche io, ritenendo infatti che la Chiesa fosse semplicemente stata ottusa nel non accettare le scoperte di Galileo.

In realtà, tutto ciò accade perché le dottrine galileiane sono già passate al vaglio della Storia, già riconosciute come elementi fondativi della nuova scienza del pensiero moderno. Dal XVII secolo fino ad oggi, l’autonomia della scienza si è sempre più affermata.

Ma nel XVI secolo il clima era ben diverso, con la Controriforma ogni sapere doveva trovarsi in armonia con le Sacre Scritture seguendo l’interpretazione fornita dalla Chiesa.

Galileo intuì che la lotta per la libertà della scienza fosse di fondamentale importanza per il futuro dell’umanità. Si trattò di una battaglia combattuta su due fronti: contro l’autorità religiosa, rappresentata dalla Chiesa, e contro l’autorità culturale, personificata dagli aristotelici. Le sue ricerche suscitarono una reazione nel mondo culturale e nella Chiesa, che lo sottoposero ad un processo per eresia e lo costrinsero all’abiura. La posizione di Galileo si trovava in netto contrasto con la Chiesa, che vedeva a rischio la sua autorità e doveva riaffermare l’indiscutibilità dell’auctoritas della Bibbia nel tempo della Riforma e della Controriforma.

Polemica contro gli aristotelici

La scienza deve essere indipendente non solo dalla Chiesa ma anche dalla cultura consolidata.

Galileo mostrò stima per l’antico filosofo, la sua critica si rivolse invece ai suoi discepoli, gli aristotelici del suo tempo, che invece di osservare direttamente la natura e trarre da tali osservazioni le loro teorie, si limitavano a consultare i testi delle biblioteche, convinti che il mondo seguisse le leggi di Aristotele e non quelle della natura, si fecero in questo modo fautori di un dogmatismo anti-scientifico che ostacolava l’avanzamento del Sapere.

 

Polemica contro la Chiesa

Lo scienziato era profondamente cattolico e sentiva come esigenza fondamentale il conciliare il suo lavoro di ricerca con le verità rivelate, ponendosi il problema in relazione alla fede.

In linea con il decreto della Controriforma il credente non solo doveva accettare il messaggio morale e religioso della Bibbia ma ogni sua affermazione, comprese quelle di carattere scientifico, in opposizione con le nuove scoperte.

Galileo sosteneva che una posizione del genere ostacolasse la libertà della scienza, e che inoltre danneggiasse la stessa religione, che, ancorata a tesi smentite dal progresso scientifico, perde credibilità agli occhi dei fedeli. Nelle “Lettere Copernicane” Galileo giunge a una soluzione che concilia Scienza e Fede: afferma che la natura (oggetto della scienza) e la Bibbia (base della religione) derivano entrambe da Dio, la prima come «osservatissima esecutrice degli ordini di Dio», la seconda come «dettatura dello Spirito Santo».

Le due non possono contraddirsi tra loro, gli eventuali contrasti vanno risolti rivedendo l’interpretazione della Bibbia in modo che si adatti alla Scienza, Galileo afferma quindi che il testo sacro, in quanto dettatura di Dio non può contenere errori, ma quello che è sbagliato è invece la sua interpretazione, che, se letterale, può allontanarsi dalla verità.

Questa conclusione deriva da due motivi:

  1. Le Sacre Scritture sono state scritte utilizzando un linguaggio semplice, in modo che possano essere comprese dagli uomini, mentre la Natura non si piega alle esigenze dell’uomo
  2. La Bibbia non contiene principi che riguardano le leggi della Natura, ma trattano del destino dell’uomo, vuole mostrare…. “come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo”.

Così dopo Galileo la Scienza lentamente si emancipa dalla Religione e dal principio di autorità e conquista la sua indipendenza: unico scopo del pensiero scientifico è cercare ed indagare il “gran libro del mondo”, divenendo frutto di “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. La sua lingua non fu più quella del sacro e della poesia, della filosofia e della teologia ma il codice matematico. Da allora in poi è vero solo ciò che può essere dimostrato sperimentalmente.

 

Effetti della ricerca: le bombe atomiche

Alle otto e un quarto del 6 Agosto 1945 il B-29 Enola Gay sganciò sulla città giapponese di Hiroshima la prima bomba atomica della Storia.  Tre giorni dopo venne sganciata una seconda bomba ancora più potente su Nagasaki.

 

Le due esplosioni causarono più di 300 000 vittime, considerando non solo coloro che sono morti sul momento ma anche le morti causate dalle radiazioni che provocarono infezioni, emorragie e in alcuni casi leucemie.

 

I tecnici statunitensi avevano preparato tutto nei minimi particolari: l’esplosione doveva avvenire a poche centinaia di metri da terra, ciò perché nel caso in cui fosse avvenuta a terra avrebbe perso energia distruttiva, scavando un cratere, mentre se fosse avvenuta ad una quota troppo alta avrebbe causato una dispersione di radiazioni. Le distanze erano state calcolate in modo tale che se qualcuno si fosse salvato sul colpo sarebbe morto in seguito a causa delle radiazioni.

Le città non furono scelte casualmente, Hiroshima e Nagasaki erano cavie, come animali da laboratorio sui quali sperimentare una medicina per debellare la guerra in corso. Hiroshima presentava caratteristiche ideali sotto il punto di vista militare: era un importante deposito di armi, base della II Armata giapponese,  vi erano diverse installazioni industriali ed inoltre le colline intorno alla città potevano concentrare e amplificare gli effetti della deflagrazione. Nagasaki era il principale centro di produzione delle munizioni.

 

A favore della bomba

I sostenitori delle bomba atomica fecero leva su vari fattori:

  • Terminare la guerra in modo più veloce;

 

  • Gli ufficiali militari giapponesi erano unanimemente contrari a qualsiasi negoziazione, mentre alcuni membri della classe dirigente civile cercarono di dare il via a una negoziazione di pace, non potendo però da soli negoziare una resa o addirittura un cessate il fuoco, infatti il Giappone, in quanto Monarchia costituzionale, avrebbe potuto intervenire in un accordo di pace solo con il consenso unanime del governo giapponese, il quale invece era dominato dai militari dell’esercito imperiale e della marina imperiale, tutti inizialmente contrari a qualsiasi accordo di pace;

 

  • L’attesa della resa giapponese non era un’opzione priva di costi: a causa della guerra i civili morivano in tutta l’Asia a un ritmo di circa 200.000 persone al mese, i bombardamenti incendiari avevano ucciso più di 100.000 persone in Giappone dal febbraio 1945. Inoltre il blocco navale  aveva ridotto le importazioni giapponesi, questo assieme alle altre conseguenze della guerra, avrebbe causato un maggior numero di vittime per carestia e malnutrizione, più alto, forse, di quello che si avrebbe avuto con l’attacco nucleare. Alcuni stimavano che 10 milioni di persone erano probabilmente destinate a morire di fame;

 

  • Gli statunitensi fecero una previsione sulla perdita di soldati nell’ipotesi di  invasione del Giappone, e il numero  stimato di morti variava da  20.000  a 110.000 solamente per l’iniziale invasione, con all’incirca un numero da tre a quattro volte superiore di feriti.

 

Alcuni storici hanno anche sostenuto che gli Stati Uniti desideravano porre fine alla guerra rapidamente per minimizzare le potenziali acquisizioni sovietiche di territorio controllato dai giapponesi, ragion per cui, si può sostenere che il bombardamento atomico (soprattutto per quanto riguarda Nagasaki il 9 agosto, dato che il giorno prima, l’8 agosto, la Manciuria era stata invasa dall’esercito russo) sia stato il primo atto della Guerra Fredda: oltre ad arginare la loro espansione, il bombardamento sarebbe stato così una dimostrazione di forza nei confronti dei sovietici e un monito a livello militare.

 

Contro la Bomba

Molti scienziati lasciarono il loro posto nelle università tedesche per scappare in Francia, Inghilterra e negli Stati Uniti, consapevoli che se i progetti tedeschi per l’energia nucleare, a cui avevano lavorato, fossero stati messi a disposizione di Hitler sarebbero potuti diventare un pericolo mortale per tutta l’umanità.

In realtà i vertici militari nazisti non avevano compreso l’uso dell’energia atomica a fini bellici e alcuni scienziati tedeschi boicottarono volontariamente le loro stesse ricerche per impedire all’industria bellica nazista di capire il nesso tra scissione dell’atomo e bomba atomica.

 

Nell’ottobre del 1939 Leo Szilard[1] e Albert Einstein scrissero insieme una lettera indirizzata al presidente Franklin D. Roosevelt con la quale spinsero affinché anche gli Stati Uniti finanziassero la ricerca sul nucleare. Nel 1942 dopo una serie di ricerche favorevoli prese il via il Progetto Manhattan, in cui scienziati e militari si misero al lavoro per giungere al più presto alla costruzione della bomba atomica.

 

Il Progetto Manhattan era stato originariamente concepito per contrastare il programma atomico della Germania nazista ma con la sconfitta tedesca diversi scienziati che lavoravano al progetto non credevano più necessario l’utilizzo della bomba. Due dei principali critici dell’uso bellico del nucleare furono prorio gli stessi Einstein e Szilard.

 

Nei giorni precedenti all’esplosione molti scienziati sostennero che il potere distruttivo della bomba poteva essere dimostrato senza fare vittime, per esempio sganciando la bomba in una zona non abitata del Giappone come “avvertimento” nei confronti del governo giapponese. Questa soluzione però non ottenne favori perché avrebbe comportato lo spreco di una bomba (erano costose e richiedevano tempi lunghi per la loro costruzione) e non vi erano certezze che un tale test sarebbe stato efficace.

 

Dopo l’esplosione

Il mondo non fu più lo stesso dopo il 6 agosto 1945. La visione del fungo atomico con le migliaia di persone morte subito dopo lo scoppio e le ulteriori morti nei mesi e negli anni successivi, incisero in modo talmente forte sulla coscienza collettiva da cambiare il modo di condurre la politica internazionale, mobilitando tutte le menti più nobili del panorama politico, culturale e religioso al fine di scongiurare una nuova esplosione. La paura della distruzione totale del pianeta fece si che la bomba atomica non venne più usata come profeticamente recitava il Cenotafio del Parco della Pace di Hiroshima : “Riposate in pace, perché questo sbaglio non sarà ripetuto”.

Il giudizio morale della Chiesa e in particolare di quella americana, fu categorico: le esplosioni nucleari su Hiroshima e Nagasaki erano moralmente indifendibili.

 

Dopo le esplosioni le reazioni degli scienziati che per anni avevano lavorato al progetto furono contrastanti, avevano costruito la bomba per paura che ci riuscisse prima la Germania, per porre fine ad un conflitto che insanguinava il mondo da sei anni, ma sicuramente ha avuto la sua parte anche una caratteristica tipica di tutti gli scienziati: il desiderio di conoscenza.

Come scienziati avevano voluto scoprire i segreti del mondo fisico, le possibilità di manipolarlo e di controllarlo. Ma nel momento in cui ci riuscirono qualcosa andò storto.

La bomba atomica può rappresentare il primo passo verso la distruzione completa dell’umanità.

Hiroshima diventa il simbolo dell’onnipotenza dell’uomo.

 

Tra gli scienziati responsabili del progetto Manhattan si diffuse l’idea di dare il via ad una politica di accordi internazionali in grado di evitare guerre future, si parlò ad esempio di un libero scambio della scienza e degli scienziati, addirittura di ispezioni reciproche tra USA E URSS

 

I bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki sono due episodi storici cruciali, che hanno sicuramente modificato le relazioni tra la comunità degli scienziati e la società. Questi eventi hanno modificato la consapevolezza degli scienziati rispetto alle conseguenze del loro lavoro.

 

A seguito dell’esplosione delle bombe atomiche nasce il problema di quale debba essere un comportamento eticamente corretto da parte degli scienziati, che cosa si possa o si debba ricercare, come e se si debbano comunicare i risultati della ricerca, un problema tuttora attuale.

 

 

Le opinioni dei ricercatori

Il coinvolgimento ampio e profondo della comunità degli scienziati alla prima esplosione nucleare ha rappresentato un fatto nuovo nella storia dell’umanità; questa vicenda rappresenta, da 60 anni, un caso esemplare per valutare il comportamento politico, sociale ed etico degli scienziati che vi parteciparono.

 

L’attività degli scienziati impegnati nel progetto Manhattan non fu infatti limitata esclusivamente all’aspetto professionale; essi furono chiamati, e questo vale in particolare per i più importanti tra di loro, a partecipare a decisioni non strettamente scientifiche, ma anche militari e politiche.

 

Il problema etico che fu allora posto in discussione, nella concezione allargata appena detta, può essere articolato in almeno due aspetti:

  • Il primo, presentatosi nella fase iniziale, riguardava la legittimità di partecipare alla costruzione di ordigni di guerra;
  • il secondo riguardava le modalità di uso dell’ordigno, di stabilire l’opportunità e la legittimità di utilizzare la bomba contro il Giappone, cioè di sperimentarla direttamente su vittime civili.

 

In quel momento il problema etico che si dovette affrontare fu quello se fosse lecito o meno per uno scienziato progettare armi, sorse il tema dell’utilizzo della scienza, in quello che è indubbiamente un rilevante problema etico.

 

Non è ovvio se le posizioni prese dagli scienziati tennero conto di considerazioni etiche e quali furono, vi sono ad ogni modo nei documenti da loro redatti richiami a questioni di tipo questioni.

Il  diverso peso che fu dato a questi quesiti e le modalità di risposta produssero e giustificarono il differente comportamento dei singoli e le decisioni che essi presero, mentre unica appare essere la ragione dell’impegno attivo in quest’impresa: impedire alla Germania di acquisire per prima e da sola l’arma atomica.

 

 

Il 2 Agosto 1939 Albert Einstein firmò la petizione, redatta in gran parte da Leo Szilard, indirizzata a Roosevelt, sollecitando lo studio sulla possibilità di costruire una bomba atomica. Con questa lettera, di cui si pentì per tutta la vita, Einstein,  assunse su di sé e, di fatto, su tutta la comunità dei fisici la responsabilità di avere dato il via ad una serie di ricerche che porteranno, sei anni dopo alla creazione, di un arma di distruzione mondiale.

 

Franco Rasetti[2], invitato al partecipare al Progetto Manhattan, ritenne che uno scienziato non si dovesse impegnare nella progettazione di armi e di questa posizione divenne un simbolo.

Egli fu orgoglioso per tutta la vita di avere rifiutato di partecipare all’impresa tecnica e scientifica che si sarebbe conclusa ad Hiroshima.

Nelle sue lettere espresse un giudizio negativo nei confronti dell’utilizzo della ricerca scientifica:

«Trovo mostruoso l’uso che si è fatto e che si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta e la rende soltanto un mezzo di oppressione politica e militare»

Rasetti fu in realtà sempre ossessionato dalla responsabilità che pensava di doversi assumere per avere partecipato alla scoperta del meccanismo fisico su cui si basa il funzionamento della bomba atomica.

 

Rasetti negò la possibilità di una scienza non neutrale, questo sulla base del fatto che sarebbe praticamente impossibile per lo scienziato scegliere il campo delle sue ricerche ed il modo di effettuarle, tenendo presente le conseguenze, immediate e remote, benefiche o meno. Non riconosce neppure un qualche ruolo privilegiato allo scienziato: ma anche ammesso che le conseguenze delle ricerche fossero prevedibili, resterebbe il problema etico di decidere che cosa sia da considerarsi buono e che cosa cattivo per l’umanità. Su questo punto l’opinione dello scienziato come tale non ha più peso di quella di qualsiasi uomo.

 

Edward Teller[3] si rifiutò di firmare la seconda petizione di Szilard, contraria all’utilizzo del nucleare. Egli scrisse in una lettera estremamente significativa:

« Ho lavorato [al progetto] perché il problema mi ha interessato ed avrei considerato una grossa limitazione non andare avanti. [..] Se riesci a convincermi che le tue obiezioni morali sono valide, io abbandono il lavoro. Ho difficoltà a pensare che dovrei cominciare a protestare. Dopo avere detto di considerare impossibile vietare bombe che si rivelino decisive, egli suggerisce quale è per lui l’imperativo morale: il fatto casuale che noi siamo riusciti a produrre questo orribile oggetto non deve darci la responsabilità di avere voce nel modo con il quale deve essere usato. Questa responsabilità deve in conclusione essere delegata al popolo come un tutto e questo può essere fatto solo facendo sì che il popolo conosca i fatti. Questa è la sola causa per la quale mi sento autorizzato a fare qualcosa: la necessità di togliere il segreto per lo meno sui temi più generali del nostro lavoro»

 

Già nel 1938 Leo Szilard intuì che la fissione nucleare poteva essere utilizzata per produrre ordigni di grande potenza, tentò di organizzare l’autocensura dei fisici sui risultati delle loro ricerche, in particolare quelle riguardanti le reazioni a catena. Si aprì allora una discussione se pubblicare

o meno questi risultati: in un primo momento Teller e Szilard convinsero Fermi ad accettare un ritardo nella pubblicazione, ma un fisico francese non accettò di ritardare la pubblicazione dei risultati analoghi da lui ottenuti.

Fu il fallimento di questa auto-censura a convincerlo che bisognava essere i primi ad esplorare la possibilità di un uso militare delle scoperte della fisica nucleare, da ciò nacque la prima petizione rivolta al presidente Roosevelt. Quando fu chiaro che la Germania aveva perso la guerra, Szilard e Einstein tentarono invano di fermare il meccanismo da loro stessi innescato quattro anni prima.

In un disperato tentativo di impedire l’utilizzo della bomba sul Giappone, Szilard ideò una seconda petizione da inviare al Presidente degli Stati Uniti. L’importanza di questa doveva stare nel fatto che fosse firmata da molti scienziati che avevano partecipato al Progetto Manhattan.

 

Petizione di Szilard

La petizione è fondata su considerazioni puramente morali, prendendo atto dell’esistenza di motivi di opportunità sia favorevoli che contrari all’uso della bomba, Szilard ammette le scarse possibilità che tale petizione possa influenzare il corso degli eventi.

Ricorda le critiche fatte ai tedeschi, per non essersi dissociati dalle azioni commesse dalla Germania durante la guerra.

Per quanto riguarda le responsabilità degli scienziati Szilard ritiene che coloro che hanno lavorato sull’energia atomica rappresentino un campione della popolazione e solo loro siano in grado di avere un’opinione completa tale da prendere una posizione.

Rapporto Franck[4]

I problemi etici occupano il primo dei cinque paragrafi di questo testo: dopo avere premesso che gli scienziati non sentono di avere particolari competenze per intervenire sui problemi di politica nazionale ed internazionale, viene individuata la ragione del loro intervento sia come singoli che come comunità.

Viene evidenziato un contrasto: da un lato si trova  il dovere di segnalare l’esistenza e la drammaticità del problema e dall’altro la disponibilità della comunità a fornire le proprie competenze.

Le bombe nucleari per le loro caratteristiche tecniche, non paiono avere contromisure; viene quindi affermata la necessità di una qualche autorità sovranazionale che ne controlli lo sviluppo e l’uso.

 

Nei quattro paragrafi successivi del Rapporto viene sviluppata un’analisi, che oggi possiamo considerare particolarmente preveggente, di quella che sarebbe stata la corsa allo sviluppo degli armamenti nucleari.

 

Bibliografia

 

  • AA. VV., Discussione su Galileo;
  • Abbagnano N. – G. Fornero, La filosofia 2A , Paravia, Milano;
  • Frigerio F., Bomba atomica – l’olocausto nucleare;
  • Mafera C., Il dibattito ancora aperto circa l’uso della bomba atomica;
  • Meschiari A., Questione di etica: scienza e società;
  • Vadacchino M., La morale degli scienziati e la bomba atomica;
  • Wikipedia, Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

 


[1] Leo Szilard è stato un fisico, nato a Budapest da famiglia ebraica, studiò a Berlino dove divenne ricercatore. Con l’asesa dei nazisti al potere si spostò a Vienna, poi Londra ed infine si trasferì negli USA. Fu il primo, nel 1933, ad avere l’idea di una reazione nucleare a catena. Diresse insieme ad Enrico Fermi la costruzione del primo reattore nucleare e successivamente partecipò al Progetto Manhattan.

[2] Rasetti è stato un fisico italiano. Frequentò l’Università di Pisa, prima come studente d’ingegneria, poi come studente di fisica, dove conobbe Enrico Fermi.  Fu tra i primi a studiare sperimentalmente le proprietà dei neutroni, svolgendo un ruolo cruciale nelle ricerche di Fermi sulla radioattività indotta mediante bombardamento di neutroni.

[3] Edward Teller era un fisico nucleare di origine ebreo-ungherese, nel corso degli anni venti emigrò negli Stati Uniti. Partecipò al Progetto Manhattan. È il “padre” della bomba termonucleare, o bomba all’idrogeno(1952)

[4]Il rapporto Franck fu un documento firmato nel giugno 1945 da importanti fisici del progetto Manhattan (tra gli altri, l’ungherese Leò Szilárd) per sconsigliare il governo degli Stati Uniti a usare la bomba atomica. Il rapporto prende il nome dal fisico tedesco James Franck, il capo della commissione che produsse il documento.

Scienza ed eticaultima modifica: 2016-06-20T21:17:46+02:00da m_200
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