L’eredità di Giustiniano. L’ultima guerra dell’Italia romana

Marco Martini

L’eredità di Giustiniano. L’ultima guerra dell’Italia romana

Atti del Convegno Internazionale di Storia Alto-medievale – 23 e 24 ottobre 2019
Sala Stemmi, Sala Azzurra, Palazzo della Carovana, Scuola Normale Superiore, Piazza dei Cavalieri, 7, Pisa
Programma.
23 OTTOBRE |SALA STEMMI
9.30 Gianpiero Rosati, Preside della Classe di lettere e filosofia
Indirizzi di saluto
Presiede Stefano Gasparri, Universita Ca’ Foscari Venezia
Rita Lizzi Testa, Università degli Studi di Perugia
Un Occidente che guarda ad Est: il senato di Roma e i suoi vescovi durante la guerra greco-gotica
Federico Marazzi, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
La geografia del conflitto. Terreni e teatri di confronto tra Goti, Franchi e Romani
Salvatore Cosentino, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Annona e commercio nell’Italia giustinianea e oltre: strutture economiche in mutamento (ca. 530-ca.630)
Lucrezia Spera, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’
Le strade di Procopio. Viabilità e insediamenti in Italia durante e dopo il conflitto greco-gotico

24 OTTOBRE SALA AZZURRA
Presiede Domitilla Campanile, Università di Pisa
9,30 Ermanno A. Arslan, Accademia Nazionale dei Lincei
Emissione e circolazione monetarie tra Goti, Bizantini e Longobardi
Flavia Frauzel, Center of Ancient Mediterrean and Near Eastern Studies,
The Ostrogoths during and after the war against Justinian: data from epigraphy.
Neil Christie, University of Leicester,
Urban trajectorie in post-Reconquest Italy, c. 535-600.
11.30 Fabrizio Oppedisano, Scuola Normale Superiore
Il senato romano tra guerra e dopoguerra
Hendrik W. Dey, Hunter College,
Rome after the end of the Gothic war.
Vincenzo Fiocchi Nicolai, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’
Moverunt sanctis bella nefanda. Santuari martiriali e aree funerarie a Roma all’epoca della guerra greco-gotica.
Enrico Cirelli, Alma Mater Studiorum Università di Bologna,
Le trasformazioni di Ravenna e delle città italiane dopo la fine della guerra di Giustiniano.
Ignazio Tantillo, Università degli Studi di Napoli L’Orientale,
L’ultima corte dell’Italia romana: Ravenna ostrogota.

RELAZIONI

23 OTTOBRE SALA STEMMI
9.30 Gianpiero Rosati, Preside della Classe di lettere e filosofia
Indirizzi di saluto
Il punto di partenza di questo convegno internazionale, che vede la partecipazione, oltre che di dotti medievisti, anche di archeologi del Medioevo e del cristianesimo, esperti di storia bizantina, numismatici, è la guerra greco-gotica, non più vista solamente come un momento traumatico per la penisola italiana, ma come un momento di grande trasformazione: nel VII secolo Roma è la città più popolata d’Europa. Da prospettive diverse, un’ampia gamma di studiosi osserverà questo periodo della storia romana da prospettive diverse.
Presiede Stefano Gasparri, Universita Ca’ Foscari Venezia
Rita Lizzi Testa, Università degli Studi di Perugia
Un Occidente che guarda ad Est: il senato di Roma e i suoi vescovi durante la guerra greco-gotica.
La relatrice mostra un approccio politico ed affronta i rapporti tra Roma e Costantinopoli. Odoacre sapeva di non poter governare la penisola italiana senza il consenso del Senato romano: questa è la situazione nel 509, prima della guerra greco-gotica o gotica che insanguinò la penisola italiana per 18 anni (535-553), il lungo conflitto che contrappose i Bizantini di Giustiniano agli Ostrogoti. Scopo di Giustiniano è conquistare le province italiane dell’ex impero romano conquistate ora dagli Ostrogoti (o Goti orientali). Alla fine della guerra Giustiniano risulterà vittorioso ed estenderà il Corpus juris civilis di Diocleziano, monumentale opera diretta da Triboniano ed articolata in 4 parti, alla penisola; tuttavia la sua vittoria ebbe breve durata perché nel 568 i Longobardi iniziano ad occupare l’Italia del nord. Per l’Italia la guerra si rivelò una catastrofe aggravata dalla pestilenza e da una successiva carestia. Nel 535 il generale bizantino Belisario sconfigge le truppe le truppe gote di Teodato prima e Vitige in seguito e conquista Napoli alla fine del 536, per poi arrivare a Roma ed a Ravenna. Al trono dei Goti salì Totila (significava “immortale”) e Belisario sarà richiamato a Costantinopoli, mentre Totila riconquista molti territori. Ma Totila morì in battaglia, come il successore Teia, ed il generale bizantino Narsete portò l’impero di Giustiniano alla vittoria finale nel 553. La Pannonia era già stata conquistata dai Bizantini.
Giustiniano stabilì l’uguaglianza tra l’antica e la nuova Roma (Costantinopoli): per dimostrare ciò fece costruire una chiesa dedicata ai santi Pietro e Paolo a Costantinopoli. Durante gli anni del conflitto le trattative diplomatiche tra Roma e Costantinopoli s’interrompono. Il fratello di papa Vigilio fu catturato ed assassinato dai Goti, mentre era stato accolto da Giustiniano. All’inizio della guerra, forte è il tentativo dei Bizantini di mantenere un rapporto con la Chiesa di Roma, ma in seguito questi rapporti cambiano.
Federico Marazzi, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
La geografia del conflitto. Terreni e teatri di confronto tra Goti, Franchi e Romani
Gli eventi bellici sono descritti dallo storico Procopio di Cesarea, che ci ha fornito una geo-storia politica del conflitto. Nel 553-54 Giustiniano aveva smantellato il regno dei Franchi. Atalarico, Amalasunta e Teodato avanzano ipotesi di divisione dell’Italia, tra Greci e Goti; Roma e Treviso rimasero in mano gota per tutta la durata del conflitto.
I punti di accesso, navale e terrestre, dei Bizantini in Italia, oltre alla Sicilia, sono Napoli, Otranto, Genova (538), per prendere Milano, ancora gota, alle spalle, la Dalmazia. Amalasunta viene assassinata e tra il 537 ed il 538 Roma è contesa tra Goti e Bizantini, con il lungo assedio di Vitige, mentre la guerra conosce spostamenti territoriali nelle Marche, nel Lazio ed in Umbria. A Napoli, alla fine del conflitto, il generale bizantino Narsete sconfigge il goto Teia, succeduto al celebre Totila, mentre Belisario cercava invano di difendere Roma; Milano, non avendo ricevuto alcun aiuto, capitolò nel 539, ma nell’estate del 539 i Franchi entrano in Italia, attraversano l’Italia padana e, pur senza prendere Milano, si dirigono su Genova, città cruciale per la conquista della Liguria padana (i cui confini, ovviamente, non corrispondevano a quelli dell’odierna Liguria). Nel 552 muore anche Teia e ciò agevola la conquista bizantina. La discesa dei nel nord Italia avviene, per il relatore, non senza accordi con i Bizantini.

Salvatore Cosentino, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Annona e commercio nell’Italia giustinianea e oltre: strutture economiche in mutamento (ca. 530-ca.630)
Le condizioni economiche, durante la guerra, sono molto critiche in tutta la penisola (una pagnotta costa 3 soldi), e la Tuscia non costituisce un’eccezione. I Bizantini importano anfore dall’Africa, in particolare dalla Tunisia e dall’Egitto, tra VI e VII secolo: il materiale arriva dall’Egeo, dall’Asia Minore e dal Nord Africa. Roma è la città più popolata e più difesa, mentre Ravenna, capitale amministrativa dell’Impero, non supera le 800 unità di soldati: le città sono poco difese. Durante la dominazione bizantina il peso della cultura orientale in Italia fu fortissimo, anche in ambito politico (ad esempio, con le prefetture).
A partire dagli anni ‘90 del Novecento, l’archeologia a riguardo ha fatto passi da gigante, fornendo agli studiosi sempre nuovo materiale.

Lucrezia Spera, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’
Le strade di Procopio. Viabilità e insediamenti in Italia durante e dopo il conflitto greco-gotico
Lo storico Procopio sottolinea come le strade e le comunicazioni via mare ebbero un ruolo fondamentale, prima, durante e dopo la guerra.

24 OTTOBRE SALA AZZURRA
Presiede Domitilla Campanile, Università di Pisa
9,30 Ermanno A. Arslan, Accademia Nazionale dei Lincei,
Emissione e circolazione monetarie tra Goti, Bizantini e Longobardi
Nel V secolo il quadro dell’ Impero diviso è complessivo. In questo periodo il controllo politico di Ravenna si riduce e per l’Occidente ne deriva una progressiva diminuzione delle riserve auree, indispensabili per la circolazione della moneta aurea, quella di primo livello. La circolazione monetaria è strettamente connessa con la guerra e le vicende politiche. Anche politicamente, nella corte di Ravenna, si susseguono personaggi deboli, ad eccezione di Odoacre, e la sovranità monetaria viene ceduta ai Visigoti: gli archeologi hanno infatti ha ritrovato monete visigote, differenti da quelle precedenti, dell’ex Impero Romano. Con Teodorico la moneta cambia ancora: il cambio della moneta caratterizza la storia politica fino a Carlo Magno ed oltre. D’argento erano invece le monete di secondo livello, in uso nel commercio e non presso i nobili: l’argento si rivolge a mercanti ed a classi sociali estranee alla gestione politica dell’impero; quindi abbiamo meno cambi di conio. Il terzo livello di moneta, quello del rame, è legato allo scambio minimo, più modesto, per comprare il pane, e presentano una vasta gamma di conii per le esigenze delle classi sociali meno abbienti. Unico scambio è la moneta: la circolazione fiduciaria ancora non esiste, caratterizzerà l’età moderna. Durante la guerra greco-gotica la circolazione monetaria è tuttavia carente e riprende alla fine del conflitto. Le monete materialmente deboli sono quelle in bronzo, che si spezzano facilmente e devono quindi essere riprodotte. Il terzo livello, quello delle classi meno abbienti, è quello più importante perché è il più diffuso ed è quello che sostiene l’economia. Non ci sono pervenute monete di carta, anche se alcune fonti parlano della circolazione di monete non coniate. Quando all’Impero manca la materia prima del bronzo, si delegano privati, che spesso producono materiali in una lega di pessima qualità, che spesso si spezzano e devono essere nuovamente riprodotte. Teodorico riordina il sistema monetario al punto tale che alcuni studiosi hanno parlato di “riforma teodoriciana” (anche se impropriamente, secondo il relatore). Sulle monete di Teodorico si rappresentano immagini di vittorie militari tese ad esaltare l’imperatore, ma anche icone riprese dalla romanità, come la lupa o l’aquila, immagini che circolavano nella Roma repubblicana. In ambito monetario non si può quindi propriamente parlare di Medioevo, si rimane ancora fortemente legati alla romanità, come, del resto, anche in ambito giuridico-politico. la moneta che circola presso i Franchi riprende icone bizantine: ciò sarà cancellato definitivamente solo con Carlo Magno.

Flavia Frauzel, Center of Ancient Mediterrean and Near Eastern Studies
The Ostrogoths during and after the war against Justinian: data from epigraphy.
Si sono ritrovati molti reperti di epigrafia romana ed alto-medievale a Tortona ed a Civitavecchia, a San Pietro a Corte (Salerno) si tratta soprattutto di iscrizioni cimiteriali, come quelle ritrovate a Salerno sulla tomba di Teodolinda. Proprio presso Salerno vi è infatti un’importante necropoli ostrogota: sono prevalentemente iscrizioni del VI secolo, come quella nella Chiesa di Santa Maria Nunzia del Borgo, in Vaticano. Molti sono i ritrovamenti in lingua ostrogota tra la seconda metà del VI e la prima metà del VII secolo, come a Monte Sant’ Angelo.

Neil Christie, University of Leicester,
Urban trajectorie in post-Reconquest Italy, c. 535-600.
Tra il 535 il 600, dopo la guerra, Procopio, Gregorio I e Paolo Diacono costituiscono le fonti principali sulla demografia nelle città della penisola italiana, ma anche sulle mura e le torri difensive. Procopio ci parla di prigionieri e dei massacri dei civili durante la guerra, che comunque danneggiò in modo minore la Sicilia ed il mezzogiorno d’Italia. La cattedrale di Barletta, del 540, è una chiesa alto-medievale. Il governatore e generale Narsete disse di avere ristrutturato molte città, restituendole al loro antico splendore, come quelle di Pesaro e di Ancona, nelle Marche: costruì muri, ponti e porti. La guerra distrusse l’economia delle città e dei centri rurali del centro-nord, ad eccezione di Ravenna, ovviamente, centro politico e culturale dell’impero: la chiesa di San Severo in Classe rappresenta questo splendore. Durante il regno ostrogoto furono colonizzate e fortificate città e cittadella del Nord Italia, come Trento, Grado e Genova. Le distruzioni apportate dalla guerra greco-gotica hanno causato i principali problemi alle ricostruzioni archeologiche in Lombardia. Nobili, come conti e duchi, e vescovi, diedero un contributo fondamentale all’urbanistica, come testimoniato dalla costruzione delle strade.

11.30 Fabrizio Oppedisano, Scuola Normale Superiore
Il senato romano tra guerra e dopoguerra.
Il Senato Romano, afferma Procopio, non è pronto per la guerra: i contadini accolgono Totila, che promette loro la terra. Anche illustri cittadini romani erano completamente impreparati ad affrontare la guerra, come i nobili. Procopio scrive in greco. I Romani, come sottolinea Cassiodoro, mal sopportano Teodato. Il Senato non è coeso: molti, come lo stesso Cassiodoro, sono ancora fedeli ai Goti, che hanno ucciso Belisario, il quale aveva bandito dal Senato alcuni senatori fedeli ai Goti; molti fuggirono in Dalmazia o a Costantinopoli. Il cardinale Mazzarino, alla fine del Seicento, vede nella guerra greco-gotica uno dei pochi esempi di evoluzione dal mondo antico al Medioevo. Molti senatori si rifugiano in San Pietro, molti altri vengono uccisi, altri ancora fuggono a Costantinopoli, come Decio e Cassiodoro: fu una vera e propria “diaspora senatoriale”, che culminerà con l’estinzione del senato, smentendo così le tesi di Parravicino, Fedele ed Arrigo Solmi, i quali sostenevano una continuità del Senato Romano nel Medioevo. Il Senato si limita a deliberare su questioni di interesse regionale. Giustiniano, sconfitti Totila (che nelle iconografie del tempo, quando distrugge le mura di Firenze, è identificato con Attila) prima e Teia dopo, vuole rifondare l’impero, vede la sua vittoria come la vittoria dei Romani sui barbari, vuole incarnare la romanità: è questa anche la tesi di Andrea Giardina. Con la Pragmatica Sanctio (554) Giustiniano vuole ripristinare l’equità fiscale e legale precedente ai Goti: consentì ai senatori di spostarsi da Roma (i senatori non potevano infatti lasciare le capitali). Nel XII capitolo della Pragmatica Sanctio stabilisce che i senatori sarebbero stati nominati dai vescovi nelle rispettive province: in tal modo i senatori perdono il loro potere centrale e si attua un decentramento politico. Nel Senato compaiono nomi nuovi, nomi stranieri, come illustra ancora Cassiodoro, ed il Senato non è più portavoce della classe regionale romana, non esprime alcun potere centrale ed assume sempre più una funzione periferica.

Hendrik W. Dey, Hunter College,
Rome after the end of the Gothic war.
Dopo la guerra non abbiamo precisi dati demografici sulla popolazione, ma non si pensa, in base alle scarse fonti pervenuteci, che ci sia stata una flessione demografica rispetto a prima, come afferma Cassiodoro, che ci riporta, anche nel dettaglio, il costo della carne di maiale e di manzo a Roma nel 530, quando la popolazione romana era di circa 60000 abitanti. La popolazione romana oscilla tra i 50000 e gli 80000 abitanti negli anni compresi tra la seconda metà del IV secolo e la prima metà del VII secolo. Con Teodorico la quantità di grano circolante a Roma poteva sfamare al massimo 4000 persone. Nel 535 i Bizantini conquistano la Sicilia ed incrementano la produzione di grano, a differenza di quanto avevano fatto i Goti a Roma e la Sicilia diventa prima il granaio di Roma e poi di tutto l’Impero bizantino. Giustiniano incrementa la distribuzione di grano a Roma. L’imperatore Giustino II, in seguito farà inviare grano dall’Egitto a Roma e Gregorio I prosegue la politica giustinianea di fare arrivare grano all’Urbs dalla Sicilia, perché a Roma la carestia è gravissima e la gente si ciba di erbacce.
Gli scavi del VI secolo portano alla luce icone di Giustiniano, durante o subito dopo la guerra ed alla fine del VII secolo, nelle scritte delle chiese romane si ritrovano molte anfore.
Sul piano topografico non si registrano particolari sconvolgimenti durante il regno ostrogoto, tranne qualche ristrutturazione al tempio capitolino, alle mura aureliane ed a Porta Flaminia. Non ci sono altri interventi, come sottolinea Cassiodoro. Con i Bizantini proseguono i lavori di ristrutturazione, come attestato dagli archeologi nel 1867, ristrutturazioni del Vallo Aureliano, del Ponte Nomentano, dell’Ateneo, delle chiese di Santa Maria in Domnica, di San Martino ai Monti, di Santo Stefano Rotondo, di San Pancrazio e di Sant’Agnese, dei Santissimi Apostoli, di San Lorenzo e di San Pietro in Vincoli: queste ultime tre basiliche sono state costruite durante il regno di Giustiniano. Anche se molte di queste chiese oggi non esistono più, rivelano la stretta collaborazione, durante il regno di Giustiniano, tra Chiesa e Stato:emerge proprio la volontà, da parte dei Bizantini, di far rinascere Roma.

Vincenzo Fiocchi Nicolai, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’
Moverunt sanctis bella nefanda. Santuari martiriali e aree funerarie a Roma all’epoca della guerra greco-gotica.
Totila avrebbe voluto distruggere definitivamente Roma, ma la città mantiene intatta la sua struttura monumentale, anche grazie all’appello presente in una lettera scritta da Belisario a Totila, in cui lo implorava di non distruggere Roma, come ci riporta Procopio. Nel 536-37 tuttavia si piangono le distruzioni apportate durante l’assedio di Vitige; i Goti recavano rispetto verso i luoghi religiosi, e le chiese romane, anche quelle fuori dalle mura, furono rispettate. Nel 537 era intanto stata presa Napoli. Ma non fu sempre così: papa Gregorio Magno ci parla delle violenze subite dal vescovo di Tivoli, ad esempio. Anche durante l’assedio di Totila furono depredate le zone fuori le mura ed ovunque ci furono scontri, presso le porte di Roma: l’ostilità non era certo per motivi religiosi, ma solo per far bottino delle proprietà dei nemici vinti. I Goti saccheggiarono anche le tombe durante il lungo assedio di Vitige, come sottolinea papa Vigilio.
Emergono, ancora oggi, riscontri delle ristrutturazioni operate da Vigilio, come nella catacomba di Sant’Ippolito, sulla via Tiburtina, e nel cimitero sottostante. In questo caso sono possibili dettagliati riscontri archeologici attestanti i danni subiti dai Goti durante la guerra e degli interventi di restauro effettuati in seguito dai papi.
La guerra greco-gotica incentivò la prassi, già viva nel V secolo, di seppellire in città: su questa tesi concorda anche Giardina. Emerge quindi un maggior rispetto religioso per i morti, che vengono sepolti nelle chiese urbane e suburbane: tale procedura non si interrompe durante il conflitto, come ha osservato De Rossi. I papi, a partire dal VII secolo, costruiscono altre chiese suburbane, ma di dimensioni più ridotte perché sono destinate quasi esclusivamente alla venerazione dei santi e non alle sepolture.

Enrico Cirelli, Alma Mater Studiorum Università di Bologna,
Le trasformazioni di Ravenna e delle città italiane dopo la fine della guerra di Giustiniano.
Ravenna Bizantina è sempre stata mitizzata: tale mito affonda le sue radici nella storia. Santo Stefano è una stupenda chiesa costruita durante il periodo giustinianeo, ma non ci è pervenuta, la conosciamo solo dagli arredi e dalle anfore che sono state ritrovate. Tantissime sono infatti le anfore ritrovate a Ravenna e nel Nord Italia, ma a Ravenna ci sono anche chiese ostrogote straordinarie, quindi è limitativo definirla una “città bizantina”. A Ravenna arrivano anche tantissimi marmi, sia durante che dopo la guerra greco-gotica. Molti ritrovamenti provengono da Senigallia, nelle Marche, ove avvengono anche molti scontri durante la guerra. Moltissime sono le anfore provenienti dal porto di Ancona, databili tra il VII e l’VIII secolo. Nelle Marche si possono distinguere due zone, una longobarda ed una bizantina, separate quasi da un “parallelo geografico”. Tra VII e VIII secolo, tra Emilia Romagna e Marche, nascono delle vere e proprie imprese produttive della ceramica. A Ravenna c’è anche un monastero greco, bizantino è il Battistero degli Ariani. Tra VI e VII secolo vengono lavorati molto avorio e molti marmi, per volontà dell’aristocrazia bizantina. Attorno alla città di Classe (Ravenna) e nelle aree portuali si sono ritrovati anche diversi cimiteri; tantissime Anche le monete ritrovate, di varia tipologia.

Ignazio Tantillo, Università degli Studi di Napoli L’Orientale,
L’ultima corte dell’Italia romana: Ravenna ostrogota.
Nel 526 a Ravenna regnava Teodorico, circondato da ricchi funzionari provenienti da nobili famiglie romane. Agilulfo aveva aperto una “parentesi romana”, ma è solo una parentesi, chiamata in seguito “estate dei morti”. Ciò che avviene in seguito non è infatti minimamente paragonabile a tale parentesi. Teodorico non cambiò quasi nulla rispetto alla precedente amministrazione romana, si limitò a snellire numericamente la Corte: il personale è romano, con pochissime eccezioni, mentre più nell’ombra rimangono i notai. Il Prefetto a Pretorio godeva invece di una maggiore autonomia e, pur abitando a Ravenna, aveva un suo palazzo. Il capo dei domestici è diventata una carica onoraria, mentre Goti sono gli “spatari”, alle dirette dipendenze del sovrano. La corte di Teodorico la si può definire, per il relatore, come una corte romana in cui il comparto militare ha preso il sopravvento. A Costantinopoli i rapporti tra centro e periferie erano mediati da una serie di figure che a Ravenna sono scomparse perché Teodorico vuole governare direttamente. Il palazzo del sovrano, a Ravenna, ha lo scopo di impressionare chi lo visita: Teodorico siede sul trono, forse con lo scettro, per mostrare lo splendore del suo potere, mentre i suoi funzionari stavano in piedi, era vestito di porpora e veniva venerato come un imperatore. Permangono certe figure, come il “Magister Officiorum”, che presenta al re chi ha diritto ad essere ricevuto, o il “Cura Palatii”. Il re si alza in piedi solo quando entra il Prefetto a Pretorio, almeno fino a Teodosio II, e il prefetto afferma Cassiodoro, riceve “l’omaggio dell’adoratio”, viene adorato. Quando il prefetto entra nel suo palazzo, i dignitari si inginocchiano in segno di ossequio. Tale pratica era in uso anche presso i Burgundi: è il caso di Ariulfo, figlio di un militare, accolto tra i domestici in Germania dove vive e muore, a Treviri, in Renania. I giovani di buona famiglia, presso Teodorico, crescono infatti a corte, malgrado non ci sia traccia sul fatto se restino a corte da anche da adulti. Rispetto all’età romana, la Corte ostrogota sperimenta nuovi modi di vivere a corte, assomigliando, in questo modo, assai più alle corti dei Visigoti e dei Merovingi.

L’eredità di Giustiniano. L’ultima guerra dell’Italia romanaultima modifica: 2019-10-24T21:52:49+02:00da m_200
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