L’Umanesimo quattrocentesco in Italia

L’UMANESIMO QUATTROCENTESCO IN ITALIA.

 

A) Caratteri generali della corrente.

Per Umanesimo s’intende letteralmente un periodo di risveglio e di rinascita dell’uomo, da un certo torpore medievale, avvenuto fra la fine del Trecento e la fine del Quattrocento.

Il rapporto tra Medioevo ed Umanesimo non è solo di contrasto, come si pensava nell’Ottocento, ma anche di continuità e tradizione. Per quanto animato da un profondo sentimento religioso, il Medioevo ha conosciuto una ripresa del fervore umano nell’età comunale, caratterizzata dalla crisi del sistema feudale e delle due strutture politiche universalistiche, Impero e Papato. Nel Trecento, Petrarca e soprattutto Boccaccio con il Decameron, esprimono già una nuova concezione della vita umana: il Decameron è infatti una “ commedia umana “ che si può contrapporre a quella “ divina “ di Dante, la cui struttura gerarchica, simmetrica e granitica era perfettamente rispondente allo spirito del Medioevo.

L’Umanesimo nasce in Italia fra Tre e Quattrocento e si diffonde in Europa: è caratterizzato da una vivacità ed originalità di interessi e da una visione laica ( ma non atea) della realtà e della vita. L’uomo è libero artefice e padrone di sé stesso e del suo destino ( “ homo faber fortunae suae est ” ), non è più legato alla trascendenza, ma all’immanenza. Non si tratta tuttavia di un’età atea: si pensi che un grande umanista come Silvio Enea Piccolomini divenne papa con il nome di Pio II. Firenze, Ferrara, Napoli e Roma sono i nuovi centri della cultura umanistica. L’uomo, in questa concezione, diventa la migliore creatura divina e per questo la ragione umana, offuscata da un certo oscurantismo clericale medievale, riconquista la propria dignità: l’Uomo è l’anello di congiunzione nella catena tra Dio e la Natura. I classici greci e latini vengono tradotti in volgare, studiati e diventano modelli ideali a cui ispirarsi: questo tuttavia sarà anche un aspetto negativo dell’Umanesimo, in quanto comporterà una certa mancanza di originalità per premiare il canone dell’imitazione. L’Umanesimo, come si è detto, nasce in Italia alla fine del Trecento, già anticipato da Petrarca e Boccaccio, che possiamo considerare “ pre-umanisti “, e si sviluppa per tutto il Quattrocento: nel Cinquecento, il Rinascimento costituirà la naturale prosecuzione di questo movimento. In campo linguistico, nell’Umanesimo il latino viene considerato modello di ideale purezza, non il latino medievale, finalizzato all’uso liturgico, bensì quello classico, di Roma, di Cesare e Cicerone.

Sul piano storico, l’Umanesimo è caratterizzato da due date fondamentali, il 1492, anno della scoperta dell’America, ma anche della caduta di Granada, ultima roccaforte araba in Spagna, e della morte di Lorenzo il Magnifico, grande umanista, ed il 1494, anno dell’invasione di Carlo  VIII di Francia in Italia. Mentre l’Italia è infatti politicamente debole e divisa in Stati regionali in lotta tra loro ( Firenze, Napoli, Roma, Milano), all’estero si consolidano forti le monarchie nazionali unitarie (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Russia, Polonia in Europa, e, fuori dell’Europa, persino la Mongolia ). Il ‘400, per l’Italia, è quindi un secolo contraddittorio: aureo sul versante artistico e letterario, debole su quello politico. Tra le invenzioni di questo periodo dobbiamo ricordare innanzitutto quella dei caratteri stampati da parte del tedesco Giovanni Gutemberg: il primo libro stampato a Venezia è la Bibbia, destinato a diventare anche quello più diffuso. L’invenzione della stampa incide sul rapporto tra autore e lettore e conia una  nuova figura di intellettuale: aumenta l’alfabetizzazione e si cominciano a pubblicare tantissimi libri, che nel Medioevo erano monopolio solo dei chierici e dei monaci. La trasmissione della cultura avviene tramite un’altra via, laica, e non più grazie all’esclusiva opera degli amanuensi. L’intellettuale del Medioevo è un intellettuale specializzato in settori specifici: si pensi a Dante nella poesia, a Giotto nella pittura; l’intellettuale dell’Umanesimo è una figura poliedrica, capace di spaziare in diversi campi dello scibile: si pensi ad un genio come Leonardo da Vinci o a Leon Battista Alberti, architetto, musicista, letterato, pedagogista.  Altra importante invenzione è quella della polvere da sparo, che avrà dirette ripercussioni in campo militare, nella balistica. In sede pittorica l’uomo scopre la prospettiva ( solo parzialmente anticipata da Giotto nel Trecento ) e domina quindi lo spazio; nell’architettura si passa da una visione teocentrica, rappresentata dall’arco “ a sesto acuto “, ad una dimensione antropocentrica, simboleggiata dall’arco “ a tutto sesto “.

Nell’Umanesimo distinguiamo due fasi: il primo ‘400, caratterizzato da un forte impegno civile, erede dell’ambiente comunale; il secondo ‘400, in cui l’Umanesimo si trasforma da civile a cortigiano, contemplativo, filosofico, artistico e letterario. Ne segue la protezione, da parte di principi e papi di letterati ed artisti. Lo studio del passato, per gli umanisti, deve servire come guida per il presente e per le composizioni future: sono, questi studi, i “ Liberalia studia “ ( “ studi liberali”), gli “ Studia humanitatis “ ( “ studi umani “ ) e le “ Humanae litterae “ ( “ Umane lettere “ ), consiste in questo l’importanza della filologia ( traduzione ). Il mondo classico non è più solo imitato formalmente, ma diventa modello ideale di vita: particolarmente vivo fu il culto di Cicerone (“ciceronianesimo “ ) con Valla a Roma e Poliziano a Firenze.

B) Interpretazioni critiche sull’Umanesimo.

Tra i maggiori studi critici sull’Umanesimo si ricordino quelli di orientamento cattolico, come il francese Gilson e l’olandese Huizinga ( autore del noto testo L’autunno del Medioevo, in cui si presenta l’Umanesimo come un periodo di crisi rispetto al precedente Medioevo e si difende il Medioevo come periodo glorioso rispetto all’ “ autunno “ successivo ), e quelli marxisti, quali Eugenio Garin ( L’educazione in Europa. 1400/1600, uno studio di carattere pedagogico ), Antonio Gramsci, Burckardt, Kristeller, Procacci. La critica marxista ha dato un contributo speciale al settore artistico con Argan ed Hauser ( Storia sociale dell’arte ).

C) I centri umanistici in Italia.

I) Firenze.

L’ambiente ideale per lo sviluppo dell’Umanesimo, a Firenze come negli altri centri, è la corte: i principi, in questo caso i Medici, incoraggiano e proteggono le lettere ( mecenatismo ). A Firenze viene meno l’aspetto politico-sociale e si fa più vivo quello contemplativo. L’ambiente culturale fiorentino è influenzato da Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Leon Battista Alberti e sfocia nell’ “ Accademia Platonica “ fondata da Marsilio Ficino e nell’Università di Firenze. Uno dei massimi esponenti dell’Umanesimo fiorentino fu Lorenzo de’ Medici, detto “ il Magnifico “ per la vasta gamma dei suoi interessi e lo splendore della sua corte. Si elogiano i classici, si celebra la dignità umana, si presta attenzione per la forma e si mostra un aristocratico distacco dai contenuti, che vengono osservati “ dall’alto “. Lorenzo si allontana dall’immagine tipica dell’intellettuale umanista: il suo eclettismo gli consentì di essere uomo politico, poeta, artista e protettore di artisti e poeti al tempo stesso. Attinge la sua cultura da diverse tradizioni: figlio di Lucrezia Tornabuoni e di Cosimo il Vecchio, fu discepolo di Marsilio Ficino e di Cristoforo Landino. Divenne signore di Firenze ed arricchì la sua corte di artisti come Sandro Botticelli e Ghirlandaio e di poeti come Angelo Poliziano e Luigi Pulci. Politicamente, attraversò un momento difficile con la congiura dei Pazzi (1478): la famiglia Pazzi raccolse attorno a sè tutte le correnti politiche fiorentine antimedicee e lo stesso Giuliano dei Medici, fratello di Lorenzo, fu assassinato in cattedrale. E’ impossibile intravedere una linea continuativa nella produzione laurenziana: la contraddittorietà è l’elemento tipico della letteratura di Lorenzo. La data della congiura dei Pazzi può essere presa come data simbolica di svolta nella produzione di Lorenzo: mentre prima del 1478 Lorenzo si era dedicato a poemetti comico-realistici di tipo rusticano, quali la Nencia da Barberino ( tratta dell’amore non corrisposto e cantato con toni ironici del pastore Vallèra per la sua Nencia, una contadina), in seguito si volse a temi più colti e severi, quali sacre rappresentazioni e letteratura devozionale-religiosa. Tra le composizioni più felici ricordiamo le Canzoni a ballo ( canzoni musicate ed accompagnate dalla danza) ed i Canti carnacialeschi, tra cui il celebre “ Trionfo di Bacco e Arianna”,  scritti per le feste del carnevale, con stile gioioso e festoso. In particolare nel “ Trionfo di Bacco e Arianna “ si tratta un tema caro agli umanisti e ricorrente nell’Umanesimo fiorentino: quello della fugacità della vita umana, che va vissuta attimo per attimo, senza programmare il futuro, che è ignoto ed imprevedibile. Alla morte di Lorenzo ( 1492 ) seguì la crisi di Firenze.

Angelo ( o Agnolo ) Ambrogini, latinizzato in Poliziano, studioso dei trecentisti, docente di latino e greco a Firenze, scrisse in latino ed in volgare; in latino scrisse opere di carattere filologico, quali le Epistolae e le Sylvae; fu sommo filologo e conoscitore delle lingue classiche, ma al canone dell’imitazione ed al ciceronianesimo contrappose la libertà dello scrittore. Convinto del fatto che il latino non potesse superare il volgare, nella seconda fase della sua produzione poetica si dedicò alla poesia in volgare con le Canzoni a ballo (popolari e malinconiche, costituiscono un inno all’amore ed al  “carpe diem “, ovvero alla capacità di cogliere l’attimo fuggente, stesso concetto di Lorenzo e del poeta latino Orazio) e le Stanze per la giostra del Magnifico Giuliano, scritte per celebrare la vittoria ottenuta in una giostra da Giuliano, ma interrotte nel 1478, con la morte di quest’ultimo: si narra del cacciatore Julio (Giuliano), che sembra ignorare l’amore, ma mentre caccia una cerva, questa si trasforma in una bellissima ninfa ( le ninfe erano divinità minori e pertanto mortali ed abitavano presso ruscelli, boschi, caverne e luoghi bucolici), Simonetta, e lui se ne innamora. Con abile maestria Poliziano fonde cultura classica, stilnovismo e petrarchismo in un’atmosfera irreale di sogno e malinconia. Importante anche la Favola d’Orfeo: è il primo esempio di teatro non religioso in volgare, che, nella storia del teatro, segna quindi il passaggio dalla sacra rappresentazione al teatro profano. Nelle composizioni in latino, ma soprattutto in quelle in volgare, lo stile del Poliziano è dolcissimo, raffinatissimo e molto musicale.

Leon Battista Alberti fu uomo poliedrico: architetto, musico, letterato, pedagogista, come si evince dal trattato pedagogico in 4 libri Sulla famiglia. Promosse una gara di poesia in volgare, il “ Certame coronario“, con lo scopo di dimostrare la superiorità del volgare sul latino e la capacità, per la lingua volgare, di elevarsi a lingua dell’intera penisola: anche se non raggiunse lo scopo propostosi, fu comunque un evento rilevante, anche perché la data del “ Certame Coronario “ (1441) segna il passaggio tra le due fasi dell’Umanesimo. Si nota, in questa posizione dell’Alberti, l’influsso delle tesi dantesche del De vulgari eloquentia e del Convivio.

Giovanni Pico della Mirandola idealizzò la pace e la concordia tra tutte le filosofie e tutte le religioni: è l’idea della “ pax philosophica “. Nel De hominis dignitate (Sulla dignità dell’uomo) celebrò la grandezza ed il libero arbitrio umano.

Marsilio Ficino fondò l’ “Accademia Platonica”: Firenze divenne centro di studi e di traduzioni di Platone, mentre Padova divenne centro di studi e traduzioni dell’altro grande filosofo greco, Aristotele.

Luigi Pulci nasce a Firenze e frequenta la casa del Magnifico, dal quale viene protetto. Conobbe Poliziano e Ficino, ma ebbe uno spirito bizzarro ed arguto, come si nota anche dallo stile. La sua opera principale è il Morgante, un poema epico-cavalleresco in 28 canti, in cui l’epica non viene considerata seriamente: i poemi cavallereschi sono il pretesto per divagazioni comiche e realistiche. Si narra di Orlando che s’imbatte in Morgante, un gigante infedele che si converte al cristianesimo e lo segue come scudiero. Orlando torna in patria per difendere la propria terra e Morgante prosegue da solo le sue peregrinazioni, fino a quando s’imbatte in Margutte, un mezzo gigante esperto d’ogni vizio, eppure simpatico. Margutte muore soffocato dalle risa e Morgante muore per il morso di un piccolo granchio. Orlando, tradito, muore a Roncisvalle. Rinaldo cerca invano di aiutarlo, ma non vi riesce, nonostante l’aiuto del diavolo Astarotte: l’unica vendetta che Rinaldo potrà ottenere è la morte del traditore Gano di Maganza. Per la figura del diavolo Astarotte l’opera del Pulci sarà accusata di eresia e l’autore sarà sepolto in terra non consacrata. Orlando è il protagonista, ma la figura che interessa maggiormente il lettore è Morgante, proprio perché l’ispirazione dell’opera è comica e realistica, gastronomica, furfantesca. Non è, quello del Pulci, un intento volutamente eroicomico, ma è sicuramente un’accettazione bizzarra della poesia epica.

II) Roma.

Si ricordino i “ papi umanisti “ quali Niccolò V, Pio II (Silvio Enea Piccolomini) e Leone X (farà costruire la cupola di San Pietro da Michelangelo, anche se con il ricavato delle indulgenze), protettori di poeti ed artisti. Si ricordi anche Lorenzo Valla, autore di un trattato in 6 libri sull’eleganza della lingua latina.

III) Ferrara.

Nella cultura ferrarese emergono Guarino Guarini e soprattutto Matteo Maria Boiardo. Ferrara fu uno dei centri più vivi dell’Italia settentrionale tra ‘400 e ‘500, perché la signoria estense protesse le arti e le lettere. Ercole I d’Este attirò a Ferrara insigni pittori del tempo, dando vita ad una celebre scuola. Tra ‘400 e ‘500, proprio a Ferrara, si formarono i tre principali poeti di questi secoli: Boiardo nel ‘400, Ariosto e Tasso nel ‘500. L’ Orlando innamorato è il capolavoro di Boiardo: è un poema cavalleresco in ottave (l’ottava, introdotta da Boccaccio nel Filocolo, è destinata a diventare il metro classico dei poemi epico-cavallereschi tra ‘400 e ‘500 con Boiardo, Ariosto e Tasso), rimasto interrotto nel 1494, a metà del 69° canto perché Boiardo inizia a scrivere versi contro la discesa di Carlo VIII di Francia nel ducato di Milano e poco dopo, nello stesso anno, muore. L’opera viene pubblicata infatti postuma, nel 1495, un anno dopo la morte del poeta. Ariosto, nel ‘500, riprenderà, nell’Orlando furioso, la trattazione del poema dal punto in cui è rimasto interrotto. Nell’opera del Boiardo sono fusi i due cicli cavallereschi del Medioevo, quello carolingio e quello bretone. L’opera tratta di Angelica, la bella figlia del re del Catai, che, giunta alla corte di Carlo Magno, sfida i cristiani a duello con suo fratello Argalìa, promettendosi in sposa al vincitore. Ma nessuno sa che le armi di Argalìa sono fatate e che Angelica vuole sottrarre i più valorosi cavalieri a Carlo Magno. Argalìa muore ed Angelica fugge, ma viene fermata da Agricane, re dei Tartari, sotto la rocca di Albracà. Orlando combatte intanto contro il cugino Rinaldo per Angelica, poiché entrambi sono innamorati di lei: Rinaldo per magia, perché ha bevuto ad una fonte incantata, che prima gli ha fatto odiare Angelica, ma poi gliela ha fatta amare ardentemente ( è il noto episodio della fontana dell’odio e dell’amore). Orlando e Rinaldo, infiammati d‘amore per Angelica, vengono divisi da Carlo Magno, che affida la fanciulla al duca Namo di Baviera, che la custodisce nella sua tenda. Qui la narrazione si interrompe e da questo punto la riprenderà Ariosto all’inizio del secolo successivo. Boiardo, in quest’opera dai numerosi episodi, esalta l’operosità umana, il coraggio, la cortesia, la generosità d’animo, lo spirito d’avventura, l’amore, lo spirito cavalleresco. La lingua del Boiardo è molto originale: usa prevalentemente il toscano, anche se non mancano vocaboli lombardi ed emiliani.

IV) Mantova.

Si ricordi Vittorino da Feltre, protetto dai Gonzaga.

V) Napoli.

A Napoli, grazie agli Aragonesi (famiglia spagnola succeduta a quella francese degli Angioini) si strinsero i contatti con la Spagna e ciò contribuì ad inserire l’Umanesimo italiano nel più ampio respiro della cultura europea. Alfonso il Magnanimo è protettore di artisti e poeti. L ’Umanesimo napoletano si sviluppa sul piano della filologia e della letteratura e non su quello dell’impegno civile: la cultura napoletana è essenzialmente legata al modello dei classici.

Giovanni Pontano scrisse poesie e prose in latino e diede impulso all’ “Accademia Pontaniana “, fondata dal Beccadelli. Nel De amore coniugali ( Sull’amore coniugale ), con versi commoventi e tenui affronta il tema della tragedia familiare: parla della morte dei figli Lucio e Lucia ed anche la natura ( il giardino ) partecipa al dolore del poeta; in Pontano il latino acquista una dimensione poetica viva.

Anche Jacopo Sannazzaro nacque a Napoli e visse nell’ambiente aragonese; compose in latino ed in volgare. Da ricordare il De partu  Virginis ( Sul parto della Vergine ) rievoca, in 3 libri, la nascita di Cristo, portatore di pace, giustizia, fratellanza umana. Da qui la necessità di rifugiarsi in un mondo ideale di perfezione interiore e di fuggire dalla realtà, avvertita come dolore. L’opera principale del Sannazzaro è comunque l’Arcadia, un romanzo pastorale misto di versi e prose, costituito da 12 prose e 12 poesie. Il protagonista è il pastore Sincero ( proiezione dell’autore stesso ), che, non corrisposto in amore, si reca nella regione greca dell’Arcadia e vive la vita semplice degli abitanti del luogo. Un sogno lo induce a tornare a Napoli, dove apprende che la fanciulla amata è morta.

D) Due personalità d’eccezione: Leonardo da Vinci e Girolamo Savonarola.

I) Leonardo da Vinci.

Leonardo, fin da ragazzo frequentò la bottega del Verrocchio. Fu matematico, filosofo, letterato, artista, ingegnere, un vero uomo dell’Umanesimo, una figura poliedrica. Fu particolarmente propenso per l’aritmetica e la geometria. Lavorò a Milano, Firenze, Venezia, Roma. A Roma dipinse “ La Gioconda “. Morì in Francia alla corte di Francesco I. Il genio di Leonardo vibra in manoscritti di ogni genere. Da ricordare i disegni contenuti nel Codice Atlantico ed i Pensieri, opera filosofica. Nasce con Leonardo una nuova concezione della natura: l’uomo domina la natura e può scoprirne le leggi. In questo senso si può affermare che Leonardo anticipa la nascita della scienza moderna che avverrà con Galileo Galilei nel primo ‘600. Per Leonardo il senso dell’Umanesimo consiste proprio nella lotta tra l’uomo, avido di conoscere, e la natura, attaccata ai suoi segreti.

II) Girolamo Savonarola.

Girolamo Savonarola nacque a Ferrara ed entrò nell’ordine domenicano. Dal pulpito di San Marco e di Santa Maria del Fiore di Firenze lanciò infuocate prediche contro i fiorentini, gli eretici e la corruzione della Chiesa del papa Alessandro VI Borgia, uomo di nota spregiudicatezza politica e morale. Nel 1494 a Firenze cade il governo mediceo ed il frate domenicano s’impegnò politicamente divenendo l’animatore di una repubblica a carattere morale, contro la corruzione pontificia. Nella ricchezza borghese e nello sfarzo delle corti Savonarola vide peccato e corruzione. Persino le opere d’arte furono considerate inutili e soprattutto pericolose per la salute dell’anima; bruciò libri come il Morgante del Pulci. Nel 1498 fu accusato di eresia dal papa Alessandro VI ed arso sul rogo in piazza della Signoria a Firenze. Sul piano letterario Savonarola ci ha lasciato opere di carattere ascetico, lettere e le Prediche, che presentano una visione apocalittica: queste ultime costituiscono una sorta di trattato politico sul governo fiorentino ed anche sul piano linguistico il tono acceso ed appassionato ne fanno un’opera di grandezza letteraria, forza spirituale e indiscusso valore artistico. Sognò una repubblica basata sullo spirito evangelico, storicamente impossibile: tali idee utopistiche, contro la corruzione della Chiesa, furono però anticipatrici della Riforma luterana ed ancor prima di Lutero furono riprese da un grande umanista e filologo tedesco nella sua principale opera: L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam.

 

L’Umanesimo quattrocentesco in Italiaultima modifica: 2015-05-18T17:49:18+02:00da m_200
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