Testi dell’Illuminismo

ILLUMINISMO: TESTI.

1)Immanuel Kant,  “ Che cos’è l’Illuminismo ?” (E’ un articolo pubblicato da Kant nel 1784 su una rivista mensile berlinese).

“L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a sé stesso. Minorità è l’incapacità si servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stessi è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e di coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! E’ dunque questo il motto dell’Illuminismo. La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo fatti liberi da direzione estranea, rimangono ciò nondimeno volentieri per l’intera vita minorenni, per cui riesce facile agli altri erigersi a loro tutori. Ed è così comodo essere minorenni! (…).

Sennonché a questo rischiaramento non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Ma io odo da tutte le parti gridare: << Non ragionate! >> L’ufficiale dice: << Non ragionate, ma fate esercitazioni militari>>. L’impiegato di finanza: << Non ragionate, ma pagate! >> L’uomo di chiesa: << Non ragionate, ma credete! >> Qui v’è, dovunque, limitazione della libertà.”.

2)Voltaire, dal Dizionario filosofico, voce “Fanatismo”.

“Il fanatismo sta alla superstizione come il delirio sta alla febbre ed il furore alla collera. Chi ha estasi, visioni, chi prende i sogni per realtà e le fantasie per profezie, è un entusiasta; chi sostiene la propria follia con il delitto è un fanatico (…) .

Il più detestabile esempio di fanatismo è quello dei borghesi di Parigi, che nella notte di San Bartolomeo corsero ad assassinare, scannare, gettare dalle finestre, fare a pezzi i loro concittadini che non andavano a messa (…). Una volta che il fanatismo ha incancrenito un cervello, la malattia è quasi incurabile. (…) . Non c’è altro rimedio a questa malattia epidemica che lo spirito filosofico che, diffondendosi da un luogo all’altro, finisce con il mitigare i costumi e con il prevenire gli attacchi del male: infatti, non appena questo male progredisce, bisogna fuggire ed aspettare che l’aria si sia purificata. Le leggi e la religione non bastano contro la peste degli animi; la religione, lungi dall’essere per loro un alimento salutare, si trasforma in veleno nei cervelli infetti (…).

Che rispondere a un uomo che vi dice che preferisce obbedire a Dio che agli uomini e che quindi è sicuro di meritare il cielo sgozzandovi?

Sono comunemente i farabutti a guidare i fanatici ed a metter loro il pugnale in mano; rassomigliano a quel Vecchio della Montagna che faceva, dicono, gustare le gioie del paradiso a degl’imbecilli, promettendo l’eternità di quei piaceri di cui aveva loro offerto un assaggio, a condizione che andassero ad assassinare tutti quelli che avrebbe indicato. Non c’è stata che una sola religione al mondo che non sia stata insozzata dal fanatismo: quella dei letterati cinesi. Le sette dei filosofi erano non solo immuni da questa peste, ma ne costituivano il rimedio: infatti, l’effetto della filosofia è di rendere l’animo sereno, mentre il fanatismo è incompatibile con la serenità. Se la nostra santa religione è stata così spesso corrotta da questo furore infernale, è con la follia degli uomini che bisogna prendersela”.

3)Voltaire, dal Dizionario filosofico, voce “Patria”.

“E’ triste che spesso, per esser buoni patrioti si debba essere nemici del resto degli uomini. Catone il censore, da buon cittadino qual era considerato, era solito ripetere in Senato: << Carthago delenda est! >>.

Esser buon patriota significa augurarsi che la propria città si arricchisca con il commercio e sia potente con le armi. E’ chiaro che un pese non può vincere senza che un altro perda e che non può vincere senza fare degli infelici.

Tale è dunque la condizione umana: augurarsi la grandezza del proprio paese vuol dire augurarsi il male dei propri vicini. Chi volesse che la sua patria non fosse mai né più grande, né più piccola, né più ricca né più povera, sarebbe cittadino del mondo”.

4)Charles Louis de Secondat de Montesquieu, da L’Esprit del lois.

“Esistono tre specie di governo: il repubblicano, il monarchico e il dispotico. Per scoprirne la natura è sufficiente l’idea che ne hanno gli uomini comuni. Do per ammesse tre definizioni, o piuttosto tre fatti: il governo repubblicano è quello in cui il popolo nella sua totalità, o una parte di esso, possiede il potere sovrano; il monarchico è quello in cui uno solo governa, ma in base a leggi fisse ed immutabili; mentre in quello dispotico governa bensì uno solo, ma senza legge e regola, decidendo ogni cosa in base alla sua volontà e al suo capriccio. Ecco ciò ch’io chiamo la natura di ogni governo. Bisogna ora vedere quali sono i tre princìpi etici fondamentali dei governi suddetti: essi ne derivano naturalmente (…). La virtù è il principio fondamentale della repubblica, come l’onore è il principio fondamentale della monarchia e la paura è il principio fondamentale del governo dispotico (…). Come in una repubblica occorre la virtù e nella monarchia l’onore, così nel governo dispotico ci vuole la paura (…): la paura deve abbattere tutti i coraggi, spegnere anche il più debole senso d’ambizione (…).

In ogni Stato esistono tre tipi di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose dipendenti dal diritto delle genti e il potere esecutivo delle cose dipendenti dal diritto civile.

In forza del primo, il principe o il magistrato fa leggi, aventi una durata limitata o illimitata, e corregge o abroga quelle già fatte. In forza del secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve ambasciate, garantisce la sicurezza, previene le invasioni. In forza del terzo, punisce i delitti o giudica le cause tra privati. Chiameremo quest’ultimo il potere di giudicare, e l’altro semplicemente il potere esecutivo dello Stato.

La libertà politica in un cittadino è quella tranquillità di spirito che deriva dalla persuasione che ciascuno ha della propria sicurezza; perché si goda di tale libertà, bisogna che il governo sia in condizione di liberare ogni cittadino dal timore degli altri.

Quando in una stessa persona o nello stesso corpo di magistrati, il potere legislativo è unito al potere esecutivo, non c’è più libertà; perché sussiste il legittimo sospetto che lo stesso monarca o lo stesso Senato possa fare leggi tiranniche per poi tirannicamente farle eseguire.

Così non c’è più libertà se il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo. Infatti se fosse unito al potere legislativo, ci sarebbe una potestà arbitraria sulla vita e la libertà dei cittadini, in quanto il giudice sarebbe legislatore. Se poi fosse unito al potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza d’un oppressore.

Tutto sarebbe perduto infine, se lo stesso uomo o lo stesso corpo dei governanti, dei nobili o del popolo, esercitasse insieme i tre poteri: quello di fare leggi, quello di eseguire le pubbliche risoluzioni, e quello di giudicare i delitti o le cause tra privati”.

5)Jean-Jacques Rousseau, da Il contratto sociale o princìpi di diritto politico (incipit).

“L’uomo è nato libero, ma in ogni luogo egli è in catene (…). Da quando l’uomo, occupato un pezzo di terra, disse << Questo è mio! >> finirono la libertà, la fraternità e l’uguaglianza ed iniziò la schiavitù (…). Il problema è dunque di trovare una forma di associazione che difenda e protegga con tutta la forza comune la persona ed i beni di ciascun associato, e per la quale ciascuno, unendosi a tutti, non obbedisca tuttavia che a sé stesso, e resti libero come prima. Tale problema si può risolvere con un contratto sociale. La clausola fondamentale di tale contratto è l’alienazione totale di ciascun associato e di tutti i suoi diritti nelle mani della comunità; infatti, dato che ognuno si aliena completamente, la condizione è uguale per tutti; ed essendo la condizione uguale per tutti, nessuno ha interesse di renderla pesante agli altri. Ciò che l’uomo perde con il contratto sociale è la sua libertà naturale e un diritto illimitato su tutto quello che lo tenta e che può essere da lui raggiunto; ciò che egli guadagna è la libertà civile, perché l’impulso del solo appetito è schiavitù e l’obbedienza alla legge che ci siamo prescritti è libertà (…). Vi è spesso molta differenza tra la volontà di tutti e la volontà generale; questa mira soltanto all’interesse comune; l’altra all’interesse privato e non è che una somma di volontà particolari (…). I dogmi della religione civile devono essere semplici, pochi di numero, enunciati con precisione, senza spiegazioni né commenti. L’esistenza della divinità potente, intelligente, benefica, previdente e provvida, la vita futura, la felicità dei giusti, il castigo dei malvagi, la santità del contratto sociale e delle leggi: ecco i dogmi positivi. In quanto ai dogmi negativi, io mi limito a uno solo: l’intolleranza”.

6)Jean-Jacques Rousseau, da L’Emile o de l’education.

Chiamo positiva quell’educazione che mira a formare lo spirito prima del tempo, negativa quell’educazione che mira al perfezionamento degli organi, degli strumenti della nostra conoscenza, prima di darci la conoscenza e che prepara alla ragione mediante l’esercizio dei sensi; l’educazione negativa non è inattiva, tutt’altro; essa non inculca nessuna virtù, ma previene il vizio; non insegna la verità, ma preserva dall’errore; essa prepara il fanciullo a tutto ciò che può condurre al vero quando sarà capace di comprenderlo, ed al buono quando sarà capace di amarlo”.

7)Bernard de Mandeville, da La favola delle api, o vizi privati, pubblici benefici (conclusione).

“Soltanto gli sciocchi cercano di rendere onesto un grande alveare: vivere nell’agio senza grandi vizi è un’inutile Utopia nella nostra testa. Frode, lusso ed orgoglio devono vivere, finché ne riceviamo i benefici: la fame è una piaga spaventosa, senza dubbio. La semplice virtù non può far vivere le nazioni nello splendore; chi vuol far tornare l’età dell’oro, deve tenersi pronto per le ghiande come per  l’onestà”.

8)Gottfried Lessing, da L’educazione del genere umano.

“Se Dio Padre tenesse nella sua destra ogni verità e nella sinistra l’unica e sempre mobile aspirazione alla verità, sia pur con l’aggiunta di sbagliare sempre ed in eterno, e mi dicesse: << scegli >>, io mi getterei umilmente in ginocchio alla sua sinistra e direi << Padre, ho scelto, dammi questa, perché la caccia val meglio della preda! >> “.

 

 

 

Testi dell’Illuminismoultima modifica: 2015-05-18T18:58:32+02:00da m_200
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