Storia di due spade: Stato e Chiesa nei secoli

ANNO ACCADEMICO 2016/17
CONSORZIO INTERNAZIONALE EUROPEO INTERUNIVERSITARIO:
Università di Roma “La Sapienza”- Bournemouth Polytechnic (UK)
Università degli Studi di Udine – Università degli Studi di Foggia
Università degli Studi del Molise – Università degli Studi di Torino
Università degli Studi di Cassino – Università degli Studi di Camerino
Università degli Studi di Sassari – University of Chester (UK)
Università degli Studi “Guglielmo Marconi” – Università degli Studi di Bari
Universitatea “Ovidius” di Constanta (Romania)
AREA TEMATICA: DIPARTIMENTO DI SCIENZE STORICHE, FILOSOFICHE E LETTERARIE

CORSO ANNUALE POST LAUREAM DI PERFEZIONAMENTO IN STORIA (MASTER DI I° LIVELLO):

L’INSEGNAMENTO DELLA STORIA (SETTORE DISCIPLINARE: “STO”)

TESI DI PERFEZIONAMENTO IN “STORIA DELLA CHIESA”

“STORIA DI DUE SPADE: STATO E CHIESA NEI SECOLI”

PERFEZIONANDO: DOTT. MARCO MARTINI – MATR. N. 00002A17
1500 ORE DI STUDIO – 60 C.F.U.
DOCENTE TUTOR : CHIAR.MO PROF. DANIELE MAGRELLI
Dedica, memorie, saluti e ringraziamenti.
Dedico questo lavoro a tutti i miei cari estinti,
con profondo affetto, Marco
E’ mia intenzione innanzitutto onorare la memoria di Jacques Le Goff, ahimè recentemente scomparso, non solo come medievista, ma in quanto Maestro di tutti noi nella ricerca storica.
Desidero salutare e ringraziare, per la consulenza fornitami, il Chiar. mo Prof. Daniele Dinelli, già mio docente di “Storia della Chiesa” presso la “Scuola Fondamentale di Formazione Teologica” di Viareggio ed esperto medievista, senza le cui lezioni questo lavoro sarebbe stato impossibile.
Ringrazio anche il Prof. Adriano Prosperi per le sue preziose lezioni sulla Controriforma cattolica.
Saluto ancora l’insigne Dott. Prof. Alfonso Checchi, universalmente noto come Alfonsone, grande amico e storico della Chiesa in età moderna e contemporanea, studioso di chiara fama, la cui frequentazione è per me continua cagione di fregio.
E’ mia intenzione ringraziare e salutare anche i proff. Tiziana Orabona, Carlo Bertolozzi e Federica Bergonzi, già miei insegnanti alla “Scuola Fondamentale di Formazione Teologica” di Viareggio, rispettivamente di Teologia dogmatica (Cristologia e Trinitaria), Ecclesiologia e Teologia fondamentale (i primi due anche colleghi, ed in particolare Carlo, ancor prima collega che Maestro), per le loro preziose lezioni, rispettivamente sul giudeo-cristianesimo e la disputa trinitaria la prima, sulla Patristica il secondo e sui Concili Ecumenici Vaticano I e (soprattutto) Vaticano II l’ultima.
Intendo salutare e ringraziare, per i sussidi al tempo fornitimi circa la parte di questa trattazione relativa alla Chiesa primitiva, il Chiar. mo Prof. Giancarlo Gaeta, professore ordinario e già mio docente di “Storia delle origini cristiane” presso l’Ateneo fiorentino.
Colgo l’occasione per salutare tutti gli amici, i colleghi di altre discipline, di materie affini e dei miei stessi insegnamenti, i miei studenti, con i quali mi pregio di coltivare rapporti culturali ed umani anche quando, da anni, sono giunti al termine dei loro studi.
E’ mio intento ringraziare anche le 13 celebri Università ivi consorziate, delle quali 10 italiane e 3 europee (2 inglesi ed 1 romena), da me menzionate nel frontespizio-copertina, per l’ineccepibile organizzazione didattica dei Corsi e per avermi offerto l’occasione di un sì alto momento formativo!
Un ringraziamento, infine, al Chiar. mo Prof. Daniele Magrelli per l’assistenza fornitami, con costante cordialità, nella stesura di questo lavoro.
Viareggio (LU), Anno Accademico 2016/17. Marco Martini
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA STORIA DELLA CHIESA: IL METODO “STORICO-CRITICO” E LE “SCIENZE AUSILIARIE”.

La storia della Chiesa s’inserisce, in quanto storia ‘settoriale’, nel più contesto ampio della storia civile e trova riferimenti nell’ecclesiologia, che riguarda invece la visione che la Chiesa ha avuto di sé stessa nella storia (la manifestazione della Chiesa nella storia secondo il punto di vista della Chiesa stessa), ma non va confusa con questa, che è un materia teologica, e non una disciplina storica, come invece indiscutibilmente è la storia ecclesiastica. Nel corso della storia è stata tentata una mediazione tra storia della Chiesa ed ecclesiologia facendo nascere anche la disciplina dell’ecclesiologia storica, che sorge “a metà strada” tra la storia della Chiesa e l’ecclesiologia . L’ecclesiologia storica offre pertanto due punti di vista:
1. Quello storico, come storia delle vicende;
2. Quello teologico, come storia della salvezza.
La storia della Chiesa ha invece soltanto il primo dei due suddetti punti di vista, e l’ecclesiologia solo il secondo.
Discipline ‘ausiliarie’ della storia della Chiesa in particolare sono le Sacre Scritture (Antico e Nuovo testamento), la teologia, sia fondamentale che dogmatica (cristologia e trinitaria), l’ecclesiologia, la geografia storica (o geostoria) e la filosofia.
La storia della Chiesa può essere seriamente studiata sia da credenti che da non credenti, ma ovviamente cambia il punto di vista.
Compito della storia della Chiesa è quello di studiare la storia delle varie chiese cristiane e soprattutto della Chiesa cattolica, nel tempo e nello spazio geografico . La Chiesa, “muovendosi” nel tempo storico e nello spazio, sembra dar ragione al noto proverbio latino “Ecclesia semper reformata est”. Durante la Riforma protestante, ad esempio, si parlò spesso della necessità di un “ritorno alle origini”, contro la corruzione e la mondanizzazione del clero. Fino circa al Mille si parla di storia della Chiesa, in seguito di storia della Chiesa cattolica apostolica romana.
La Chiesa cattolica pretese di essere la Chiesa universale, e questo costituirà motivo di contrasto con la Chiesa orientale; la Chiesa ortodossa nasce infatti nel 1054, con il Grande Scisma d’Oriente, come si vedrà in seguito. La Chiesa afferma la propria universalità definendo il papa prima come “Vicario di Pietro” e poi come “Vicario di Cristo”.
La storia della Chiesa è una disciplina scientifica, anche se non una scienza esatta: è una scienza umana, come altre, ed è fornita di un suo metodo con il quale si rapporta al passato. Tuttavia ci si rapporta al passato con differenti approcci: lo storico non si ferma alla ricerca dei documenti. La storia della Chiesa ha utilizzato il metodo “storico-critico”, nato tra il XVI° ed il XVII° secolo e sviluppato nei secoli XVIII° e XIX°. Con l’ausilio della filologia, gli esegeti sono in grado di stabilire l’originalità o la datazione di un termine o di una variante in determinato contesto. Anche la paleografia è una scienza ausiliaria della storia, che serve nel caso di antichi documenti scritti. Alla fine dell’elaborazione dei documenti si arriva all’interpretazione o ermeneutica. Le fasi del lavoro dello storico della Chiesa sono pertanto tre:
1. Euristica: ricerca delle fonti e del materiale;
2. Critica: elaborazione ed analisi delle fonti. Si distingue in
a) esterna, ad esempio, un quadro, e
b) interna, come i documenti della Chiesa.
Nella “fase critica” la storia della Chiesa coinvolge le “scienze ausiliarie”, come la
paleografia, l’archeologia, la letteratura, particolarmente quella italiana, la filologia e
geografia storica (o geostoria). L’aspetto filologico sarà particolarmente curato, nel
presente lavoro, per quanto concerne la Chiesa primitiva e l’origine greca ed ebraica di
certi termini.
3. Ermeneutica: è l’interpretazione delle fonti storiche primarie, ossia i documenti del tempo.
Per quanto concerne la periodizzazione, la storia della Chiesa si attiene a quella convenzionale, usata per la storia civile .
Triplice risulta quindi essere l’obiettivo di questa trattazione manualistica:
A) da un lato ripercorrere, anche attraverso la disamina delle fonti originali e delle più recenti interpretazioni storiografiche, la storia della Chiesa nel suo bimillenario cammino, concentrandosi inevitabilmente sui rapporti con l’altra grande istituzione civile laica: l’Impero prima, lo Stato in seguito. Le relazioni tra questi due poteri, riprendendo, ovviamente soltanto nella denominazione, la nota teoria di Bonifacio VIII° relativamente alle “due spade”, spiegano il titolo del presente studio;
B) dall’altro offrire un utile ausilio ed una guida che sia efficace, completa ed agile al tempo stesso a chiunque voglia avvicinarsi allo studio di quest’ampia e complessa disciplina;
C) infine la trattazione seguente, in quanto “storia della Chiesa”, s’inserisce nel più ampio contesto della “storia delle istituzioni” e mira a raggiungere obiettivi altamente specialistici, paragonabili a quelli offerti da una laurea magistrale e di elevata qualificazione professionale, mediante un minuzioso ed accurato lavoro di analisi, sintesi, comparazione e di avanzata ricerca storica ed è pertanto riservata a quegli “addetti ai lavori” che vogliano raggiungere un alto livello formativo e specialistico.
Di conseguenza, il metodo seguito nel presente lavoro sarà duplice e sarà portato avanti con un’ interazione cronologica parallela:
a) quello della trattazione sistematica degli eventi storici;
b) quello dell’analisi testuale. In proposito, si rende noto che i testi selezionati, riportati ed analizzati sono indicati nei titoli dei vari paragrafi e nell’indice collocato a fine trattazione. I testi scelti, accuratamente selezionati, sono numericamente pochi, ma rappresentativi dei momenti più significativi della storia della Chiesa.
Essendo il presente libro fondato su un iter essenzialmente cronologico, il manuale sarà articolato inizialmente in due grandi parti, la prima relativa alla storia della Chiesa in età antica e medievale, la seconda alla Chiesa in età moderna e contemporanea; tali sezioni saranno a loro volta divise in capitoli (2 la prima parte e 3 la seconda), per un totale di cinque capitoli, successivi alla presente premessa introduttiva, rispettivamente dedicati alla Chiesa primitiva il primo capitolo, medievale il secondo, rinascimentale il terzo, moderna il quarto, risorgimentale e contemporanea il quinto ed ultimo; in quest’ottica, l’opera si concluderà infatti la trattazione e la discussione, sempre aperta, relativa all’atteggiamento della Chiesa di fronte alle sfide ed ai problemi del mondo contemporaneo novecentesco. In particolare, gli ultimi problemi della storia ecclesiastica saranno solo discussi a livello di “cronaca” in quanto, fedele all’idea crociana della necessità di un arco di tempo “morto” di circa un quarto di secolo per la maturazione di un giudizio critico, non si ritiene opportuno pronunciarsi a riguardo. Seguiranno le considerazioni conclusive.
Da precisare che la sezione relativa alla Chiesa antica abbraccia l’arco di tempo compreso, in parte fino al VII secolo, e questo per una ragione di opportunità, quella di non ‘interrompere’ alcune questioni che si collocano a ‘cavallo’ tra antichità ed alto Medioevo, come la disputa cristologico-trinitaria attraverso i concili e la nascita e lo sviluppo della Patristica. Lo stesso vale per il Medioevo: argomenti come il monachesimo, ad esempio, sono stati trattati nel capitolo relativo alla storia della Chiesa primitiva, sebbene il monachesimo caratterizzi già la Chiesa primitiva.
Secondo il criterio cronologico che ci siamo proposti andremo quindi ad iniziare il nostro excursus storico partendo dall’esame della Chiesa antica, quella delle origini, per studiarne ambiente storico, organizzazione e culto.
Infine ci sembra opportuno precisare che, per ovvi motivi di natura storica, particolare attenzione sarà dedicata alla storia della Chiesa ed ai rapporti con le istituzioni civili laiche a partire dal Medioevo, vale a dire da quando la Chiesa inizia a strutturarsi come monarchia assoluta retta dal papa; la prima parte si concluderà infatti con la nascita dello Stato della Chiesa ed abbraccerà così i primi quindici secoli della storia ecclesiastica, la seconda, cronologicamente meno estesa, ma non per questo meno importante, sarà pertanto relativa agli ultimi cinque secoli. Ovviamente, data l’ampiezza e la varietà delle tematiche affrontate nella presente storia della Chiesa, non tutti gli argomenti potranno essere approfonditi nella stessa misura, mentre particolare attenzione sarà dedicata i momenti salienti della storia ecclesiastica, quali, ad esempio, la fine della teocrazia e la Riforma protestante, e sarà comunque salvata la visione generale dell’ardua materia trattata.
In conclusione, si può affermare che la storia della Chiesa, seguendo il cammino delle vicende umane a partire dalla morte di Cristo, dopo due millenni, non è ancora concluso, e si concluderà solo quando, almeno per i credenti, Cristo tornerà sulla terra: la Chiesa ha dimostrato infatti di saper resistere ad ogni frattura e ad ogni crisi, anche gravissima, sia al suo interno che con il mondo esterno.
La bibliografia, infine, posta a fine lavoro prima dell’indice, non sarà articolata per periodi, ma in base alle fonti storiche, primarie, secondarie ed alle riviste considerate; per ovvie ed evidenti ragioni di ‘praticità’ e di più immediata consultazione anche da parte di un pubblico non edotto nelle moderne lingue straniere europee o tantomeno nelle lingue classiche, sono stati considerati ed inseriti nella bibliografia generale solo testi in italiano o in traduzione italiana. Nella bibliografia, che risulta aggiornata e specializzata, pur senza rinunciare ai grandi classici, sono stati elencati, in ordine alfabetico, solamente i testi indicati nelle note: non si sono quindi citati testi di consultazione generale, grandi manuali di consultazione o dizionari enciclopedici , poiché, a questi, si è preferita la lettura di specifici testi critici. Nelle note, d’altra parte, non si troveranno soltanto riferimenti bibliografici, ma anche esplicazioni storiche.
Un certo spazio sarà dedicato alla filmografia, essendo oggi i sussidi audiovisivi ampiamente utilizzati nella didattica, ed obiettivo del presente lavoro è anche l’uso didattico, presso le scuole superiori fondamentali di formazione teologica.
L’aspetto nozionale, peraltro fondamentale in un lavoro di storia, non sarà trascurato, ma sarà dato maggior rilievo ai nodi di più alto spessore intellettuale; per agevolare la lettura e la comprensione dei concetti, si ricorrerà all’ausilio di mappe concettuali, redatte mediante “elenchi puntati” e “numerati”.
Affrontare la storia della Chiesa significa quindi affrontare un “viaggio nella storia”, quindi sempre avvincente ed affascinante, che andremo ad iniziare osservando ambiente, organizzazione e culto della Chiesa primitiva.
Si consideri che nella storia della Chiesa è centrale la figura di Maria, colei che accoglie l’annunciazione dell’arcangelo Gabriele di diventare madre di Gesù, quindi di Dio: per questo Maria accetta Giuseppe .
Si tenga infine presente l’inevitabile limite della sintesi, in questo lavoro, che ha costretto l’autore ad eliminare personaggi e fatti comunque importanti, poiché trattasi di uno studio dalla portata veramente “enciclopedica”.

PARTE PRIMA: LA CHIESA ANTICA E MEDIEVALE (I/XV SECOLO).

CAPITOLO I: LA CHIESA PRIMITIVA (I/VII SECOLO).

I.1. Un quadro storico complesso ed eterogeneo. L’Editto di Milano (testo). La cosiddetta “donazione di Costantino”, un falso storico.
A fondamento della storia della Chiesa c’è la vita di Gesù, collocata in Palestina durante la massima espansione dell’Impero romano, da Augusto a Traiano e Adriano (I sec. a.C./II sec. d.C.).
L’esistenza storica di Gesù Cristo è attestata, oltre che dalle fonti bibliche del Nuovo Testamento, anche dalla letteratura latina dei primi due secoli d. C. Nel I secolo si manifesta una nuova identità, quella dei cristiani, a Roma, dove è invece dominante il paganesimo . Plinio il Giovane nel 112 scrive una nota lettera all’imperatore Traiano, in cui afferma che i cristiani si riunivano il giorno dopo il sabato per ricordare la resurrezione dei Cristo. Lo storico Tacito, nei suoi Annales, prendendo spunto dall’incendio di Roma del 116, afferma invece che i cristiani costituiscono una “dannosa superstizione”, che si sta diffondendo anche in Giudea; per i pagani come Tacito è infatti inconcepibile la fede in un Dio che muore sulla croce. Nel 120 lo storico romano Svetonio parla delle lotte tra ebrei e cristiani a Roma. Infine lo storico Giuseppe Ebreo, segretario dell’imperatore Tito (che distrusse Gerusalemme nel 70 d. C.), parla di Cristo come “uomo saggio, che ha compiuto opere meravigliose” e che fu condannato al supplizio della croce da Ponzio Pilato, ma la gente continuerà ad amarlo. Queste 4 fonti extrabibliche dimostrano che Cristo è storicamente esistito e concordano quindi con le fonti bibliche del Nuovo Testamento.
Tra I e II secolo i filosofi stoici (della “Nuova Stoà”) Epitteto (uno schiavo liberato), Seneca (consigliere dello scellerato Nerone, poi da questi messo in disparte e morto suicida) e Marco Aurelio Antonino, detto “l’imperatore filosofo”, autore dei Ricordi o Colloqui con sé stesso, approfondirono i tempi del ripiegamento interiore e de fratellanza umana, cimentandosi in questioni di filosofia morale, pur senza mai arrivare a convertirsi ai cristianesimo.
Gli Ebrei si distinguevano in varie classi sociali:
a. Farisei, che rappresentavano la borghesia medio-alta, erano strenui difensori della Torà ebraica, cioè della Legge;
b. Sadducei, erano i sacerdoti aristocratici, strettamente legati alla vita del tempio di Gerusalemme. Sia farisei che sadducei osteggiavano Gesù nella sua predicazione.
c. Zeloti, che traevano il loro nome da “zelo” poiché erano appunto zelanti nel rispetto della Torà, ed erano aggressivi, combattenti e feroci avversari dei Romani. Attendevano un Messia che li liberasse dall’oppressione dei Romani, un Messia guerriero, una sorte di comandante. Gli Zeloti si chiamavano anche sicari dalla “sica”, il pugnale che portavano nella cintola. Nel 70 d. C. l’imperatore Tito distrugge il tempio di Gerusalemme e gli Zeloti si rifugiano a Masaba, in una fortezza, dove si uccidono perché, una volta sconfitti, non volevano cadere nelle mani del nemico.
d. Esseni significa “puri”, erano molto rispettosi della Torà e decidono per questo di allontanarsi da Gerusalemme, città corrotta. Vanno a vivere nel deserto, a Qumran, sono casti e celibi. Nel 1947 a Qumran sono stati ritrovati i rotoli del Mar Morto, che costituiscono i manoscritti più antichi dell’Antico Testamento.
L’Impero romano si estendeva dall’Europa conosciuta (Reno e Danubio costituivano la frontiera con il nord Europa dei barbari) al Tigri ed all’Eufrate ad Oriente, all’Egitto ed al nord Africa. Tre culture si erano quindi fuse: romana, greca, orientale. L’unità politica è conservata grazie alle buone strade di comunicazione, all’esercito ed alla lingua ufficiale dell’Impero, il latino, al quale si aggiungeva il greco nelle province orientali. Anche a Roma il greco, che era la lingua delle persone colte, era molto parlato. Gli stessi vangeli sono scritti fondamentalmente in greco, tranne qualche fonte aramaica.
Il ‘vanto’ dei Romani era il diritto, l’unico diritto compiuto dell’antichità. La cultura urbana era unitaria ed il mondo greco rappresenta l’unità culturale dell’Impero, tra mondo orientale e mondo romano. La stessa religione greca viene rivisitata dai Romani che mancano, in questo caso, di originalità. L’originalità dei Romani si vede invece dal diritto.
La Chiesa cristiana delle origini, fin dalla prima comunità di Gerusalemme, inizia ad organizzarsi, nel culto e nella gerarchia. C’è poi il problema della missione tra i pagani, al quale si dedicò l’apostolo Paolo. L’attività di missione comporta anche un’espansione geografica della religione cristiana. Prima vengono evangelizzate le città, guidate da un vescovo, mentre la figura del vescovo e del presbitero (sacerdote) è ‘intercambiabile’, almeno nella fase iniziale della storia ecclesiastica; il diacono è adibito al servizio.
Eusebio, vescovo di Cesarea, è considerato il “padre della storia della Chiesa” : vissuto in Palestina fra il III ed il IV secolo, ci ha lasciato una Storia ecclesiastica grazie alla quale ci sono pervenuti molti documenti che, in altro modo, sarebbero andati perduti. Eusebio stesso ci parla degli obiettivi che si è proposto scrivendo la sua opera .
Verso la metà del III secolo, il vescovo Cipriano di Cartagine parla già di “Chiesa cattolica”, e ne parla consapevolmente, come “Chiesa ecumenica”. E Cipriano non è l’unico, ne parlano già in molti e si cominciano ad organizzare i sinodi. Si parla già di “Chiesa di Pietro” ed i papi sono “Vicari di Pietro”, non ancora “Vicari di Cristo”. I romani pagani considerano il cristianesimo, all’inizio, come una setta giudaica ed i cittadini romani più ricchi mettono a disposizione le loro case per la celebrazione dell’eucarestia: sono le “domus ecclesiae”.
Nei primi 2 secoli d. C. il cristianesimo si diffonde anche grazie agli influssi della cultura orientale e greca; da un lato il cristianesimo deve imporsi sul paganesimo , dall’altro il cristianesimo mantiene un rapporto di continuità con il mondo orientale. E’ questo il problema dei Padri Apostolici e dei Padri Apologisti (Giustino, Ireneo, Tertulliano), che devono difendere la Chiesa primitiva dalle eresie (eresia significa, in greco, errore, deviazione dalla verità).
Nel III secolo assistiamo alle grandi persecuzioni dei cristiani da parte degli imperatori Decio e Diocleziano. Diocleziano aveva cercato di ridare stabilità all’Impero, dividendolo in 4 zone, con 2 Augusti (Diocleziano e Massimiano) e 2 Cesari (Costanzo I e Galerio): è questa la tetrarchia dioclezianea.
Costantino, con l’editto di Milano del 313, noto anche impropriamente come “conversione di Costantino” (infatti l’imperatore non si convertì mai al cristianesimo) e rimase capo della Chiesa pagana, riconosce il cristianesimo e concede libertà di culto ai cristiani, ai quali vengono anche restituiti i beni precedentemente confiscati, come emerge dal testo stesso:
“Noi Costantino Augusto e Licinio Augusto , riuniti felicemente a Milano […], abbiamo creduto opportuno […] dare ai cristiani e a tutti la possibilità di seguire la religione da essi scelta, affinché ogni divinità celeste possa essere benevola e propizia a noi stessi e a tutti coloro che si trovano sotto la nostra autorità. Per questa ragione abbiamo creduto, in un disegno salutare e molto giusto, dover prendere la decisione di non rifiutare questa possibilità a chiunque, sia a coloro che aderiscono alla religione cristiana, sia a coloro che credono bene aderire a qualche altra, affinché la divinità suprema, alla quale rendiamo uno spontaneo omaggio, possa offrirci in tutte le cose il suo favore e la sua solita benevolenza” .
La cosiddetta “donazione di Costantino”, un documento apocrifo del 315, è invece un falso, come ha inequivocabilmente dimostrato il filologo quattrocentesco Lorenzo Valla: nel documento l’imperatore Costantino avrebbe riconosciuto al papa la superiorità non soltanto su tutti i sacerdoti e le chiese cristiane del mondo, anche l’Oriente, ma anche sullo stesso imperatore.
Nel 330 l’antica Bisanzio prende il nome di Costantinopoli.
Nel 325 è convocato il Concilio di Nicea, e con i successivi concili di Efeso I, Efeso II, Costantinopolitano I, Calcedonia, Costantinopolitano II e Costantinopolitano III (680) si risolve la disputa cristologico-trinitaria circa l’eresia ariana e l’eresia nestoriana, risolte nella formulazione data da Atanasio attestante la presenza di 2 nature in Cristo, umana e divina, contrariamente alla teologia orientale, asiatica, in particolare siriana, che insisteva sulla solo natura divina di Cristo (monofisismo).
Giuliano l’Apostata, fra il 361 ed il 363 tenta di reintrodurre il paganesimo, ma l’operazione fallisce. Teodosio I ricompatta l’Impero, ma alla sua morte l’Impero di divide nuovamente per non riunificarsi mai più.
Nel 476, con la deposizione di Romolo Augusto, crolla l’impero romano d’Occidente.
Il periodo compreso fra il IV ed il VII secolo (tra VII ed VIII secolo si verifica anche l’espansione musulmana in Occidente) è quindi un periodo ricco di contrasti all’interno dell’Impero ed all’esterno, tra cristiani e pagani, ed all’interno del cristianesimo stesso: la Chiesa primitiva deve quindi confrontarsi con il giudaismo (e questo duplice rapporto, di continuità e di rottura, darà origine al “giudeo-cristianesimo”), con l’Impero romano, in progressiva crisi, e con le resistenze pagane, dalle quali il cristianesimo antico trarrà anche stimolanti spunti , come dimostrato dalla filosofia di Agostino d’Ippona.
Uno dei principali problemi del giudeo-cristianesimo riguarda il valore del tempio e della Legge: alcuni continuano a crederci, altri invece pensano che Cristo sia venuto per abrogare, e non solo per migliorare la Legge e negheranno, di conseguenza, la validità dell’Antico Testamento. Sono questi i primi grandi problemi della storia della Chiesa primitiva.

I.2. Le persecuzioni.
La Chiesa non è sempre stata perseguitata nei primi 3 secoli: per far luce sulle persecuzioni occorre innanzitutto spazzare via questo luogo comune. Le persecuzioni furono infatti sporadiche e nel II secolo furono soprattutto la manifestazione di un odio popolare, mentre è solo dal III secolo, invece, che furono portate avanti ufficialmente, dallo Stato, con un piano ben preciso .
Nel III secolo venivano perseguitati i cristiani per il delitto di lesa maestà: non prestare il debito culto all’imperatore.
Altri storici sostengono che i cristiani erano perseguitati perché professavano un culto proibito; i cristiani, dal popolo, furono accusati anche di ateismo. Nel diritto romano non troviamo però appigli contro i cristiani.
Altri motivi furono politici: i cristiani costituiscono un pericolo per l’Impero.
Furono accusati anche di “lussuria incestuosa” perché si chiamavano “fratelli” e “sorelle”.
Furono accusati anche di cannibalismo durante i banchetti.
Come ci riporta lo storico latino Tacito, da Nerone furono accusati di odiare il genere umano. Sono tutti capri espiatori. Nella storia delle persecuzioni, si possono distinguere tre fasi:
1. I secolo: i cristiani erano considerati una setta giudaica e furono in parte tollerati. Sotto Nerone si perseguitano in cristiani per l’incendio di Roma, come ci riporta Svetonio. Con l’imperatore Domiziano si ha l’ultima persecuzione del secolo.
2. Dal 100 al 250: nella Lettera di Plinio a Traiano si afferma che non c’è una legge statale contro i cristiani. Con l’imperatore Adriano le persecuzioni si attenuano: sono limitate ed avvengono a livello locale.
3. Dal 250 al 350: è il periodo delle persecuzioni di Decio e soprattutto di Diocleziano, che governa come in un regime totalitario. Vengono perseguitati i dissidenti religiosi, sia manichei che cristiani. Ma con Costantino si ribalta la situazione: il cristianesimo diventa religione di Stato (Editto di Milano del 313).
Nel complesso, le vittime delle persecuzioni sono diverse migliaia, ma non milioni: non sono per questo paragonabili ai moderni genocidi.

I.3. Nascita e sviluppi della Patristica e suoi rapporti con l’ecclesiologia.
I Padri della Chiesa sono scrittori cristiani, autori di testi in lingua latina o in lingua greca, caratterizzati da 4 qualità fondamentali:
a. Antiquitas (Antichità). Dalle origini al V secolo, cioè durante l’Impero romano ed il trapasso all’Alto Medioevo, anche se non mancano studiosi che ‘dilatano’ il periodo di alcuni secoli, fino al X/XI secolo;
b. Sanctitas vitae (Santità di vita). Esemplarità dell’esistenza.
c. Doctrina orthodoxa. E’ l’insegnamento in linea con le indicazioni della Chiesa, cioè con il magistero ecclesiastico.
d. Approvazione ecclesiastica. E’ la naturale conseguenza della dottrina ortodossa .
I “Padri della Chiesa” sono chiamati in questo modo perché hanno generato la corretta, autentica comprensione della fede. Hanno aiutato la fede a crescere e l’hanno custodita, cioè protetta dalle interpretazioni non autentiche (eretiche, ‘deviate’). L’espressione “Padri della Chiesa” fu coniata dal papa Bonifacio VIII, che definì anche i primi Padri della Chiesa: Girolamo, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno. Agostino rappresenta il vertice della Patristica. In seguito, altri papi hanno arricchito l’elenco dei Padri della Chiesa. Possiamo distinguere, cronologicamente, 3 fasi nel movimento della Patristica:
A. Padri Apostolici, come Clemente Romano, Ignazio, vescovo di Antiochia, Papia, sono studiosi vissuti in età apostolica, cioè nel I e II secolo; scrivono in base alla testimonianza diretta degli apostoli, ascoltata direttamente. E’ una riflessione sulla Scrittura con semplici intenti pastorali, senza pretese dottrinarie. Tra le opere di questo periodo ricordiamo L’epistola di Barnaba, Il pastore di Erma e soprattutto la Didakè, un’opera fondamentale sulla storia della Chiesa primitiva e la sua organizzazione.
B. Padri Apologisti, vissuti nel II e nel III secolo, che tendono a difendere (questo spiega proprio la funzione apologetica) con forza e vigore la fede, come Giustino, il più celebre apologista, Tertulliano, Taziano, Cipriano; avviano una vera e propria riflessione teologica, con lo scopo di difendere la superiorità del cristianesimo sul paganesimo e di difendere il cristianesimo, nascente, dal paganesimo, ormai in declino, in un momento in cui i pagani stavano accusando il cristianesimo di superstizione. Per questo gli apologisti utilizzano la filosofia greco-romana come strumento di difesa: volevano combattere i pagani utilizzando la loro stessa filosofia pagana; gli apologisti, inoltre, difendevano il cristianesimo anche dagli attacchi degli ebrei.
C. Età d’oro della Patristica, con Ambrogio ed Agostino, che furono teologi veri e propri; Agostino fu anche un grande filosofo, che combatté il paganesimo, il manicheismo e le eresie contrapponendo alla filosofia pagana un’altra filosofia, di altissimo spessore, la sua, cristiana, senza quindi contrastare il paganesimo con la stessa filosofia pagana, come avevano invece fatto gli apologisti.
I Padri della Chiesa spesso traggono le immagini da applicare alla Chiesa da molti ambiti, come l’Antico Testamento o celebri opere letterarie o dalla natura o dall’esperienza comune, offrendoci così un’ecclesiologia simbolica o figurata, allegorica, come quella che rappresenta la Chiesa come un giardino irrigato , un nuovo Eden, irrigato appunto da 4 corsi d’acqua, che rappresentano i 4 vangeli . La Chiesa è anche la “Nuova Raab”, la pubblica peccatrice di Gerico, che è salvata perché ha accolto gli inviati di Giosuè , che rappresentano, simbolicamente, l’inviato del Padre, cioè Cristo. In entrambi i casi, la salvezza è ricevuta come dono .
Le immagini letterarie della Chiesa trovano riferimenti nell’Odissea omerica: la Chiesa è rappresentata come una nave, e l’acqua buona è quella che è a bordo della nave (l’acqua del battesimo, della salvezza), mentre l’acqua salata del mare rappresenta i pericoli, le numerose difficoltà, come quelle affrontate da Ulisse nell’episodio delle sirene. E’ possibile vincere le difficoltà in due modi: legandoci all’albero, come ha fatto proprio Ulisse, cioè stringendoci alla croce (l’albero raffigura quindi la croce cristiana), o lasciando risuonare la parola (ovvero meditando sulla parola). Come sulla nave ci sono due timonieri, uno di poppa ed uno di prua,, così nella Chiesa a poppa troviamo Cristo, il fondamento, a prua i vescovi, che guidano, di volta in volta, nel tempo storico, la nave, cioè la Chiesa. La fune che lega le vele è l’amore di Cristo, cioè l’Agape, che non è l’eros dei greci, ebbro e indisciplinato.
In Ambrogio incontriamo invece un’immagine della Chiesa tratta dal mondo naturale: la Chiesa è la luna, che non ha luce propria, ma gode di luce riflessa, riceve la luce da Cristo, e come la luna interferisce sul mondo, così la Chiesa è chiamata ad intervenire nel mondo.
Erma è uno dei Padri apostolici di lingua latina, vissuto intorno al 60: rappresenta la Chiesa come una torre, la cui realizzazione è presieduta dagli angeli, e le pietre, prima di essere inserite nella costruzione, sono bagnate nelle acque (allusione all’acqua del battesimo). Alcune pietre sono tolte e poste vicino alla torre per ricevere quella manutenzione necessaria per tornare ad avere compattezza e solidità: l’allusione di Erma è qui alla temporanea estromissione dalla comunità in caso di colpe particolarmente gravi. Alcune pietre, che hanno forma sferica, vengono infatti squadrate e solo dopo aver perso la forma originaria, che era eccedente e non adattabile, sono usate per la costruzione. La costruzione della torre è continua e si perfeziona nel tempo: è la costruzione della Chiesa nella storia.
Come si è visto, con gli sviluppi della Patristica, la storia della Chiesa trova indubbi punti di appoggio nell’ecclesiologia.

I.4. La formazione della gerarchia ecclesiastica: nozioni di diritto canonico.
Già nella I Lettera di Clemente Romano ai Corinti del 96, che può essere considerata il primo documento del diritto canonico , si afferma una concezione ‘organica’ della Chiesa, come una comunità di elementi diversi animati da un solo spirito ed in cui a ciascun membro è assegnato un posto particolare ed una specifica funzione, sull’esempio della gerarchia levitica dell’Antico Testamento o della disciplina dell’esercito romano .
L’organizzazione delle chiese della seconda e terza generazione cristiana presenta una notevole varietà di forme e di modelli di ministeri, dovuti all’impronta del loro fondatore ed alle radici culturali delle singole comunità. Si deve innanzitutto dire che nel Nuovo Testamento le designazioni degli uffici non sono ancora strettamente definite. Gli Atti degli Apostoli parlano per Gerusalemme dei “Dodici” e dei “Sette”, più tardi di Giacomo e degli “anziani”; per Antiochia in Siria di “profeti” e “dottori” . Le Lettere di Paolo ai Corinzi, in Grecia, fanno riferimento ad “apostoli”, “profeti” e “dottori” ; per la Chiesa di Roma si parla di una “diaconessa” . A Filippi, in Macedonia, troviamo gli “episkopoi” (che portano il nome poi attribuito con altro valore ai vescovi) e i “diakonoi” , cioè i presbiteri (o anziani) e loro assistenti, che dirigono la comunità.
Dopo tante discussioni, gli studiosi sono relativamente d’accordo nel ritenere che nel corso del I secolo non ci sia stata una forma originale ed omogenea di organizzazione cristiana, ma che abbiano coesistito due modelli, dominanti, ma non contrastanti:
a. quello delle comunità fondate o legate all’apostolo Paolo e, più ampiamente, delle chiese cristiane provenienti dal paganesimo, e
b. quello della comunità di Gerusalemme e di Palestina, di origine giudaico-cristiana.
Le chiese paoline risultano caratterizzate dallo scambio delle funzioni dei presbiteri e degli episcopi e riflettono una concezione fondamentalmente carismatica, che tuttavia implica un ordine interno e non esclude sviluppi organizzativi.
Le chiese giudaico-cristiane, invece, presentano un’organizzazione presbiterale che ricalca la struttura delle comunità ebraiche (compresa quella di Qumran) affidate ad un collegio di anziani. I presbiteri hanno il compito di custodire la tradizione apostolica e di guidare la comunità, mentre il ministero viene trasmesso, sempre sul modello ebraico, attraverso il rito dell’ordinazione, consistente nell’imposizione delle mani.
Questi due modelli organizzativi non rimangono separati, ma si mescolano e si sovrappongono abbastanza rapidamente.
Con la scomparsa degli apostoli si afferma la ‘successione’ degli episcopi nei loro servizi e diviene preminente la funzione dei presbiteri-episcopi nel governo delle comunità rispetto alle funzioni carismatiche (dei profeti e dei dottori).
Verso l’anno 110 gli scritti di Ignazio di Antiochia attestano una gerarchia triplice, con il vescovo al sommo e al di sotto i presbiteri e i diaconi. E’ interessante la forte motivazione teologica di questa gerarchia: “non c’è che una sola eucaristia, una sola carne del Signore, un solo calice, un solo altare, come non c’è che un solo vescovo con il presbyterium e i diaconi, i compagni di servizio” .
Da ultimo si determina il passaggio degli episcopi dalla presidenza di una comunità particolare a quella di una diocesi quando, nella seconda metà del II secolo, il cristianesimo si diffonde dalle città alle campagne e nascono nell’ambiente rurale le ‘chiese-figlie’, dirette da presbiteri e legate alla ‘chiesa-madre’. In tal modo la funzione di vescovo diviene quella di capo della nuova circoscrizione ecclesiastica definita all’inizio con i due termini sinonimi di ‘paroikia’ (parrocchia) o ‘eparchia’ (diocesi) in Oriente, di ‘parochia’ e di ‘dioecesis’ in Occidente. Elevato a questo nuovo rango, il vescovo diviene ora paragonato al sacerdote o al sommo sacerdote dell’Antico Testamento, e la sua successione apostolica è formalizzata con apposite liste. La sua dignità comporta infine il tributo di onori pubblici: a lui si devono rispetto, onori e doni, perché è l’intermediario tra l’uomo e Dio. Già Paolo di Tarso, nel I secolo, aveva stabilito che, nella Chiesa, il vescovo presiedeva i tribunali . E’ infatti Paolo di Tarso, e non Cristo, il ‘fondatore’ del cristianesimo: Paolo era un ebreo, di cittadinanza romana, prima feroce persecutore dei cristiani, poi fervente cristiano; si può quasi affermare, sia pure con una certa audacia, che Paolo ‘trasporti’ il suo fondamentalismo dall’ebraismo al cristianesimo.
Parallelamente all’aumento di potere e di prestigio del vescovo, si svalutano le donne, le vedove ed i laici: alle donne non è permesso di battezzare, alle vedove ed ai laici è proibito parlare di teologia, poiché sono considerati ignoranti in materia e quindi potenziali bestemmiatori .
Nelle comunità cristiane urbane si comincia a dividere la città in regioni, presiedute da diaconi o da presbiteri (regiones ‘diaconales’ o ‘presbiterales’). Verso il 250 la comunità di Roma, ad esempio, è divisa in sette ‘diaconie’ (e non parrocchie, perché i fedeli dovevano ricevere i sacramenti nella chiesa vescovile). Nelle comunità rurali e missionarie la formazione dell’episcopato monocratico è più lenta anche per la presenza di uno o più vescovi di campagna, soggetti ai vescovi cittadini.
I motivi dell’autorità, della disciplina, dei ‘canoni’ come ‘regole imperative’, già presenti nella I Lettera di Clemente Romano, sono ampiamente ripresi dagli scrittori ecclesiastici del II e del III secolo, che cominciano a riferirsi al diritto romano per difendere il cristianesimo dalle accuse più disparate e per sviluppare i primi abbozzi della dottrina cristiana occidentale. I Padri apologisti avvertono la necessità di costruire la Chiesa come ordinamento, di rafforzarne la struttura su basi universali, di difenderne il carattere di ‘societas’. Questa è l’opera di Ireneo, Tertulliano, Cipriano, che addirittura traspone i concetti di ‘potestas’ e di ‘ius’ nell’ambito della Chiesa.
Nel III° secolo i vescovi vengono quindi eletti con particolari procedure, e la nomina a vescovo non segue pertanto più la successione apostolica, come nei primi due secoli.

I.5. Le prime eresie: Gnosticismo, Marcionismo, Montanismo, Manicheismo.
Più gravi ancora delle persecuzioni, che rappresentavano un pericolo esterno, per la Chiesa dei primi secoli sono le eresie, che rappresentavano invece un pericolo interno, uno scisma (“eresia” in greco significa letteralmente “scelta”, nel senso di scelta erronea, diversa dall’ortodossia, devianza) .
Tratteremo, una per una, le prime eresie, ovvero: Gnosticismo, Marcionismo, Montanismo, Manicheismo.
Il termine “gnosticismo” deriva dal greco “gnosi” (che vuol dire “conoscenza”), trapassato poi nel latino “noscere”, cioè conoscere. E’ un movimento che ha assunto forme molto diverse, in diverse sette, ciò che le accomuna è il desiderio di conoscenza; lo gnostico è colui che non si limita a credere, perché la fede è per uomini semplici; lo gnostico vuol conoscere. Tale conoscenza è quella di se stessi, perché è questa che procura la redenzione. La gnosi si esprime in racconti mitici che narrano i particolari sulla salvezza e sono un modo per comprendere da dove proviene l’uomo e qual è il suo fine. Siamo stati scaraventati in questo mondo materiale e dobbiamo riguadagnare il mondo spirituale dal quale proveniamo. L’uomo deve quindi liberarsi della prigione del sensibile per tornare verso lo spirito. In questi racconti s’intersecavano la filosofia ellenistica e lo zoroastrismo persiano . La gnosi ha quindi un carattere eclettico, riprendendo la filosofia ellenistica e quella orientale.
Il mondo è visto negativamente: l’anima, dal mondo celeste in cui si trovava, è caduta nel mondo terreno e deve ora recuperare la sua spiritualità .
Tra i vangeli apocrifi vi sono anche i vangeli gnostici. Secondo la gnosi, arriva un Salvatore per liberare l’anima dalla materia; tale Salvatore torna poi al Padre. Una volta liberato dall’elemento terreno, il mondo tornerà al caos originario. La figura del Salvatore si ricollega al cristianesimo e la materia cattiva è opera di un Dio cattivo, talvolta identificato con il Dio dell’Antico Testamento, un Dio inferiore e cattivo.
Entrano qui in gioco elementi della filosofia greca, come la concezione ciclica della storia, quella del ritorno al caos originario. La visione gnostica, in conclusione, si può affermare che risenta:
a. Del cristianesimo canonico, con la figura del Salvatore;
b. Dei vangeli apocrifi,
c. Della filosofia greca, con la mitologia;
d. Dello zoroastrismo persiano.
Il cristianesimo stava, in sostanza, correndo un grave rischio: quello di farsi assorbire da altre tradizioni culturali.
Il Marcionismo prende il nome dalla dottrina di Marcione. Ritornano qui elementi dualistici, di tipo gnostico, che poggiano però su una base cristiana che ritroviamo in San Paolo: Marcione si è infatti ritenuto cristiano.
La Chiesa, in questi secoli, si sta organizzando, sia dal punto di vista strutturale che dottrinario. Marcione nasce verso l’85, è di origine cristiana e viene presto scomunicato per le sue tendenze eretiche. Tenta invano di diffondere le sue idee in Asia Minore; allora si reca a Roma e viene scomunicato. Muore nel 160. Nel 144 il Marcionismo si diffonde, grazie allo stesso Marcione, nel bacino del Mediterraneo. Marcione legge l’epistolario paolino e resta colpito dall’opposizione tra la Legge ed il messaggio evangelico, come emerge nel suo libro Antitesi, andato perduto (è rimasto solo il titolo), tra la giustizia e l’amore. In questa opposizione paolina Marcione ritrovava il cristianesimo, in questa chiave vede il dualismo tra il Dio dell’Antico Testamento e Gesù Cristo del Nuovo Testamento. Non c’è, tuttavia, in Marcione, una visione manichea perché non ci sono due divinità, ma un solo unico Dio. Antico Testamento e Nuovo Testamento sono in opposizione, ma non si ammettono 2 principi. L’unico elemento positivo dell’Antico Testamento è per Marcione l’annuncio del Nuovo Testamento: come Paolo, anche Marcione vede negativamente gli Ebrei. La morte di Gesù sarà provocata, per Marcione, dal Dio dell’Antico Testamento, quando il Dio creatore dell’Antico Testamento scopre che Gesù, il Dio del Nuovo Testamento, predicava l’amore. Alla fine del tempi trionferà Gesù, che salverà coloro che hanno creduto in Lui ed abbandonerà alla distruzione il Dio creatore e tutti coloro che lo hanno rifiutato. Per dimostrare tutto questo, Marcione fonda un Nuovo Testamento, basato solo su 10 lettere di San Paolo (rifiuta, ad esempio, la Lettera agli Ebrei, che del resto è estranea al corpus paolino, è infatti deuteropaolina) e sul vangelo di Luca (esclusi i primi 2 capitoli), mentre rifiuta gli altri vangeli ed in particolare quello di Matteo, ritenuto troppo filoebraico.
Le comunità marcioniste, presenti nel bacino del Mediterraneo, predicavano un cristianesimo molto semplificato, basato su una morale molto rigida, consistente nei digiuni, nel rifiuto del matrimonio e nella preparazione al martirio. In Occidente il Marcionismo scompare fra il III ed il IV secolo, in Oriente proseguirà per qualche tempo, ma sarà poi assorbito dal Manicheismo.
Il Montanismo prende il nome da Montano: è un movimento sorto all’interno delle comunità cristiane. E’ caratterizzato dalla volontà di dare vigore alla dimensione spirituale-escatologica della Chiesa primitiva, che lentamente si stava dimenticando: è quindi un risveglio escatologico.
Il Montanismo, a differenza del Marcionismo, non predica una nuova dottrina, ma vuole preparare tutti i cristiani all’imminente arrivo del Regno di Dio. Il periodo del Marcionismo è il decennio 160-170. Montano annunciava l’imminente fine del mondo e proponeva ai suoi seguaci di radunarsi in un luogo ove attendere l’arrivo del Messia. Il Montanismo si diffonde tra i cristiani, ma anche tra i pagani, Per Montano la fine del mondo è vicina. Predicava l’ascetismo, i digiuni, la preparazione al martirio, la castità nel matrimonio, il rifiuto di perdonare un cristiano battezzato, anche se faceva penitenza: tutto questo in funzione propedeutica alla fine dei tempi, quindi in funzione escatologica. Come possiamo notare, nella vita pratica il Montanismo non si differenziava troppo dal Marcionismo.
Non esisteva la confessione: solo Dio, non i preti, poteva perdonare ed assolvere. I peccati vengono infatti tolti dal battesimo, ma non dalla confessione: per questo molti si facevano battezzare in punto di morte. I peccati più gravi al tempo erano adulterio, omicidio, apostasia (rifiuto della fede).
Il Montanismo resistette in Oriente fino alla fine del IV secolo, durò quindi dal II al IV secolo, ma in Occidente si diffuse molto scarsamente. Un seguace del Montanismo fu Tertulliano.
Il Manicheismo viene da Mani, un babilonese nato in Persia nel III secolo, inizia la sua attività in India. E’ un movimento eclettico, riprendendo elementi cristiani, ebraici, buddisti, e riconosce 3 precursori: Gesù, Zoroastro (o Zarathustra), Budda. Li riconosce come suoi fratelli, interpreti di una stessa fede. Ipotizza due principi, bene e male, che si combattono eternamente, ma la salvezza sarà raggiunta soltanto con la sconfitta del male.
Questa dottrina si diffuse in India, Cina, Persia, Africa, Italia, Spagna
Anche questa dottrina considera negativamente la materia .

I.6. Pelagio e la polemica con Agostino. Cenni sul Donatismo.
L’eresia prende il nome dal monaco Pelagio, nato in Britannia e battezzato a Roma, vissuto tra il IV ed il V secolo (350-427). Condusse una vita austera.
Pelagio reagì al manicheismo e sottolineò l’importanza dello sforzo individuale e del libero arbitrio umano. L’uomo, per Pelagio, ha piena capacità di operare il bene. Il monaco è quindi ottimista, sull’uomo: l’uomo può realizzare le richieste di Dio.
Celestio, un suo seguace, negò addirittura la trasmissione del peccato originale.
Agostino polemizzò contro Pelagio, che fu scomunicato dal papa Innocenzo I; il successore di Innocenzo I, Zosimo, era più indulgente, ma i vescovi africani condannarono Pelagio come eretico. Agostino contrappose al libero arbitrio di Pelagio la Grazia divina, che “rende libero il libero arbitrio umano”. Nel ‘500, seguendo Agostino, anche Lutero condannò il pelagianesimo.
In particolare, Pelagio negava:
a. la remissione del peccati con il battesimo;
b. la trasmissione del peccato originale.
Per Pelagio il cristiano si salvava con le sue forze: ciò influì sul De libero arbitrio di Erasmo da Rotterdam, mentre per Lutero l’uomo è sempre peccatore e si può salvare solo con la fede, afferma Lutero sul noto verso della Lettera ai Romani di Paolo, dove si afferma “Il giusto vivrà per fede” .
Pelagio sosteneva infatti che l’uomo è libero e responsabile del suo comportamento morale, sia nel bene che nel male, negando così sia la dottrina del peccato originale che la redenzione di Cristo: l’eresia pelagiana concepisce quindi l’agire umano come autoperfezionamento, come imitazione del modello divino. La Grazia di Dio, per Pelagio, non è che la ricompensa dei meriti contenuti nell’azione umana: la posizione di Pelagio ricalca quindi da vicino le filosofie pagane.
Agostino risponde al monaco Pelagio nell’ VIII libro delle Confessiones, affermando che la volontà umana è animata da un intenso contrasto, che non ‘divide’ la volontà, ma la rende in sé ‘duplice’: non sempre infatti l’uomo può realizzare i desideri che vuole, ed è questo, per Agostino, il libero arbitrio; la libertà è invece la capacità di realizzare quelle scelte che ci si è proposti. Ecco la funzione della Grazia per Agostino: rende libero il libero arbitrio (come si è detto all’inizio di questo paragrafo), permettendo all’uomo di scegliere e realizzare il bene, dato che l’uomo è invincibilmente inclinato al male. Senza la Grazia, afferma Agostino, l’umanità sarebbe quindi una “massa dannata”: la Grazia è quindi conditio sine qua non della libertà. L’uomo è chiamato da Dio ad essere libero, e questa è la vera dipendenza dell’uomo da Dio. La morte non deriva da Dio, fonte di vita, ma dall’uomo, che si è allontanato da Dio con il peccato originale. Solo Dio può sanare l’abisso che l’uomo ha creato e salvarlo, e lo fa con la Grazia, che è appunto dono “gratuito” (da “gratis”) di Dio all’uomo.
Pelagio invece, insistendo sulla responsabilità personale, negava gli effetti del peccato originale di Adamo, che ricadono solo su Adamo. L’uomo pecca per un cattivo uso personale del libero arbitrio, ma, secondo Pelagio, con una vita ispirata al bene, può salvarsi da solo. La Grazia, per Pelagio, è solo un aiuto che Dio dà a chi compie il proprio dovere, acquistando dei meriti, e non è soltanto un dono gratuito di Dio che l’uomo non merita.
Agostino tuttavia riconosce la propria ignoranza e dichiara di non sapere come mai Dio salvi alcuni e condanni altri.
Agostino polemizzò con Pelagio anche nel De trinitate, opera in cui entrò in contrasto anche con il Donatismo, un movimento ereticale che prende il proprio nome dal vescovo Donato: i donatisti non volevano riammettere nelle comunità coloro che, per paura, avevano abiurato il cristianesimo durante le persecuzioni.

I.7. Le controversie trinitarie.
Le controversie dottrinali del IV e del V secolo affrontano le questioni della trinità e della cristologia : si tratta di sottili questioni sulla natura umana e divina di Cristo e sul rapporto tra Dio Padre e Cristo figlio. Si tratta, spesso, di “bizantinismi” (dal greco “ragionamenti cavillosi”), cioè di sottili distinzioni che continuano a svilupparsi dopo il Concilio di Nicea. I teologi asiatici affermavano la sola natura divina di Cristo, mentre i teologi egiziani insistevano sulla perfetta fusione della volontà umana e divina di Cristo, identificando i termini “natura” e “volontà” per quanto concerne Cristo.
Il problema del rapporto tra Padre e Figlio era molto sentito perché era quello di credere in un solo Dio e di affermare contemporaneamente Dio e Cristo .
Si distinguono, in materia, le seguenti quattro linee di tendenza, la seconda delle quali a sua volta articolata in due ‘varianti’.
A. Monarchianesimo (dal greco “Monos”, cioè “Uno”), in base alla quale Padre e Figlio sono un’identica persona, e quindi è legittimo affermare che Dio Padre abbia sofferto sulla croce (Patripassionismo). Dio è un solo principio (dal greco “monos”, cioè “Uno” ed “archè”, cioè principio). Si distingue in
1) Dinamico, in base al quale ci sarebbe un’energia, proveniente da Dio, per entrare temporaneamente nell’uomo Gesù al fine di consentirgli si svolgere la sua missione di Messia e salvatore degli uomini, ma è un’energia che ha una durata temporale, quindi è provvisoria.
2) Modalista: Padre, Figlio e Spirito Santo sono tre “modi” che l’Unico Dio assume per rivelarsi agli uomini e salvarli, però Dio è Unico. Il Monarchianesimo Modalista è detto anche Sabellinianesimo (Sabellio è infatti l’interprete principale di questa eresia).
B. Subordizionanismo: è una tesi opposta al Monarchianenisimo, in base alla quale Cristo è subordinato al Padre ed è di natura spirituale inferiore al Padre. Alcuni ‘subordinazionisti’ affermavano che Cristo era un uomo scelto e adottato da Dio (Adozionismo).
C. Arianesimo (dall’eretico Ario, colto ed esperto di filosofia greca): Cristo non è sempre esistito, è stata la prima creatura, e quindi non è contemporaneo né consustanziale al Padre, c’è stato un tempo in cui Cristo non c’era e Dio non era dunque Padre.
D. Nestorianesimo (dall’eretico Nestorio): la Madonna è madre di Cristo, ma non di Dio.
Questo è il quadro delle controversie prima del Concilio di Nicea (325).
La soluzione proposta dall’eresia ariana si colloca agli inizi del IV secolo, tra il 318 ed il 320: ad Alessandria d’Egitto esplode un contrasto tra il vescovo Alessandro ed il sacerdote Ario. Ario viene scomunicato e cacciato da Alessandria, ma diffonderà la sua eresia: Ario affermava che Dio è Unico, Solo, non creato e che tutto ciò che non è Dio, è una creatura di Dio. Anche il Logos, il Verbo di Dio è una sua creazione. Ario non nega la Trinità, ma afferma che nella trinità c’è differenza di natura (c’è quindi una ‘scala’ gerarchica di valori tra la spiritualità di Dio e quella di Cristo) e c’è un rapporto di creazione: Dio ha creato il Figlio e lo Spirito. Al Concilio di Nicea, presieduto dall’imperatore Costantino, parteciparono molti vescovi orientali. Si respinse l’arianesimo e si coniò il credo niceno: Padre e Figlio sono contemporanei e consustanziali (in greco “omusius”) . Il credo fu approvato, sotto forte insistenza di Costantino, per chiudere la discussione, ma pochi anni dopo il problema si riaprì. Ario prese il sopravvento e perseguitò i sostenitori del Concilio niceno, compreso Costantino. Solo con l’imperatore Teodosio, nel 381, al I Concilio di Costantinopoli, si ribadì, contro l’arianesimo, il credo niceno e si affermò che Dio è un’unica sostanza (in greco “usìa”) in 3 persone (“Ipostasi” corrisponde al latino “persona”, che significa “maschera”). Questa è la riflessione di Basilio di Cesarea e dei Padri Cappadoci.
Di fronte a tale magma di interpretazioni e di eresie, necessitava il magistero della Chiesa.

I.8. La disputa cristologica ed i primi concili: i concili di Efeso e Calcedonia (testi).
Che rapporti ci sono tra la natura divina e la natura umana di Cristo? Nel corso del IV e del V secolo furono convocati vari concili per dibattere tale diatriba, che evidenziarono due linee di tendenza:
a. Docetismo (dal greco “apparire, sembrare”). Affermava che la natura umana di Cristo, cioè il corpo, è pura apparenza: quindi Cristo non è morto sulla croce e non ha sofferto, in quanto sulla croce Cristo avrebbe preso un corpo apparente.
b. Adozionismo o Monofisismo: afferma che Cristo sarebbe stato adottato, come si è visto in seno alla disputa trinitaria. Sulla croce non sarebbe dunque morto Dio, ma solo un uomo.
Apollinare di Laodicea, vescovo di Laodicea, città siriana nella quale nel 363-364 si tenne anche il noto concilio atto a stabilire i libri canonici della Bibbia , nel 380 circa affermò che il Logos, Verbo divino, si sarebbe unito alla carne, senza assumere l’anima intellettiva : l’uomo è costituito invece si logos, carne ed anima intellettiva, ma in Cristo coincidono Logos ed anima intellettiva, nel senso che l’anima intellettiva è sostituita dal Logos. Cristo è quindi unione di Logos e carne. La dottrina di Apollinare di Laodicea sarà condannata come eretica: affermava il monifismo, ossia la sola natura divina in Cristo. E’ questa la teologia asiatica ed orientale in genere e specificamente siriana.
Nel 325 con il Concilio di Nicea si supera lo scoglio del subordinazionismo del Figlio al Padre, ma non quello della subordinazione dello Spirito al Padre, tentativo già provato nel vangelo giovanneo, che era riuscito parzialmente nell’intento. In questo Concilio viene coniato il credo e si anatemizzano (cioè si scomunicano) gli ariani che affermavano l’esistenza di un tempo in cui Cristo, prima creatura di Dio, non ci sarebbe stato, come si evince dal seguente passo:
“Noi crediamo in Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili, e in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, unigenito dal Padre, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, consustanziale al Padre
Macedonio, patriarca di Costantinopoli, dà vita all’eresia macedoniana, in base alla quale lo Spirito Santo sarebbe un’energia donata da Dio agli uomini per santificarli. Lo Spirito Santo è quindi subordinato al Figlio ed al Padre, per cui tutte le cose sono state fatte, quelle dei cieli e quelle della terra che, per noi uomini e per la nostra salvezza, è disceso dal cielo, si è incarnato e fatto uomo, ha sofferto ed è risuscitato il terzo giorno, è salito al cielo e verrà a giudicare i vivi e i morti e nello Spirito Santo.
Per coloro che dicono <> e <> ed <> oche dichiarano che il figlio di Dio è di un’altra sostanza o di un’altra essenza o che Egli è creato e sottomesso a cambiamenti o ad alterazione, la Chiesa Cattolica ed apostolica lancia l’anatema” .
Nel 381 viene convocato, dopo il concilio niceno, il I Concilio di Costantinopoli, noto come il “Concilio Costantinopolitano I”: si ribadisce la divinità dello Spirito Santo, che è uguale al Padre ed al Figlio. Lo Spirito Santo è definito, in greco, “Kyrios”, cioè “Signore”; si stabilisce anche che lo Spirito Santo procede dal Padre al Figlio, cioè viene emanato dal Padre ed arriva al Figlio. Si afferma che Padre, Figlio e Spirito Santo sono Dio e che tra il Padre e lo Spirito Santo c’è un rapporto di processione. Sono 3 “ipostasi” (persone) di una sola “usìa” (sostanza), come affermato dal precedente concilio niceno del 325.
Nel 431 viene indetto il I Concilio di Efeso, in risposta all’eresia nestoriana (di Nestorio), che affermava che in Gesù vi erano 2 persone e 2 nature, umana e divina. In questo concilio, convocato dall’imperatore Teodosio II, si stabilisce che Gesù è una sola persona con 2 nature, umana e divina. Inoltre, per Nestorio, Maria non dovrebbe essere chiamata ‘madre di Dio’, ma ‘madre di Cristo’, perché nel Concilio di Nicea si era detto che Gesù era “generato, non creato”. Nestorio fu influenzato dalla teologia siriana.
Il successore di Cirillo, patriarca di Alessandria e nemico di Nestorio, Dioscoro, attribuì a Cristo la sola natura divina (monofisismo) e, nonostante l’opposizione del papa Leone I, nel 449 il II Concilio di Efeso approvò il monofisismo, cioè la dottrina della sola natura divina in Cristo.
Nel 451, quindi vent’anni dopo il I Concilio di Efeso, l’imperatore Marciano convoca il Concilio di Calcedonia, al quale partecipano 600 vescovi. Fu convocato per rispondere all’eresia monofisitica del monaco Eutiche, che sosteneva che Gesù era una sola persona con una sola natura, quella divina; Gesù avrebbe assunto la veste umana soltanto per rivelarsi agli uomini. In questo Concilio si afferma che “c’è un Unico Cristo, Figlio e Signore, consustanziale al Padre secondo la divinità ed agli uomini secondo l’umanità (eccetto che per il peccato, dal quale Cristo è immune), generato dal Padre prima degli eoni (cioè prima del mondo) e da Maria, da riconoscersi in due nature, ciascuna delle quali conserva le proprie proprietà anche quando concorrono a formare una sola persona con 2 nature, che non si confondono, non si mischiano e che marciano congiuntamente, indivise ed inseparate” . Si condannò quindi il monofisismo e si accettò la formula data dal papa Leone I, che proclamava la presenza di 2 nature, umana e divina, in Cristo. Tale decisione fu respinta ad Alessandria e ad Antiochia e le due Chiese, Romana e Bizantina, si divisero: tale scisma durò fino al 518, provocando conflitti in Siria ed in Palestina.
Nel 553 il II Concilio di Costantinopoli o Costantinopolitano II ribadisce che non ci dev’essere mescolanza dell’umano al divino in Cristo.
Nel 680 il III Concilio di Costantinopoli o Costantinopolitano III afferma che ci sono 2 nature in Cristo, umana e divina, ma non c’è contrasto fra loro e “la natura umana segue quella divina”; la “natura umana di Gesù non è stata annullata, ma salvata”. La natura divina segue Cristo e salva la natura umana, che a sua volta segue la natura divina, dalla quale è salvata. Nel testo del Concilio Costantinopolitano III si identificano i termini “natura” e “volontà” riguardo a Cristo e si definisce “anatema” come “scomunica per chi non crede nella trinità”.

CAPITOLO II: LA CHIESA MEDIEVALE (VIII/XV SECOLO).

II.1. Bipartizione o tripartizione del Medioevo? Una questione di interpretazioni storiografiche.
L’interpretazione tradizionale distingue in due parti nette il Medioevo: Alto e Basso, intendendo per la prima il periodo compreso tra la deposizione di Romo Augusto nel 476 e l’affermazione dei comuni intorno all’anno Mille, la seconda che inizia dal Mille e termina con le scoperte geografiche e la scoperta dell’America il 12 ottobre 1493 con Cristoforo Colombo .
A questi tesi convenzionale si oppone un’altra interpretazione, più articolata e pertanto, ci sembra, preferibile: ad un Alto Medioevo, compreso i periodi sopra indicati, segue un lasso di secoli non ‘inquadrabili’ rigidamente né nel primo sopracitato periodo, né nel tardo Medioevo: si tratta dei secoli centrali o ‘ secoli d’oro’ del Medioevo, vale a dire l’arco cronologico che si colloca tra il Mille e il Duecento compreso, relativo ad un rifiorire della vita culturale, politica ed anche religiosa, che riscatta i cosiddetti ‘secoli bui’ del primo Medioevo e che in Italia trova riscontro nell’affermazione dei comuni e delle signorie.
In base a questa interpretazione, che viene pertanto sposata nella presente storia della Chiesa, ai secoli d’oro del Medioevo seguirebbe infine il Basso Medioevo, compreso fra il Trecento ed il Quattrocento .
Andremo ad iniziare quindi la nostra trattazione della storia ecclesiastica con la delineazione della teocrazia (letteralmente “governo di Dio” o “potere di Dio”, in realtà “governo o potere del papa”), del cesaropapismo e la nascita e l’affermazione del monachesimo occidentale.
Resta in ogni caso impossibile pensare di studiare la storia del Medioevo prescindendo dalla storia della cristianità medievale.

II.2. La Chiesa nell’Alto Medioevo: il quadro storico. Teocrazia e Cesaropapismo. L’iconolcastia.
Nel mondo antico i Paesi più interessati alla storia della Chiesa erano quelli dell’area mediterranea e del Vicino Oriente; durante il Medioevo, i territori ove sono presenti gli eventi di maggior rilievo sono quelli più a nord, come Francia, Germania, Inghilterra. Nel Medioevo i rapporti tra potere spirituale e temporale assumono particolare importanza.
Ad Oriente, il più forte baluardo del cristianesimo era l’Impero Bizantino, che, tra il VI ed il VII secolo, dopo Giustiniano, andrà incontro ad una progressiva crisi, sia sul piano politico interno che per quanto concerne la politica estera, a causa dell’espansione araba.
Due eventi storici ebbero infatti importanza per lo spostamento del baricentro geografico dal Mediterraneo al nord Europa:
a. l’espansione dell’Islam;
b. l’espansione del cristianesimo presso le popolazioni germaniche.
Vandali di Genserico nel nord Africa , Visigoti in Spagna, Ostrogoti (chiamati anche semplicemente Goti) in Italia, in particolare a Ravenna, Longobardi in Italia settentrionale, Unni (questi ultimi provenivano dalla Pannonia, con Attila ) sono le popolazioni che formano i regni romano-barbarici sulle rovine dell’Impero Romano: sia ad Ovest che ad Est i popoli ‘barbari’ premono ai confini dell’Impero e le due chiese, d’Oriente e d’Occidente, entrano in contrasto fino alla scissione del 1054, con la quale nasce la Chiesa ortodossa, prima grande frattura del cattolicesimo. Nella Chiesa d’Oriente, più legata all’imperatore, si parla greco, in quella d’Occidente, subordinata al papa, si parla latino: la tradizione imperiale, anche se crolla in Occidente, prosegue quindi in Oriente, cosicché si può legittimamente parlare di
a. cesaropapismo in Oriente (dominio dell’ imperatore sul papa);
b. teocrazia in Occidente (dominio del papa sull’imperatore).
I vescovi erano nominati dal potere imperiale e nel regno dei Franchi, con Clodoveo, si assegnano poteri politici ai vescovi.
Una parte dei popoli slavi (polacchi, croati, sloveni, finnici) sono influenzati dalla Chiesa bizantina d’Oriente. Il re dei Visigoti, Recaredo, si converte al cristianesimo nel 581. Da ricordare, in ambito culturale, Isidoro di Siviglia, che raccoglie una vastissima biblioteca di tutto lo scibile umano al tempo conosciuto.
Il problema nasce proprio per quanto concerne le interferenze dell’Impero sulla Chiesa e viceversa. Si affermò, in Occidente, il principio del primato universale del papato. Ciò sarà fonte di problemi e conflitti tra autorità laica ed ecclesiastica; è anche vero che in Occidente mancava un’autorità imperiale, per cui il papato divenne la massima autorità in Occidente, agli occhi dei Franchi. Il papato trovò nel regno Franco un protettore. Il regno dei franchi era formalmente governato dalla dinastia dei merovingi, ma di fatto dai feudatari di palazzo (maggiordomi).
Nel 610 Maometto annuncia il suo credo ed afferma che non si può rappresentare figurativamente Dio. L’imperatore d’Oriente Leone III intorno al 740 decide arbitrariamente di distruggere tutte le immagini sacre (iconoclastia): Giovanni Damasceno si oppone all’iconoclastia. Nel 638 intanto Maometto conquista Gerusalemme e nell’ VIII secolo arriva in Europa con l’esercito musulmano.
San Bonifacio è un umile monaco inglese: è il grande evangelizzatore, nell’VIII secolo, dell’Europa del Nord e della Germania in particolare, della quale diventa vescovo. Nel 731 muore il papa Gregorio II, il nuovo papa è Gregorio III, che difende il culto delle immagini contro l’imperatore bizantino, aiutando in questa battaglia San Bonifacio, che viene però ucciso nel 755, insieme a 51 suoi compagni. San Bonifacio fu quindi martire e missionario.
Con Carlo Martello, che sconfisse gli Arabi a Poitiers nel 732, costrinse molti popoli a convertirsi al cattolicesimo, anche con la forza, ma si appropria anche di territori della chiesa, che distribuisce ai suoi nobili. Si aprì così la strada all’ascesa dei carolingi, che nella metà dell’VIII secolo istituirono un’alleanza con la Chiesa. Carlo Martello ha due figli: Carlomanno e Pipino il Breve, che alla fine si ritirerà in convento a Montecassino, ove morirà. Il papa Zaccaria aiutò Pipino il Breve a diventare re nel 751, eliminando i merovingi; i carolingi s’impegnarono così a difendere la Chiesa. Il papa Stefano II consolidò l’alleanza con i Franchi di Pipino (che era un maggiordomo) ed a Pipino conferì il titolo di “patrizio dei romani”, cioè difensore di Roma: la Chiesa fece ripetuti doni ai Franchi, in cambio di protezione militare. Il longobardo Astolfo intanto assedia Roma, ma viene sconfitto e deve restituire alla Chiesa tutti i territori che aveva conquistato e nel 728 i, re longobardo Liutprando dona alla Chiesa la città di Sutri . Con Carlo Magno il regno dei Franchi raggiunse la sua massima espansione: Carlo Magno adottò, in tutto il suo impero, il diritto romano e la liturgia romana ed impose a tutti i conventi ed a tutti i monasteri la ‘Regola’ benedettina. Paladino, quindi, della Chiesa ufficiale di Roma (difese innanzitutto il papa Adriano), fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero dal papa Leone III la notte di Natale dell’ 800; Carlo Magno si sentiva ‘protettore’, ma anche, in un certo senso, ‘padrone’ della Chiesa. Ma Carlo Magno muore nell’ 814 e, avendo diviso, per testamento, l’Impero tra i suoi figli, non degni del padre, l’Impero si sgretola rapidamente e crolla ufficialmente nell’887 con la deposizione di Carlo il Grosso, ultimo dei carolingi. Nell’877 Carlo il Calvo, con il Capitolare di Quierzy, aveva intanto concesso carattere ereditario ai feudi maggiori, atto importante per quanto concerneva l’investitura dei vescovi- conti, come vedremo più avanti. Con Ludovico il Pio era nato il feudalesimo. Nel IX secolo nascono anche le abbazie, le cattedrali e le ‘scuole cattedrali’, dove ‘si produce’ cultura. Ludovico il Pio abdica il trono ai figli e si ritira in contemplazione mistica: morto il figlio Pipino, il trono viene diviso fra gli altri 3 figli: Lotario, che ottiene parte della Francia e dell’Italia, Carlo il Calvo, che ottiene la Francia, Ludovico II, che ottiene la Germania e viene infatti chiamato Ludovico il Germanico.
Vickinghi, Angli, Sassoni, Yuti, Magiari, Ungari, Aglabiti sono i nuovi barbari che premono alle porte dell’Impero, mentre i saraceni saccheggiano le basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le mura a Roma. Nel giro di pochi anni si succedono una ventina di papi: a Sergio II segue Leone IV, che fortifica Roma con le mura. Intanto si diffondono anche le paure millenaristiche per la fine del mondo e molte sette annunciano il ritorno (parusia, in greco) di Cristo sulla terra.
Si diffonde anche l’organo come strumento liturgico per eccellenza. Dalle scuole monastiche nascono uomini di scienza, di Chiesa e di lettere che entreranno in competizione intellettuale con gli scienziati ed i medici arabi.
I santi Cirillo e Metodio sono i grandi evangelizzatori delle popolazioni slave e della Russia in particolare, come della Moravia e della Pannonia: usano la lingua slava, nella loro opera evangelizzatrice, al fine di essere più vicini alle popolazioni locali, con l’approvazione del papa Adriano II. Nell’855 muore Metodio: è stato lui a creare l’alfabeto cirillico. Tradussero le Sacre Scritture in lingua slava.
Chiesa ed Impero, nell’Alto Medioevo, contribuiscono a formare l’unità dell’Europa: questo è il dato fondamentale a cui si arriva.
Anche il re Stefano converte al cattolicesimo le popolazioni d’Ungheria.
I Normanni sconfiggono il papa Leone IX, ma non lo umiliano, anzi, si dichiarano suoi vassalli.
Michele Cerulario è patriarca di Costantinopoli e chiude tutte le chiese di rito latino. Il papa reagisce e nel 1054 scomunica Michele Cerulario, che scomunica a sua volta il papa: è il Grande Scisma d’Oriente, che porta alla nascita della Chiesa ortodossa. A Grottaferrata, a pochi chilometri da Roma, i monaci cattolici, fedeli alla tradizione, celebrano ancora oggi la messa in lingua greca: è una Chiesa antica, che risale al 1004, quindi a 50 anni prima dello Scisma.
Ai Carolingi seguono gli Ottoni: il centro dell’impero si sposta in Germania e nel X secolo Ottone I di Sassonia viene incoronato dal papa Giovanni XII: la Chiesa si lega ora al regno germanico, che è però diviso, a differenza dell’impero carolingio, che era stato ben saldo sotto Carlo Magno. Per la Chiesa iniziano secolo bui. Il Sacro Romano Impero durerà fino al 1806, con la vittoria napoleonica sulla Prussia nella battaglia di Jena, che segna la fine del I Reich .
Inizia la cristianizzazione dell’immensa Russia, da Kiev fino a Mosca, fino al mar glaciale artico: qui la cristianizzazione è fortemente segnata dal monachesimo orientale, mentre l’Islam avanzava sempre più verso Occidente. La Chiesa irlandese era invece fortemente improntata dal monachesimo.
Nel 1453 Costantinopoli cade nelle mani dei turchi ed è questo un colpo durissimo per la cristianità e per Venezia, interessata agli scambi commerciali: il nuovo nome della città, l’antica Bisanzio, diventa Istanbul.
Il crollo dell’Impero romano d’Oriente agevola la Russia: Mosca apparve come la ‘terza Roma’, dopo Roma e Bisanzio, e la Chiesa ortodossa avrà un ruolo fondamentale di collaborazione con il potere dello zar, al fine di costituire il nuovo Stato russo come uno Stato confessionale, riconoscente cioè una sola religione, quella ortodossa in questo caso, come religione ufficiale dello Stato.
Ad Ovest la diffusione del cristianesimo tra i popoli romano-barbarici plasmò la Chiesa medievale d’Occidente, cioè la Chiesa latina, ed anche qui ci sarà uno stretto collegamento tra i due poteri, imperiale ed ecclesiale.
Anche la fusione del cristianesimo con le civiltà germaniche sarà caratterizzata da uno stretto rapporto tra potere politico, cioè temporale, e potere spirituale.
L’imperatore tende, ad Oriente, ad imporre la sua volontà sulla Chiesa, e così si parla di “cesaropapismo”, mentre ad Occidente il rapporto tra Impero e Papato è più dialettico.
Gregorio I, noto come Gregorio Magno (il cui pontificato si colloca tra il 590 ed il 604), appare come l’ideale successore di Pietro e con lui vengono stilizzati alcuni modelli di imperatori cristiani tratti dall’Antico Testamento, come il re David. E’ lui che ci ha donato il canto gregoriano. Altro modello di sovrano sarà l’imperatore Costantino. Carlo Magno riprenderà proprio, nell’organizzazione dell’Impero carolingio, il modello del re David. Il battesimo, ad esempio, del re franco Clodoveo, avvenuto nel 496, si rivelò una scelta di vasta portata. La maggior parte delle popolazioni delle monarchie romano-barbariche aveva fatto propria l’eresia ariana, secondo la quale il logos, cioè Cristo, era stato creato come ‘prima creatura’: ci sarebbe stato cioè un periodo di tempo in cui Cristo non c’era. La Chiesa è l’unica istituzione che è sopravvissuta a secoli di barbarie. Nel 325 il Concilio di Nicea, con il “Credo”, che viene coniato in questa sede, ribadì che Cristo è invece consustanziale e contemporaneo a Dio; gli eretici ariani vengono scomunicati con anatemi nello stesso Concilio di Nicea. Nel 381 il Concilio Costantinopolitano I ribadisce la condanna dell’arianesimo e conferma il dogma della trinità nella formulazione data da Atanasio, antagonista di Ario.
Con l’avvento del feudalesimo nascono le figure dei ‘vescovi-conti’: i vescovi comandano un territorio e sono di discendenza nobile. Alla morte del vescovo il feudo tornava nelle mani del re, che lo dava in gestione ad altra persona da lui liberamente scelta, in quanto il vescovo, ovviamente, non poteva avere eredi.
I popoli germanici, fino al VII secolo, rimangono ariani. In Francia la dinastia dei merovingi, con Clodoveo, portò all’instaurazione della dinastia dei carolingi, che, con Carlo Magno, vedrà la ricostruzione di un Impero in Occidente (in parte della penisola italica, in Francia
Germania): Carlo Magno regnò dal 760 all’814 e nella notte di Natale dell’ 800 il papa lo incoronerà imperatore del Sacro Romano Impero .

II.3. Il monachesimo medievale (III/IX secolo): il monachesimo anacoretico e cenobitico, orientale ed occidentale. Trionfo della “Regola” benedettina. La “Regola” di Benedetto da Norcia (testo). L’eresia monotelita.
Gli inizi del monachesimo sono dovuti essenzialmente al fatto che fin dalle origini il cristianesimo si trovò esposto ad una polarità:
a. Il desiderio di ‘superare’ il mondo terreno e
b. La missione di cristianizzazione del mondo .
Il monachesimo cristiano fu improntato fin dai primi secoli alla fuga dal mondo, ma in seguito si volse anche all’opera missionaria di evangelizzare il mondo allora conosciuto. Nel IV secolo il cristianesimo è una religione già diffusissima, mentre si sfascia l’Impero Romano.
Il termine ‘monaco’ (dal greco “monos”, che significa “uno solo”) nasce nel Medio Oriente, esattamente in Egitto, ed il substrato culturale fu costituito dalla pratica dell’eremitaggio: per meritare la vita eterna si fanno rinunce, astinenze e penitenze varie.
Il primo monachesimo richiede una vita molto dura, di privazione, quasi a ricordare i 40 giorni di penitenza nel deserto di cui si parla nell’Antico Testamento;, ai quali seguì la missione di annuncio. I primi monaci, quindi, abbandonarono i legami familiari e “fuoriuscirono” dalle città (dal verbo greco “anakorein” che significa proprio “fuoriuscire”). I primi monaci sono i “Padri del deserto” e sono eremiti che si dedicano ad una vita di rinunce, solitudine, preghiera.
L’Egitto del III secolo è la patria del monachesimo cristiano, che poi si sviluppa in Siria, Palestina, Asia Minore: Sant’Antonio Abate, morto nel 356, è considerato il modello di tutti gli eremiti successivi.
Sorsero delle comunità di eremiti: è il fenomeno del “cenobitismo” (dal greco “koinòs” e “biòs”, vale a dire “vita in comune”).
I monaci si riunivano per condurre una vita comunitaria ascetica sotto una direzione unitaria: questo modello si sviluppò fin dal IV secolo. Pacomio è l’esponente principale di questo cenobitismo, che ha il suo fondatore appunto in Sant’Antonio Abate; Pacomio muore nel 347 ed è quindi contemporaneo di Sant’Antonio Abate. Ad esempio, certosini e camaldolesi sono grandi ordini di eremiti, che tuttavia hanno anche una parte della vita in comunità, come i pasti; i trappisti, caratterizzati dalla pratica del silenzio, sono un altro ordine di eremiti. Gli eremiti devono avere uguaglianza nell’abbigliamento e nell’alimentazione; le comunità di eremiti hanno una regola scritta e sono tenute all’obbedienza al superiore. Il vescovo Basilio di Cesarea divenne il maestro delle forme di vita monastica, fu infatti considerato il maestro teologico della vita monastica. Gli scritti di Basilio costituiscono ancora oggi il fondamento della vita monastica nelle chiese ortodosse. I monaci hanno ovviamente l’obbligo del celibato: i vescovi ortodossi sono scelti tra i monaci, che sono celibi, e non tra il clero secolare, che può sposarsi. Il monachesimo russo ricoprì un ruolo importante per la cristianizzazione.
Nell’Occidente latino, le prime notizie del monachesimo, sia anacoretico che cenobitico, sono note fin dal IV secolo e furono portate dal vescovo Atanasio di Alessandria, morto nel 373, difensore del credo niceno ed avversario di Ario; Atanasio scrisse la biografia di Sant’Antonio Abate, che ebbe ampia diffusione in Occidente, ed anche Agostino e Girolamo furono influenzati da Atanasio nei loro scritti di esaltazione della vita monastica. La regola agostiniana è infatti ispirata alle indicazioni di Atanasio ed è la più antica regola monacale dell’Occidente cristiano. Ma l’ordine monastico per eccellenza sarà quello benedettino, fondato da Benedetto da Norcia.
Il monachesimo orientale entrò quindi in Occidente, soprattutto in Gallia, Irlanda e Scozia; singoli vescovi ed autori, come Ambrogio di Milano, San Martino di Tours in Gallia, Giovanni Cassiano, Eusebio di Vercelli, Paolino di Nola, sollecitarono e favorirono la convivenza di chierici e laici alla maniera dei monaci, tra IV e V secolo, in forma cenobitica. Da ricordare, tra i personaggi importanti del monachesimo, San Colombano, che scende dall’Irlanda e fonda vari monasteri nell’Europa meridionale, come San Gallo in Svizzera; San Colombano muore infatti in Italia nel 615, l’anno successivo alla fondazione della sua “Regola” (614). Furono evangelizzate soprattutto le campagne, tra VI e VII secolo, con San Colombano, che scrisse anche una “Regola conventuale” per i monaci. Il monachesimo irlandese e scozzese era molto severo, mentre la “Regola” benedettina è più flessibile e adattabile alle esigenze locali. Leggiamo qualche passo della notissima “Regola”:
“Quanto al monaco reo di colpa più grave, sia escluso dalla mensa e anche dal coro. Nessuno altro gli si avvicini per compagnia o per compassione. Stia da solo al lavoro che gli è imposto, rimanendo nella tristezza della penitenza […]. Nessuno osi dare o ricevere qualche cosa senza il permesso dell’abbate, né avere qualche cosa di proprio, assolutamente nulla […]. Alle mense dei monaci non deve mai mancare la lettura […]. Crediamo che per la quotidiana refezione […] in ogni stagione bastino due pietanze cotte […], per il pane ne basti una libbra abbondante al giorno […]. L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci in determinate ore devono attendere al lavoro manuale e in altre ore, anch’esse determinate, alla lettura spirituale [. . .]. Come arredamento del letto, poi, bastino un pagliericcio, un lenzuolo, una coperta ed un cuscino” .
L’imperatore d’Oriente, il diciassettenne Costante, arresta il papa Martino, che con il “Sinodo del Laterano” del 649 si era opposto all’eresia di Costante, detta “Monotelismo”, che affermava che solo Dio Padre è vero Dio, non il figlio Cristo. Agatone, successore di Martino, riuscirà ad affermare la verità contro Costante.
Si diffonde, in questo periodo, anche il monachesimo femminile.
A Roma, tra VII ed VIII secolo, si diffonde la “Regola Magistri”, articolata con domande dell’aspirante monaco e risposte .
La ”Regola” benedettina fu redatta, invece, negli anni 30-40 del VI secolo; essa, nel noto motto “Ora et labora”, fonde norme pratiche con enunciati di Agostino sulla vita spirituale, utilità pratica e meditazione. Si svilupperà anche un monachesimo benedettino anglosassone. Il monachesimo occidentale, fino al 700, cioè in 300 anni di storia, darà vita a circa 30 regole diverse, anche se poi prevarrà la “Regola” benedettina.
Segue un’altra ondata di monachesimo irlandese, che si fonde con il monachesimo benedettino.
Attorno al 628 anche la “Regola” benedettina verrà assunta dal monachesimo irlandese, che seguiva invece la linea di San Colombano; la “Regola” benedettina era meno ferrea e più commisurata alle esigenze delle persone.
Tra VII ed VIII secolo, la “Regola” benedettina diventa dominante in Europa ed i monasteri diventano sempre più importanti dal punto di vista economico, diventano vere e proprie aziende agricole, anche grazie a molte donazioni ricevute.
Il monachesimo benedettino, con epicentro a Cassino, nel Lazio, si afferma definitivamente e ciò servì anche, tra VIII e IX secolo, a rafforzare l’Impero carolingio di Carlo Magno, paladino della cristianità: l’Impero si estenderà, in linea orizzontale, dall’Atlantico all’Europa orientale (fino al fiume Elba, nella Germania orientale ed in Boemia) e, in linea verticale, dal Mare del Nord ai Pirenei, compresi i territori longobardi dell’Italia centro-settentrionale.
A Carlo Magno successe il figlio Ludovico il Pio: i sinodi dell’816 e dell’817 stabiliscono che tutti i conventi dell’impero franco devono seguire la “Regola” benedettina.
Inizialmente tutti i conventi di monaci sono costituiti in maggioranza da laici, ma dal IX secolo subentra il cambiamento: la consacrazione sacerdotale diventa il coronamento della vita monacale ed i conventi si riempiono di chierici, e non più di laici.
Nei conventi venivano celebrate molte messe: per questo le grandi chiese si riempiono di altari laterali ove si celebravano le messe. La “Regola” benedettina è la medesima sia per i benedettini che per le benedettine.

II.4. La Riforma gregoriana.
Nella cultura germanica la Chiesa acquisisce una dimensione ‘agraria’.
In Germania il sacerdote è più svincolato dal vescovo, a partire dal VII secolo e questo aspetto penetrerà nell’Impero carolingio ed in quello degli Ottoni . Le Chiese diventano chiese ‘private’: l’imperatore conferiva un “beneficium”, una terra, una rendita, ai sacerdoti. Molti letterati, in questo contesto, ottengono un beneficio ecclesiastico o lavorano presso la corte di un signore. La società germanica è rigorosamente divisa in classi sociali e ciò si ritrova nella struttura della Chiesa, articolata in alto e basso clero.
Altra concezione è la sacralità del potere regio.
Al vertice della Chiesa, nella cultura germanica, c’è il re o l’imperatore, non il papa o il vescovo, tra IX e X secolo.
In Occidente, dopo Carlo Magno, l’Impero ai sfalda rapidamente ed anche la Chiesa romana declina e va in mano alle famiglie romane nobili, che eleggono il papa, che da ora in avanti, per molti secoli, fino quasi ai giorni nostri, proviene dall’alta nobiltà italiana e romana in particolare.
Tra IX e X secolo, con Ungari, Magiari, Aglabiti, Saraceni, si assiste ad una seconda ondata di invasioni barbariche.
In questo contesto nascono voci di riforma morale della Chiesa, come il movimento cluniacense in Francia, che critica il concubinato del clero e la simonia, cioè l’acquisizione delle cariche ecclesiastiche per denaro: a Cluny l’abbazia, fondata nel 910, dipende direttamente dal papa. Questa esigenza di una maggiore spiritualità favorisce la nascita di nuovi ordini, come i camaldolesi, i cistercensi ed i catari. Si ricerca una vita spirituale più pura e più povera. Dal IX secolo in Francia (Lorena, Borgogna, Germania ed Italia) ed in Italia si formano nuove strutture politiche, come i Sassoni e poi la dinastia salica in Germania. La Germania diventa lo ‘Stato guida’ ed Enrico III il Salico nell’ XI secolo incarna il carattere sacrale del sovrano: ai re venivano attribuiti anche poteri di guaritori . Il re è “vicarius Christi”: è un potere che proviene dalla cultura germanica. Il re è anche difensore e protettore della fede e della Chiesa, quindi direziona la Chiesa. Cristo in persona incarna il re, che è il sovrano “per grazia di Dio”, il sovrano è “l’Unto del Signore”, come stabilisce un sinodo del 916, così come anche il vescovo. E’ considerato un sacramento il giuramento di fedeltà al re: la rottura del sacramento è un sacrilegio. Il sovrano conferiva al vescovo l’anello o il pastorale, il sovrano, in Germania, assumeva potere spirituale e temporale.
Nel 1046 Enrico III interviene sulla nomina del papa, che è contesa da 3 pretendenti: Enrico III esclude gli altri pretendenti al soglio pontificio e, proclamatosi patrizio romano, si arrogò il potere di nominare il papa. Nominò un papa tedesco, a cui ne seguirono altri 3, tutti tedeschi. Tra questi vi è il papa Leone IX, che ha il pontificato più lungo, fino al 1054, anno dello Scisma tra Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente e di nascita della Chiesa ortodossa. Leone IX viaggiò in Francia, Italia e Germania e ristabilì il prestigio del papa. Nascono i collegi cardinalizi, che assecondano il papa e la Chiesa comincia così a svincolarsi dall’Impero e dall’imperatore. Obiettivi dei papi saranno:
a. Ricondurre la Chiesa sotto il papa;
b. Riformare la Chiesa.
Pier Damiani, poi santificato, è un cardinale che agevola la riforma: insiste sul celibato dei religiosi e condanna il concubinato ed il matrimonio dei preti, assai diffuso nella Chiesa primitiva ed altomedievale, soprattutto nelle campagne.
Il papa Niccolò II, predecessore di Gregorio VII, stabilì che solo il collegio cardinalizio poteva eleggere il papa: iniziano i contrasti per le investiture.
Ildebrando da Soana diventa papa con il nome di Gregorio VII, che attuerà la Riforma gregoriana, che prende il suo nome, proponendosi di realizzare i due suddetti obiettivi. Si rompe così il meccanismo di nomina da parte del monarca.

II.5. La lotta per le investiture. Il “Dictatus Papae” (testo) ed il “Concordato di Worms”.
La “lotta per le investiture” si colloca tra l’ XI ed il XII secolo . Tale conflitto trae origine dall’investimento dei vescovi e dei grandi abati nei loro feudi, che avveniva per nomina regia, in quanto i monarchi consideravano la Chiesa soggetta al proprio territorio, come si è detto, una ‘Chiesa propria’. E’ un’antica consuetudine germanica. Da qui nasce l’attrito con il potere spirituale. L’investitura era simbolicamente rappresentata con la consegna, da parte del re, dell’anello e del pastorale: questo comportava il “beneficium” da parte del re. Tale pratica era già viva con Ottone I di Sassonia. I laici lasciavano i territori ai figli , ma la successione feudale ereditaria non valeva, per i religiosi, per cui, alla morte del feudatario religioso, il feudo tornava al re.
Il conflitto iniziò con il pontificato di Alessandro II, che era stato vescovo di Lucca all’inizio dell’XI secolo, e proseguì con il nuovo papa Gregorio VII, che entrò in conflitto con l’imperatore Enrico IV di Franconia. La disputa riguarda inizialmente la Germania, ma ben presto si estese al resto d’Europa, anche se in tono minore. Gregorio VII difese la purezza della Chiesa, alla cui spiritualità dovevano piegarsi anche i re e gli imperatori, e con il “Dictatus Papae” del 1075 il papa si arrogava il diritto di deporre l’imperatore e con la scomunica dispensava i vassalli dall’obbedienza a qualsiasi feudatario, fosse questo anche appunto l’imperatore stesso, come emerge dal testo:
“1.La Chiesa romana è stata fondata da un solo Signore.
2.Solo il romano pontefice è definito a titolo universale.
3.Solo lui può deporre o assolvere i vescovi.
4.Il suo legato in un concilio è al di sopra di tutti i vescovi, anche se è loro inferiore per grado, e può pronunciare una sentenza di deposizione contro di essi […].
8.Egli solo può usare le insegne imperiali.
9.Soltanto al papa tutti i principi baciano i piedi.
10.Egli è il solo il cui nome sia pronunciato in tutte le chiese.
11.Il suo nome è unico nel mondo.
12.A lui è permesso deporre gli imperatori” .
Ciò che emerge dal testo è la pretesa di universalità del papa in persona, unico da considerarsi universale: al papa soltanto spetta dunque la nomina dei vescovi, ma anche il controllo del potere imperiale, che può esistere solo per delega pontificia. Alla vigilia dello scontro che avrebbe opposto Gregorio VII all’imperatore Enrico IV, si sostiene la superiorità sia spirituale che temporale della Chiesa e del papa in particolare.
Nel gennaio 1076 Enrico IV reagì convocando la Dieta di Worms, con la quale decretò la deposizione di Gregorio VII, ma questi reagì scomunicando l’imperatore nel febbraio 1076. Enrico IV allora, dato il carattere politico che la scomunica aveva, nel gennaio 1077 si recò in ginocchio a Canossa ed ottenne l’assoluzione del papa, ma la lotta riprese.
I successori, l’imperatore Enrico V ed il papa Callisto II, nel 1122 firmarono il Concordato di Worms, che stabiliva quanto segue:
a. Il sovrano rinunciava alla simbolica investitura degli ecclesiastici, ma il vescovo doveva giurare fedeltà al sovrano e riceveva l’anello ed il pastorale dal papa, ma lo scettro dall’imperatore.
b. Il vescovo prima veniva eletto dai canonici del diritto (che erano ovviamente dei religiosi), poi veniva investito dei beni da parte del sovrano ed infine consacrato dal pontefice.
Con il Concordato di Worms, l’imperatore, rinunziando all’investitura con l’anello ed il pastorale ed accettando il principio della libera elezione e consacrazione, implicitamente abbandonava ogni sua pretesa al conferimento di dignità e poteri spirituali e riconosceva i diritti della diocesi e della provincia; per parte sua, la Chiesa riconosceva la fondatezza del diritto imperiale a concedere o a revocare i possessi o l’autorità dei vescovi o degli abati in quanto signori temporali.
Nel 1119 il papa Callisto II aveva intanto approvato la “Regola” di Bernardo di Chiaravalle, dell’ordine cistercense: nel 1145 Eugenio III è il nuovo papa, un cistercense.
Nel 1170 l’arcivescovo Thomas Beckett viene ucciso in cattedrale ed il papa Alessandro III lo proclama martire e santo; Alessandro III sentenzia anche che per essere eletto papa occorrono 2/3 dei voti del collegio cardinalizio.
Tra il Duecento ed il Trecento si stabilì la necessità della conferma papale sull’elezione del vescovo: la Chiesa inizia così a configurarsi come una monarchia assoluta retta dal papa.

II.6. Le crociate: missione, espansione e difesa della cristianità.
Nel 1095 il papa Urbano II, al Concilio di Clermont, aveva indetto la I crociata per liberare Gerusalemme ed il “santo sepolcro” dalle mani degli Arabi; le crociate successive alla prima avranno motivazioni più economiche.
Le prime crociate erano invece animate da un profondo spirito religioso, come la “crociata dei bambini” , spirito che, nel corso del tempo, andò progressivamente smarrendosi per lasciare
il posto ad interessi sempre economico-commerciali. Alle prime crociate parteciparono anche donne, bambini, vecchi, poveri ; vi fu infatti anche una cosiddetta “crociata dei pezzenti”.
Con le crociate la cristianità prende coscienza di sé e si arma contro un nemico comune: l’islamismo .
In origine le crociate sono pellegrinaggi di purificazione e penitenza: si vuole andare nei luoghi ove Cristo è nato, è vissuto, ha sofferto ed è morto per essere più vicini a Lui nel giorno della resurrezione.
A questa motivazione spirituale se ne aggiunge una più pratica, che ben presto si trasformerà in motivo economico e che prenderà il sopravvento sulla causa iniziale: i turchi, provenienti dalle steppe dell’Asia centrale, stanno minacciando la cristianità in Oriente, e particolarmente Gerusalemme: la Chiesa organizza così la sua “guerra santa” ed il papa promette un’indulgenza plenaria dei peccati a coloro che partono per liberare il santo sepolcro dalle mani degli arabi. L’entusiasmo, alla partenza per la prima crociata, è immenso anche tra i poveri.
Alla prima crociata, iniziata nel 1096 e conclusasi nel 1099 con la presa di Gerusalemme, partecipano signori feudali come Goffredo di Buglione e Tancredi.
Nella seconda crociata (1147/49) si cerca di liberare il porto di Edessa, che era stato riconquistato dai musulmani.
Nella terza crociata (1188/90) l’imperatore Federico I di Svevia detto il “Barbarossa” ed il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone tentano invano di liberare Gerusalemme, che era già stata riconquistata, ma riuscirono soltanto a prendere l’isola di Cipro, che divenne un regno indipendente.
La quarta crociata (1202-1204) si concluse con il “sacco di Costantinopoli” e la fondazione di un impero latino a Costantinopoli, città sorta sul luogo dell’antica Bisanzio. La crociata fu diretta da Venezia, che vedeva appunto la possibilità di ampliare il proprio emporio commerciale.
Dopo la V crociata del 1218, Francesco d’Assisi, recatosi in Medio Oriente, incontra il sultano d’Egitto, tenta l’evangelizzazione di quelle terre, ma la sua missione fallisce .
San Luigi partecipa alla VII ed all’VIII crociata, dove muore.
Il bilancio finale sarà però deludente: gli ordini cavallereschi fondati, come quello dei Templari o degli Ospedalieri o di San Giovanni, spariscono uno dopo l’altro e nel 1187 il sultano Saladino riconquista Gerusalemme ed alla fine del XIII secolo non ci sono più crociati in Palestina.
Le crociate hanno comunque contribuito a rafforzare il potere del papa, anche se hanno allargato il solco tra cristiani d’Occidente e d’Oriente; molti crociati si diedero a furti e saccheggi nei luoghi conquistati .

II.7. La rinascita religiosa tra XII e XIII secolo: gli ordini mendicanti nei secoli centrali o “secoli d’oro” del Medioevo. La “Regula bullata” (testo).
I secoli XII e XIII rappresentano non soltanto momenti di guerre, ma anche di risveglio spirituale autentico, per la Chiesa , con il ritorno alla spiritualità evangelica della Chiesa primitiva; in questo contesto assistiamo alla fondazione di nuovi ordini, come camaldolesi e cistercensi.
Nel XIII secolo nascono gli ordini mendicanti: francescani, domenicani (letteralmente “cani del Signore”, da Domenico di Guzman, poi santificato), agostiniani, carmelitani scalzi. Fu Innocenzo III che affidò a Domenico il compito di predicare presso gli eretici . L’ordine dei domenicani si caratterizzava per
a. Una vita in comune, in convento, una vita quindi fraterna (“Convento” significa proprio “convenire”, cioè “venire insieme”, in latino);
b. Concentrazione sullo studio, invece che sul lavoro manuale;
c. Attività di predicazione.
Fin dal Duecento, nella Chiesa occidentale, si era affiancato un nuovo movimento: è un movimento pauperistico che tende a rivivere la povertà di Cristo . Tali movimenti si diffusero nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale: si tratta dei catari (dal greco “cataros” che significa “puro”) e dei valdesi (da Pietro Valdo, il fondatore). I catari caddero nell’eresia, i valdesi, invece, confluirono nel calvinismo cinquecentesco. I catari distinguevano radicalmente buoni e cattivi, bene e male e predicavano un ritorno alla Chiesa delle origini; gli albigesi erano invece i catari della città francese di Alby, e furono sterminati dal papa Innocenzo III, che lanciò addirittura una crociata contro gli albigesi nel Concilio Lateranense IV del 1215; si ricordi anche il grande rogo dei catari, avvenuto nell’arena di Verona, nella quale furono arsi vivi oltre 2000 catari, e questo fu il più grande rogo collettivo che la storia ricordi. Erano sorti intorno al 1140. Per loro il mondo era stato creato da un Dio cattivo, quello dell’Antico Testamento, al quale contrapponevano un Dio buono, quello del Nuovo Testamento; condannavano anche il matrimonio.
In questo contesto di pauperismo eretico, che criticava aspramente la ricchezza della curia romana, nacque anche un movimento pauperistico cattolico: quello dei francescani o “frati minori”, nel primo Duecento, con Francesco d’Assisi, giovane di ricca famiglia, poi santificato. A San Damiano il crocefisso gli parla, dicendogli di ricostruire la sua Chiesa. Innocenzo III riconobbe solo informalmente l’ordine francescano , che ricevette il riconoscimento formale solo nel 1223 dal vecchio e buon papa Onorio III, ma i francescani, a differenza dei movimenti pauperistici prima citati, non attaccavano la Chiesa, si limitavano a vivere seguendo l’esempio della povertà di Cristo e chiedendo di essere riconosciuti. Nella prima “Regola” si dice che il frate deve possedere soltanto un paio di sandali, il saio e la corda per legare il saio alla vita. Nel 1224 Francesco d’Assisi scrisse il notissimo “Cantico delle creature”, un inno di lode a Dio per la creazione naturale e nel 1226 morì. I conventi francescani si mantenevano con il lavoro e le elemosine. I frati ed i rispettivi conventi non dovevano avere proprietà, come emerge dalla “Regola” francescana, i singoli conventi facevano capo alle province ed i padri superiori erano eletti a tempo determinato, non a vita: è questo un tratto sicuramente democratico all’interno della Chiesa cattolica. Seguaci di Francesco furono Chiara, che si dedicò ad una vita di preghiera e di contemplazione, da cui nacque l’ordine delle clarisse, oggi molto attive ad Assisi, insieme ai francescani, Egidio, Silvestro . Nel 1120 cinque frati vengono individuati ed uccisi in Marocco, dove erano andati ad evangelizzare.
Di particolare importanza ci sembra la Regula bullata, ovvero la “Regola francescana”, della quale ci limitiamo a riportare alcuni passi:
“Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano, direttamente o per interposta persona, denari o moneta […].
Quei frati, cui il Signore ha concesso la grazia del lavoro, lavorino con fedeltà e devozione in modo che, tenuto lontano l’ozio, nemico dell’anima, non abbiano ad estinguere lo spirito di orazione e devozione, al quale debbono servire tutte le altre cose temporali. Come mercede poi della fatica, ricevano per sé e per i frati le cose necessarie al corpo, esclusi però il denaro e la moneta, e ciò umilmente, come avviene a servi di Dio ed a seguaci della santissima povertà” .
Come si evince dallo stesso testo francescano, si insiste moltissimo sul senso della povertà.
Contemporaneamente nacque l’ordine domenicano o dei predicatori, con uno scopo più intellettuale e meno ‘pratico’ di quello francescano: i domenicani si dedicarono infatti allo studio ed alla predicazione e si può affermare con certezza che fin dal primo Duecento francescani e domenicani costituiscono le due ‘anime’ della Chiesa, tra loro complementari.
Dopo la morte di Francesco (1226), l’ordine francescano si scinde in due correnti: gli spirituali, con figure come Jacopone da Todi, scomunicato dal papa Bonifacio VIII, ed i conventuali, ai quali fu idealmente vicino Bonifacio VIII. Gli spirituali erano fedelissimi alla “Regola” francescana della povertà evangelica e criticavano il fasto dell’alto clero e lo stesso papa, mentre i conventuali erano inclini ad un’interpretazione più indulgente della “Regola”. Lo stile gotico di questo periodo riflette la tensione religiosa verso Dio nelle slanciate guglie (si pensi al Duomo di Milano, tanto per citare un esempio) e negli ampi rosoni: l’immagine di Dio è infatti il cerchio, quello del mondo era il quadrato, quello dell’imperatore l’ottagono, in quanto l’imperatore si considerava intermedio tra l’uomo e Dio (si pensi alla forma ottagonale del castello di Federico II di Svevia in Puglia).
Con Ruggero Bacone e Bonaventura da Bagnoregio il messaggio francescano arriverà a Dante.
Sul piano filosofico, nel XIII secolo, emerge la filosofia Scolastica di Tommaso d’Aquino (poi santificato e definito “dottore della Chiesa” dal papa Pio V nel Cinquecento per la sua immensa cultura), il cui pensiero costituirà la base dell’ordine domenicano, per il quale “philosophia ancilla theologiae est”, mentre i francescani risentiranno maggiormente l’influenza della patristica agostiniana. I domenicani saranno quindi l’ordine più colto. Tommaso nasce nel 1225 o 1226 a Roccasecca, presso Cassino , nel Lazio meridionale, dai conti di Aquino: la sua vita si svolge interamente nel XIII secolo. Studia all’Università di Napoli, fondata da Federico II , poi a Parigi, sotto la direzione di Alberto Magno, nella quale università fu poi docente. Torna poi in Italia, ove muore. La sua monumentale opera di teologia e filosofia è la Summa theologiae, nella quale considera la filosofia “ancella” della teologia e dimostra l’esistenza di Dio mediante 5 celebri prove (o “vie”, così le chiama) per induzione, cioè partendo dall’esperienza concreta e non dalle idee o dalle teorie. Fu il grande rielaboratore del pensiero di Aristotele, come Agostino d’Ippona aveva rivisitato e ripreso la filosofia di Platone. Fra Agostino e Tommaso si forgia letteralmente la lingua italiana. Il periodo in cui vive Tommaso è particolarmente importante anche perché sorgono le grandi cattedrali gotiche di Milano, Siena, Orvieto, che testimoniano la grandezza della Chiesa medievale. Si consideri anche che molte istituzioni nate nel Medioevo, come il comune, sono vive ancora oggi, e questo dimostra la grandezza del Medioevo.

II.8. La nascita delle Università fra XIII e XIV secolo: cenni.
Nel corso del XIV secolo l’Occidente conosce una crescente urbanizzazione: nascono i comuni e la borghesia, in Italia, insieme all’Università. Le Università sono nuove istituzioni laiche, anche se nascono in ambito ecclesiastico: tramontano le “scuole cattedrali”, come la “Schola Palatina”, fondata dal monaco anglosassone Alcuino alla corte di Carlo Magno. Le Università nascono come fondazioni private ed il papa e l’imperatore sovvenzionano questi nuovi centri culturali. Al “magister artium” (professore) accorrono, da diverse parti, gli allievi. Le prime Università sono quelle di Bologna, Parigi, Montpellier, Salerno (ove fiorì la scuola medica salernitana, una sorte di Facoltà di Medicina), Oxford e Cambridge (ove sorsero prestigiosissimi college). Le prime facoltà erano quelle di medicina, giurisprudenza, teologia, filosofia. C’erano poi le “Facoltà delle arti”, considerate inferiori e propedeutiche a queste. A giurisprudenza si studiavano diritto civile e canonico, che tendevano a coincidere, come teologia e filosofia; la filosofia era considerata, sulla scia della definizione tomista del XIII secolo, “ancella” della teologia, cioè serva, al servizio della teologia. Nelle Università si parlava e si scriveva in latino, anche perché gli studenti provenivano da ogni parte d’Europa, ed il latino era lingua universale, e non solo ufficiale della Chiesa (fino all’Ottocento).
Nel 1347 esplode in Europa la “peste nera”: inizialmente ed erroneamente vengono accusati gli ebrei, ma una bolla del papa Clemente VI, nel 1348, scagiona gli ebrei, in quanto anche gli ebrei muoiono di peste e la pestilenza si è diffusa anche in zone dove gli ebrei non erano presenti. L’epidemia abbandonerà l’Europa soltanto nel 1352, dopo averne ridotto la popolazione di un terzo.

II.9. La ripresa della teocrazia e gli ordini cavallereschi: Innocenzo III ed il Concilio Ecumenico Lateranense IV del 1215 (testo).
Con Federico I Barbarossa, nuovo imperatore di Germania, ed il papa Alessandro III, riprendono i conflitti, in Germania, tra Impero e Papato. Nascono, in questo periodo, tuttavia, anche ordini religiosi femminili e, parallelamente ai conflitti, riprendono vita quindi anche forme di altissima spiritualità, come gli ordini cavallereschi (i Cavalieri di Malta, per esempio), a difesa dei deboli, dei vecchi, delle donne e degli orfani, come l’Ordine dei Templari e l’Ordine Teutonico, formato da cavalieri tedeschi. I Cavalieri di Malta e l’Ordine dei Templari erano invece costituiti da francesi (in particolare borgognoni) ed anglosassoni.
Alla fine del XIV secolo, con Innocenzo III, la teocrazia raggiunse il suo apice, in corrispondenza alla crisi imperiale: il papa è vicario di Cristo, quindi incarnazione di Cristo sulla terra, il papa non si considera un uomo comune, ma un intermediario tra Dio e gli uomini. A Federico I Barbarossa successe nell’impero prima Enrico VI e poi Federico II di Svevia (morì nel 1250), nipote di Federico I. Ad Innocenzo III interessa:
a. Unificare la cristianità;
b. Difendere la cristianità dagli eretici e dai musulmani;
c. Organizzare la Chiesa.
Questi saranno i 3 problemi affrontati dal Concilio Lateranense IV nel 1215.
Nel testo conciliare emerge chiaramente l’intento teocratico del papa:
“Se l’anima è superiore al corpo, è giusto che la Chiesa, che presiede al governo delle anime, sia superiore all’Impero, che presiede al governo dei corpi. Inoltre il papa non è tanto il successore di Pietro, quanto il vicario di Cristo e come tale rappresenta il più alto potere della terra nello spirituale e nel temporale. Gli unge i re e l’imperatore, mentre non può avvenire il contrario […].
Che il sacerdozio abbia maggior dignità del regno […].
Il sacerdozio fu istituito per divina autorità, mentre il regno fu estorto dalla violenza degli uomini […].
Come la luna riceve la luce dal sole, così il potere temporale riceve la luce da quello spirituale” .
Innocenzo III è forse il papa più importante della storia della Chiesa medievale: tenta di riconciliarsi con l’Oriente, ma non ci riesce.
Dopo la morte di Innocenzo III, ripresero i conflitti tra Federico II ed Innocenzo IV. Il conflitto si concluse con un’apparente e solo temporanea vittoria papale: il papato era destinato a tramontare, mentre in Europa (anche se non in Italia9 si cominciano a formare le coscienze nazionali e gli Stati nazionali unitari, che si configureranno fin dall’inizio come salde monarchie assolute, quali Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera e, nell’Europa Orientale, Polonia e Russia.

II.10. La Chiesa nel Basso Medioevo: il conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo IV “il bello” e la fine della teocrazia. La bolla “Unam Sanctam” del 1302 (testo). L’inizio del “gallicanesimo” ed il papato avignonese. Marsilio da Padova. La “Bolla d’oro”.
A Roma era sempre più viva, in seguito alla ripresa dei movimenti pauperistici ed alla nascita degli ordini mendicanti, la richiesta di un “papa spirituale”, quindi il collegio cardinalizio elesse il mite e buon Celestino V, che però, preso atto del clima di corruzione in cui versava la
curia romana , si dimise appena eletto, ed è questo l’unico caso di abdicazione al soglio pontificio .
Dopo l’abdicazione di Celestino V, fu eletto papa il cardinale Benedetto Caetani, esponente di una nobile famiglia romana, che salì al trono pontificio con il nome di Bonifacio VIII. E’ noto come uno dei papi più corrotti della storia pontificia, la sua ‘carriera’ di uomo corrotto inizia con la stessa elezione a papa, per la quale comprò i voti di molti cardinali appartenenti a famiglie nobili romane; cercò anche, ma invano, di comprare i voti della famiglia Colonna, importante famiglia nobile romana, ma avversaria dei Caetani. Fu un papa politico : intervenne, come si è detto, a favore dei francescani conventuali, più inclini ad una maggiore tolleranza verso la Regola francescana della povertà, e condannò gli spirituali, arrivando addirittura a scomunicare il poeta Jacopone da Todi, che inveì a sua volta contro il papa nella nota epistola “O papa Bonifazio” .
Inoltre Bonifacio VIII intervenne nei conflitti fiorentini tra guelfi bianchi e guelfi neri, i primi capitanati dalla famiglia dei Cerchi, molto ricchi, ma democratici, i secondi facenti capo alla famiglia Donati ed a Corso Donati in particolare, meno ricchi dei Cerchi, ma praticanti una politica aristocratica. Bonifacio VIII inviò Carlo di Valois come mediatore tra le due fazioni, ma questi, su incarico di Bonifacio VIII, si schierò a favore dei guelfi neri e mandò in esilio molti bianchi, tra cui lo stesso Dante Alighieri, che collocò il papa nell’Inferno tra i papi simoniaci ancor prima che morisse .
Il conflitto con il re di Francia Filippo IV detto “il bello” si verificò quando il re pretese di far pagare le tasse anche al clero ed alla nobiltà, le prime due classi sociali che erano tradizionalmente escluse .
Il papa, con la bolla “Clericis laicos” del 1296 invitò il clero francese a disobbedire al re, dichiarando illegittima la richiesta di Filippo IV. Questi convocò gli Stati Generali, cioè l’assemblea dei rappresentanti di tutti i sudditi, che diede, a maggioranza (nobiltà e terzo stato contro l’alto clero) il pieno appoggio al monarca. Filippo IV riaffermò l’origine divina del potere monarchico ed accusò il papa di simonia .
In secondo luogo, il re impedì che i carichi d’oro e d’argento provenienti dalla Francia andassero a Roma per la proclamazione del giubileo o “anno santo”, convocato proprio da Bonifacio VIII nel 1300, per la prima volta nella storia della Chiesa: il re fece infatti bloccare le carrozze sul confine francese e requisì il contenuto.
In terzo luogo, Filippo IV destituì un vescovo francese senza l’autorizzazione del papa, togliendo al vescovo-conte la contea che amministrava, per conferirla ad un nobile laico di sua fiducia.
Il papa reagì energicamente con 2 bolle, “Ausculta, fili” (1301) ed “Unam sanctam” (1302), soprattutto con la seconda ribadì la superiorità del papa sul sovrano sulla scia del disegno teocratico di Innocenzo III (all’inizio del secolo precedente, di cui si è già parlato) e minacciò il re di scomunica. La scomunica era un provvedimento grave anche sul piano politico, nel Medioevo, in quanto dispensava i vassalli dall’obbedienza al feudatario, fosse questo anche un re o un imperatore. Importante, in proposito, è leggere il testo stesso della bolla papale:
“Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci soni due spade, una spirituale, cioè, e una temporale, perché quando gli Apostoli dissero <> – che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare – il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti. E che nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha male interpretato le parole del Signore, quando dice: <>. Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale ; una invero deve essere impugnata per la Chiesa , l’altra dalla Chiesa , la prima dal clero, la seconda dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale […]. Ma è necessario che chiaramente affermiamo che il potere spirituale è superiore a ogni potere terreno in dignità e nobiltà, come le cose spirituali sono superiori a quelle temporali […]. Così si avvera la profezia di Geremia riguardo la Chiesa ed il potere della Chiesa: <>. Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale , questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini, del che fa testimonianza l’Apostolo: <>, perché questa autorità, benché data agli uomini ed esercitata dagli uomini, non è umana, ma senz’altro divina, essendo stata data a Pietro per bocca di Dio e fondata per lui e i suoi successori su una roccia , che egli confessò, quando il Signore disse allo stesso Pietro:
<>. Perciò chiunque si oppone a questo potere istituito da Dio, si oppone ai comandi di Dio […]. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo e affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al pontefice di Roma” .
In questa bolla Bonifacio VIII tenta di ristabilire la superiorità del potere spirituale del papa su quello temporale del sovrano, come si è detto, ma la prossima nascita dei moderni Stati nazionali unitari era destinata a mettere inevitabilmente e definitivamente in crisi l’universalismo pontificio. Il potere temporale, si afferma nella bolla, appartiene al papa come quello spirituale: i re ed i cavalieri impugnano la spada del potere temporale per volontà della Chiesa ed al servizio della Chiesa: il potere spirituale è comunque superiore a qualsiasi potere temporale come lo spirito è superiore alla materia, come si legge negli Atti degli Apostoli e nella “Profezia di Geremia”, che ha posto la Chiesa sopra le nazioni e sopra i regni. Se il potere temporale sbaglia, può e deve essere corretto da quello spirituale, ma non viceversa, perché solo Dio può intervenire sul papa. Questa è la nota “teoria delle due spade” di Bonifacio VIII, alla quale si opporrà, da qui a pochi anni, la “teoria dei due Soli” di Dante , in base alla quale vi sono due Soli che splendono, quello spirituale del papa e quello temporale dell’imperatore, e sono due guide, di ugual valore, per l’uomo, e non devono esserci ingerenze di una sfera nell’altra, anche se al potere del papa spetta maggior rispetto per la dignità religiosa. Si nota come Dante, pur dimostrando un aspetto di modernità e di laicità, nell’affermare l’indipendenza reciproca dei due poteri, sia ancora fortemente legato al Medioevo, dal momento che parla sempre di “Impero” e mai di “Stato”, a differenza di quanto farà, nel 1324, Marsilio da Padova nel suo Defensor Pacis. L’aspetto laico del pensiero dantesco avrà molta fortuna nei secoli, fino ad arrivare alla nota teoria cavouriana, nell’Ottocento, della “Libera Chiesa in libero Stato”. Nel Defensor Pacis Marsilio da Padova traccerà le linee di uno Stato laico, indipendente e superiore alla Chiesa, che deve essere retta da un’assemblea di vescovi ed organizzata democraticamente, e non dal papa; per le sue tesi conciliariste ed antipapiste, che saranno sconfessate dal Concilio di Basilea nel 1431, di cui parleremo più avanti, Marsilio da Padova sarà costretto a rifugiarsi in Germania presso Ludovico il Bavaro.
Un altro elemento di laicità di questo periodo è la “Bolla d’oro”, emanata nel 1356 dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, con la quale si stabilì che la carica imperiale avvenisse per elezione da parte di un’assemblea di principi elettori costituita da 7 membri, dei quali 3 ecclesiastici e 4 laici: in tal modo si pose fine a qualsiasi ingerenza papale, in quanto gli imperatori non venivano più incoronati dal papa.
Ma Bonifacio VIII non si era reso conto che i tempi erano diversi da quelli della lotta per le investiture tra Gregorio VII ed Enrico IV, alla fine del Mille, ed anche dalla teocrazia di Innocenzo III, all’inizio del Duecento: Filippo IV, forte dell’appoggio del popolo francese, prevenne la scomunica del papa ed inviò a Roma Guglielmo di Nogaret, che arrestò il papa, che fu così umiliato e forse anche schiaffeggiato da Sciarra Colonna (un esponente della famiglia romana dei Colonna, che Bonifacio aveva invano cercato di corrompere per la sua elezione a pontefice massimo) ad Anagni, presso Roma, ove si era rifugiato. L’episodio è noto come “schiaffo di Anagni”. Il papa fu portato prigioniero in Francia, ma poco dopo liberato, ma dopo pochi mesi morì.
Le pretese universalistiche della Chiesa erano ormai inevitabilmente tramontate: il nuovo papa, Clemente V, era francese, e la decisione della sua elezione fu ovviamente caldeggiata dal re di Francia: la sede del papato fu trasferita da Roma ad Avignone, in Provenza, per volontà dello stesso Filippo IV, che voleva evidentemente controllare la Chiesa e porla sotto l’egemonia della corona. Questo atteggiamento politico, non solo di Filippo IV, ma in generale dei re di Francia e del potere laico francese è definito “gallicanesimo”. La sede del papato rimase ad Avignone dal 1309 al 1377, per quindi quasi un settantennio, durante il quale si succedettero ben 7 papi sulla cattedra di Pietro; in questo periodo il papato avignonese conobbe una fase di forte corruzione e mondanizzazione, contro la quale di scagliò Francesco Petrarca nel sonetto del Canzoniere “Fontana di dolore, albergo d’ira” .

II.11. Le eresie di Wycliff e Hus. Il caso di Giovanna d’Arco.
Nel Basso Medioevo, esattamente alla fine del XIV secolo, le campagne inglesi furono scosse da rivolte sociali dei contadini, simili a quelle che si erano verificate in Francia nel 1358, vale a dire simili alle cosiddette “Jacqueries”, dal capo contadino Jacques Bonhomme”.
Ma le rivolte inglesi affiancarono alla protesta sociale anche un messaggio religioso (assente nelle proteste verificatesi in Francia), quello di John Wycliff, docente ad Oxford e fondatore del movimento dei lollardi, che predicavano la povertà evangelica sull’esempio di Cristo, la comunione dei beni e la fedeltà assoluta alle Sacre Scritture: laddove la Chiesa esprimeva una dottrina contraria alle Scritture, Wycliff invitava i fedeli alla disobbedienza. Il messaggio di Wycliff fece leva, come si può facilmente comprendere, sugli strati più poveri della popolazione; Wycliff predicava la povertà della Chiesa contro la corruzione e la mondanizzazione del clero. Un prete inglese della contea di Kent, un certo John Ball, capeggiò una rivolta contadina con lo scopo di confiscare i beni ecclesiastici ed i castelli dei nobili: nel 1381 organizzò addirittura una marcia dei ribelli su Londra, per avanzare una petizione al re, ma il suo movimento fu disperso e represso nel sangue.
Nel 1382 gli scritti di Wycliff furono condannati e nel 1384 Wycliff morì. Nel 1415, in seno al Concilio di Costanza (1414-17), il papa Giovanni XXII emanò addirittura un decreto che riapriva la pratica di Wycliff ordinando che le sue ossa fossero disseppellite dalla terra consacrata nelle quale giacevano per essere nuovamente sepolte in terra sconsacrata, come si legge dallo stesso documento conciliare, datato 4 maggio 1415:
“Il sinodo decreta e ordina che il suo corpo e le sue ossa, se possono essere distinte da quelle di altri fedeli, siano riesumate e gettate al di fuori di ogni sepoltura ecclesiastica” .
E’ comunque noto che “Papa Giovanni XXII condannò come eretica la dottrina della povertà assoluta della Chiesa e degli apostoli” e che nel tardo Medioevo, come Umberto Eco ci illustra, fu addirittura convocato un concilio, nell’Italia del nord, “sulla vexata quaestio se Cristo considerasse di sua proprietà la tunica che portava” e “se la Chiesa debba essere povera” .
Wycliff negò anche la transustanziazione: nell’eucarestia il pane ed il vino non si trasformano, sono solo segni del corpo e del sangue di Cristo, pane e vino hanno quindi un valore puramente simbolico.
Le idee di Wycliff ebbero comunque un decisivo influsso sulla Riforma protestante del primo Cinquecento.
Contro la corruzione e la mondanizzazione della Chiesa ed a favore di una profonda riforma morale del clero, sulle orme di Jonh Wycliff, nel 1415, in Boemia, si diffuse il movimento di Jan Hus, studente e poi docente dell’Università di Praga e dei suoi seguaci, gli hussiti, a favore di un ritorno alla Chiesa delle origini, umile, povera, evangelica. Hus fu accusato di eresia ed arso vivo sul rogo ed il movimento hussita fu disperso, ma anche le idee di Hus, come quelle di Wycliff, avranno un grande peso sulla Riforma luterana del secolo successivo. In realtà, Hus fu scomunicato e condannato (Wycliff invece si salvò e morì in comunione con la Chiesa) anche perché le sue idee, oltre a denunciare la corruzione del clero, miravano anche all’indipendenza della Boemia dall’Impero germanico e le sue prediche ed i suoi appelli alla libertà rivolti al popolo boemo erano quindi considerati politicamente pericolosi. Hus aveva considerato Wycliff come il suo maestro, negò il valore dell’assoluzione impartita da un prete e si rifiutò di ritrattare le sue tesi anche in punto di morte, “sostenendo che le accuse erano false e che la Sacra Scrittura era l’unico della dottrina” .
Diverso è il caso di Giovanna d’Arco, l’eroina tredicenne francese che, nel corso della guerra dei cent’anni (1337-1453) della Francia contro l’Inghilterra, in un momento tristissimo per la Francia, sottomessa all’Inghilterra, chiese un’armata al re di Francia Carlo VII, dicendo di aver avuto una visione divina che la incitava a prendere il comando militare per liberare la Francia. Giovanna era figlia di contadini molto religiosi dediti alla pastorizia, quindi proveniva da umili origini. Dopo molti indugi, il sovrano gliela concesse, e Giovanna liberò Parigi, Orleans, Reims, l’Ile de France e la Normandia, guidando l’esercito francese con lo stendardo, vestita da soldato, ma mai sguainando la spada; dopo la liberazione di Orleans, fu acclamata dai francesi che la definirono con l’appellativo “pulzella ( fanciulla) di Orleans”. Carlo VII, che fino ad allora era riconosciuto re solo dai francesi, in quanto la Francia era completamente sotto la dominazione inglese, fu incoronato re di Francia, ufficialmente, nella cattedrale di Reims grazie all’opera di Giovanna d’Arco. Ma i suoi successi militari suscitarono l’invidia della nobiltà borgognone ed i nobili borgognoni l’arrestarono, la fecero processare dall’arcivescovo di Beauvais con l’accusa di essere un’eretica scismatica ed impenitente e la vendettero agli inglesi. Fu arsa viva sul rogo nella piazza del mercato di Rouen il 30 maggio 143, all’età di 19 anni. Nel verbale del processo si accusò addirittura Giovanna di aver indossato in battaglia abiti maschili.
Dopo la sua morte, nel 1455, appena finita la guerra, lo stesso re Carlo VII aprì un processo di riabilitazione della memoria di Giovanna d’Arco: fu un processo politico, come il primo del 1431, ma di segno opposto, Giovanna era stata l’inviata di Dio, creatura morale e religiosa.
Nel 1921 fu istituito un terzo processo, ancora politico, addirittura di santificazione: la pulzella d’Orleans divenne il simbolo del patriottismo francese .

II.12. Il grande scisma d’Occidente e la nascita dello Stato della Chiesa. L’ ‘autunno’ del Medioevo. L’Inquisizione e la tortura.
Durante il papato avignonese Roma conobbe un periodo di decadenza e di grande corruzione morale, diffusasi tra la nobiltà, il clero ed il popolo romano, al punto che a Roma non vi era nemmeno più sicurezza civica per le strade, che erano in mano a predoni e ladri di ogni genere.
Nel 1347 Cola di Rienzo, un notaio di origini borghesi, capeggiò una rivolta popolare, che fu però repressa nel sangue dal cardinale Egidio d’Albornoz, inviato a Roma dal nuovo papa Innocenzo VI (che risiedeva ad Avignone), succeduto a Clemente V. Dieci anni dopo la repressione, Egidio d’Albornoz emanò le “Costituzioni Aegidiane”, che ebbero una triplice importanza:
a. Frenarono le proteste popolari;
b. Frenarono le ambizioni nobiliari, accogliendo così, in parte, anche il programma che aveva animato la protesta popolare di Cola di Rienzo;
c. Costituirono un importante documento per la costruzione di uno Stato della Chiesa.
Durante il papato avignonese, nella Francia tormentata dalla peste nera o ‘morte nera’ (1347-52) che stava mietendo vittime in tutta l’Europa, il papa Clemente VI nel 1348 ebbe comunque il merito di emanare una bolla che scagionava gli ebrei dall’essere i responsabili del morbo, in base a due considerazioni: la peste è diffusa anche in luoghi dove gli ebrei non sono presenti e, in secondo luogo, anche gli ebrei muoiono appestati. Proprio in Francia gli ebrei erano infatti stati accusati di avvelenare i pozzi e di essere i responsabili della pestilenza e per questo furono tantissimi gli ebrei torturati ed arsi sul rogo.
Dopo l’elezione di 7 papi francesi e la diffusione dilagante della corruzione e della mondanizzazione ad Avignone, il nuovo papa Gregorio XI, nel 1377, decise di rientrare a Roma.
In questo periodo nasce una struttura politica laica nuova, il Principato, che costituisce un’evoluzione delle precedenti Signorie: con il Principato, il Signore non viene più investito dal basso, dal popolo, ma dal papa o dall’imperatore, due istituzioni che, sebbene in crisi, conservavano pur sempre la loro importanza.
Emerge anche la figura femminile di Santa Caterina da Siena, una suora domenicana che assiste i malati; altra grande figura femminile nella Chiesa medievale è quella di Santa Brigida, mentre il re Ladislao di Polonia si converte al cattolicesimo.
Ma la Chiesa medievale è purtroppo tristemente famosa anche per il Tribunale dell’Inquisizione, che mediante la tortura ed il rogo puniva coloro che considerava eretici: nel 1252 il papa Innocenzo IV emana la bolla “Ad extirpanda” , con la quale ammette come legittima la tortura giudiziaria, nei tribunali ecclesiastici, per estirpare le confessioni agli eretici. Nel 1471 il papa Sisto IV, sollecitato dalla regina Isabella di Castiglia, istituisce l’Inquisizione spagnola affidandola a Tommaso di Torquemada .
Successore di Gregorio XI fu un papa italiano, Urbano VI, non riconosciuto però dal clero francese, che elesse un antipapa francese, Clemente VII, che ristabilì ad Avignone la sede del papato: Urbano VI e Clemente VII non si riconobbero e si scomunicarono a vicenda, creando così il grande scisma d’Occidente. Francia, Scozia e Spagna riconobbero il papa francese, mentre Italia ed Europa centro-settentrionale riconobbero il papa romano. Due erano quindi le sedi del papato, in contemporanea: Roma ed Avignone.
Per risolvere la spinosa questione nel 1409 fu convocato il Concilio di Pisa, che depose entrambi i papi e ne elesse un terzo, ma i due papi destituiti non accettarono le dimissioni loro imposte e si ebbero così 3 papi contemporaneamente, che non si riconobbero e si scomunicarono vicendevolmente.
Nel 1414 si aprì un nuovo concilio, il Concilio di Costanza, che si chiuse nel 1417: si ribadì qui la supremazia del concilio sul papa (conciliarismo), che fu accettata dai vescovi, che elessero papa Martino V, con sede del papato a Roma.
Tuttavia i contrasti in seno alla Chiesa riemersero, per cui, al Concilio di Basilea del 1431, il nuovo papa Eugenio IV ribadì la superiorità del papa sul concilio (papismo).
I cardinali conciliaristi non riconobbero Eugenio IV e la tesi papista ed elessero un antipapa, Felice V .
La diatriba si concluse definitivamente con l’elezione di Niccolò V, papa riconosciuto da tutti: le tesi conciliariste furono sconfitte e la Chiesa si stava ormai configurando sempre più come una monarchia assoluta retta dal papa, e non come una democrazia conciliarista, come avrebbe invece voluto Marsilio da Padova.
In conclusione, si può affermare che la Chiesa, fra Trecento e Quattrocento, ha conosciuto quindi secoli di forte corruzione morale, che rendeva necessaria una riforma, ma se sul piano etico questo fu un periodo molto oscuro, si deve comunque tener presente che la parentesi della “cattività avignonese” servì a costruire una monarchia pontificia, cioè a fare della Chiesa uno Stato, proprio nel momento in cui in tutta l’Europa, tranne che in Italia, si stanno formando gli Stati nazionali unitari moderni, che nascono come monarchie assolute. L’universalismo, vale a dire le pretese universalistiche di egemonia assoluta da parte del papa o dell’imperatore sono ormai definitivamente scomparse.
Intanto si fanno strada anche nuove forme di spiritualità, più laica ed umana, con la mistica speculativa tedesca del filosofo Meister Eckhart e del filosofo Guglielmo d’Ockham, mentre il tentativo teocratico di un trattatista, ecclesiologo e canonista come Egidio Romano, seguace del pensiero di Tommaso d’Aquino, viene sconfitto: è, per citare l’opera di un grande medievista belga, “l’ autunno del Medioevo” , che si verifica proprio tra la fine XIV e l’inizio del XV secolo. E’ l’uomo nuovo dell’Umanesimo, espressione di una nuova “pietas”, più umana, laica e profana, non più ossessionato dal senso e dall’angoscia del peccato, è l’uomo che non vuole più vivere nel “memento mori”.
Ma la “storia delle due spade” continua: andremo ora ad esaminare i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, la spada e la croce, la corona ed il pastorale in età rinascimentale e moderna prima, risorgimentale e contemporanea poi.

PARTE SECONDA: LA CHIESA IN ETA’ MODERNA E CONTEMPORANEA (XVI/XX SECOLO).

CAPITOLO III: RIFORMA E CONTRORIFORMA O ‘RIFORMA CATTOLICA’ (XVI SECOLO).

III.1 La repubblica savonaroliana a Firenze ed Alessandro VI Borgia.
Nel 1494, dopo la discesa del re di Francia Carlo VIII in Italia, a Firenze la signoria medicea abbandona la città e si forma una repubblica retta dal frate domenicano Girolamo Savonarola. Il frate iniziò a terrorizzare i fiorentine con le sue infuocate prediche apocalittiche dal pulpito di Santa Maria del Fiore, il duomo di Firenze, minacciando con la paura dell’inferno chi non vivesse in castità e penitenza; fu un esempio di fanatismo religioso ed integralismo cattolico sostenuto da uno dei due partiti che si formarono in città, i “Piagnoni”. Il Savonarola impose ai fiorentini una rigidissima riforma morale dei costumi ed arrivò persino a proclamare il “divino falò delle vanità”: in una notte furono date alle fiamme insigni opere d’arte, considerate distrazioni dalla vita spirituale e segni di profanazione ereticale. La politica del frate causò la nascita di gruppi antisavonaroliani, che facevano capo al partito degli “Arrabbiati”, al quale si appoggiò il papa Alessandro VI Borgia (una famiglia di origine spagnola), uomo di nota spregiudicatezza politica e morale (aveva donne e figli, come il principe Valentino e Lucrezia), che scomunicò il frate, che lo aveva accusato di essere un papa corrotto. Alessandro VI lo scomunicò, ma il frate respinse la scomunica perché proveniente da un papa mondanizzato e corrotto, ma gli “Arrabbiati” presero il potere e fecero condannare il frate, che fu impiccato e poi arso sul rogo il 23 maggio 1498, in piazza della Signoria a Firenze, per volontà dello stesso pontefice.
L’episodio dimostra quanto Alessandro VI fosse un uomo corrotto, uno dei papi più corrotti della storia della Chiesa, insieme a Bonifacio VIII, ma anche il fanatismo del frate, ormai anacronistico agli albori del Rinascimento.

III.2. La Chiesa di fronte alle scoperte geografiche ed ai massacri dei conquistadores. La “reconquista”.
Di fronte ai massacri operati dai conquistadores spagnoli e portoghesi, quali Hernàn Cortez e Francisco Pizzarro, verso le popolazioni degli indios, successivamente alle scoperte geografiche, la Chiesa ebbe un duplice atteggiamento, decisamente contraddittorio: ci furono coloro che difendevano la naturale bontà degli indios, mansueti ed ospitali al punto da far vergognare gli europei, come il frate domenicano Bartolomeo de Las Casas , e chi invece, come il filosofo razzista Juan Ginés de Sepulveda, che sostenne che gli indiani d’America dovevano giustamente essere ridotti in schiavitù e massacrati, in quanto dediti al cannibalismo, eretici, barbari incivili, le cui costruzioni di capanne sono paragonabili a quelle delle api e dei ragni; Sepulveda nega che gli indios possano essere considerati uomini, come emerge nel suo Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli indi, un vero e proprio manifesto del razzismo redatto da un filosofo aristotelico .
La posizione di Sepulveda rappresenta sicuramente una delle pagine più triste, sotto l’aspetto umano e pastorale, della storia della Chiesa ; basti pensare che quanto affermato da Las Casas, invece, sul genocidio delle civiltà precolombiane da parte della ‘civilissima’ Europa e della cattolicissima Spagna, lo costrinsero ad abbandonare la sua missione in Chiapas ed a ritornare in patria, accusato di aver tradito la sua razza e la sua religione. La relazione di Las Casas, in ogni caso, non si può leggere senza raccapriccio e scosse tutta la Spagna, inducendo l’imperatore Carlo V ad emanare leggi protettive per le popolazioni d’America, che tuttavia non riuscirono a far cessare lo sfruttamento degli indios da parte dei coloni in quanto non furono, di fatto, rispettate in loco. Las Casas sottolinea, da testimone oculare qual è stato, le torture alle quali gli indiani d’America erano sottoposti dai cristiani, che li frustavano e si facevano trasportare in “hamacas”, riducendo gli indigeni a bestie da soma, con piaghe sulle spalle e sulla schiena, per non parlare di quando li arrostivano a fuoco lento e facevano seccare il latte alle donne nel loro seno .
Nel 1492, anno della scoperta dell’America, i “re cattolici” di Spagna Ferdinando d’Aragona e sua moglie Isabella di Castiglia avevano intanto ultimato la “reconquista”, liberando Granada, ultima roccaforte musulmana, dalle mani degli Arabi.
Il papa Alessandro VI aveva preso atto della spartizione del ‘Nuovo Mondo’ tra spagnoli e portoghesi, avvenuta con il trattato di Tordesillas nel 1494, che aveva appunto diviso le colonie in base al 46° meridiano passante per le isole di Capo Verde, in Africa.
Nel 1527, nel corso delle guerre tra l’imperatore Carlo V ed il re di Francia Francesco I per il dominio sulla penisola italiana, che diventa teatro di guerre tra potenze straniere, i soldati mercenari di Carlo V, i lanzichenecchi svizzeri, saccheggiano Roma: è il terzo sacco di Roma, dopo quelli dei Goti di Alarico nel 410 e dei Vandali di Genserico nel 455. Fu, anche questo del 1527, un saccheggio devastante per la capitale della cristianità.

III.3. I papi ‘umanisti’ e le cause della Riforma protestante.
Con il decreto “Frequens” si stabilì che i concili ecumenici sarebbero stati convocati regolarmente, anche per procedere ad una riforma morale della Chiesa, che era da più parti ormai avvertita come una necessità impellente .
A partire dalla metà del Quattrocento, con Martino V, papa ‘umanista’, inizia appunto quella generazione di pontefici definiti ‘, papi umanisti’, come Pio II (Enea Silvio Piccolomini, di Pienza). Aumentano i papi dotti, ma non la spiritualità della Chiesa; il papa Giulio II Della Rovere, noto come il papa “guerriero”, rappresentato infatti simbolicamente con la spada, fece della Chiesa una potenza politica ed economica e successe al soglio pontificio come acerrimo nemico del Borgia: fu lui ad iniziare la Cappella Sistina, mentre Leone X de’ Medici fece erigere la cupola di San Pietro con il ricavato delle indulgenze . Giulio II era salito sulla cattedra di Pietro dopo ilo brevissimo pontificato di Pio III, svoltosi nel 1503, a suya volta succeduto a quello di Alessandro VI Borgia. Giulio II sarà papa dal 1503 al 1513. Nel 1506 inizia la costruzione della basilica di San Pietro.
Anche il questo periodo non mancarono tuttavia eccellenti figure mistiche, come Santa Caterina da Siena; nasce anche il movimento della “Devotio moderna”, nei Paesi Bassi e nella Germania del nord, un’esperienza mistica di devozione interiore. Era fondata sulla meditazione sulle Sacre Scritture: sono le cosiddette “Compagnie del divino amore”.
Ma in questo stesso tempo si alimentano anche le paure dell’inferno ed aumentano le indulgenze , già vive nelle pratiche penitenziali dell’VIII secolo: il vescovo Alberto di Brandeburgo amplia la propria diocesi, annettendosi anche la città di Magonza, con il ricavato delle indulgenze, poiché le diocesi dovevano, a loro volta, passare una parte del ricavato alla curia romana . La cifra da pagare gli fu anticipata dai noti banchieri tedeschi Fugger (quelli che avevano economicamente aiutato Carlo V nella sua elezione ad imperatore) e proprio per questo Alberto di Brandeburgo incrementò le indulgenze nella sua diocesi.
Le cause della Riforma protestante furono sia religiose che politiche :
1. Ritornare alla spiritualità evangelica, smarrita dalla corruzione della Chiesa, ricca e mondanizzata;
2. La diffusione di una visione antropocentrica, avanzata dalla cultura umanistico-rinascimentale;
3. La necessità di un ritorno alle Scritture, considerate superiori al magistero della Chiesa, anche grazie all’opera di Wycliff, Hus e Marsilio da Padova;
4. La costituzione delle chiese locali, con la nascita degli Stati nazionali unitari, come in Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Russia, Polonia, aveva indebolito il potere centralizzato del papa;
5. L’aumento delle diocesi aveva contribuito a frammentare ed a indebolire il potere papale a Roma;
6. La formazione di una classe di ricchi borghesi, che aveva comportato un corrispondente aumento della povertà dei contadini;
7. Le ricchezze provenienti dal nuovo mondo portarono ad una “rivoluzione dei prezzi” e ad un aumento dell’inflazione. Quindi la Riforma trova le sue cause anche nella situazione di malessere dei ceti subalterni, che vedono nella Riforma l’occasione per un riscatto sociale, anche se erroneamente, come dimostrerà la repressione dei contadini tedeschi di Thomas Muntzer da parte di Lutero ;
8. La differenza tra alto e basso clero, quest’ultimo povero e spesso analfabeta. Il basso clero necessitava di un’istruzione, come lamentavano molti fedeli.
9. Il progresso culturale fece nascere l’idea di leggere ed interpretare liberamente le Sacre Scritture senza la mediazione della Chiesa.
10. Lo scandalo delle indulgenze costituisce, tra queste, non solo la ‘scintilla’ occasionale della protesta di Lutero, ma anche la causa principale: il fenomeno era sempre più vistoso ed esteso a catena, in maniera piramidale in tutta la Chiesa, dal papa ai vescovi, ai parroci di campagna.
Tutte queste profonde motivazioni spiegano la rapida diffusione della Riforma in Germania ed in Europa.

III.4. La figura di Martin Lutero ed i primi conflitti con la Chiesa. Le “95 tesi” (testo). Le indulgenze ed il “nepotismo”.
Lo scandalo delle indulgenze in Germania provocò l’ira e lo sdegno di un monaco agostiniano tedesco, Martin Lutero, che aveva studiato filosofia e teologia all’Università di Erfurt.
Il 31 ottobre 1517 affisse 95 tesi sul portale della cattedrale del castello di Wittemberg, con le quali denunciò la corruzione della curia romana e lo scandalo delle indulgenze; affermò inoltre che l’uomo è, per sua natura, peccatore, e che può salvarsi solo mediante la fede, come affermato da S. Paolo nella nota Lettera ai Romani, in cui si afferma “Il giusto vivrà per fede” . Solo la fede può portare la salvezza all’uomo peccatore, non le opere, né tantomeno il “commercio delle anime” che la Chiesa vergognosamente predicava con le indulgenze. Luterò negò anche il valore della gerarchia ecclesiastica e l’autorità del papa, ma il papa Leone X reagì bruscamente alla tesi luterana, condannandola e riaffermando l’autorità pontificia nella bolla “Exsurge, Domine” (“Insorgi, o Signore”) del 1520.
Ma le idee di Lutero si stavano diffondendo ampiamente in Germania, soprattutto tra i principi tedeschi e tra alcuni intellettuali, come Erasmo da Rotterdam e Filippo Melantone, un grande intellettuale che diventerà uno dei più stretti collaboratori di Lutero.
Tra le “95 tesi” di Lutero, molto forti contro il papa risultano essere le n° 26, 27, 28, 43, 67, mentre nelle tesi n° 1, 21, 50, 81, 82, 86, 94 Lutero nega l’esistenza del Purgatorio e sostiene che sarebbe meglio che la basilica di San Pietro finisse in cenere piuttosto che essere eretta con le indulgenze; afferma anche che non si possono eliminare le sofferenze e le penitenze in quanto siamo irrimediabilmente peccatori. Condanna inoltre la corruzione della Chiesa e dei papi, soprattutto il fenomeno del “nepotismo ”, molto diffuso, che consisteva nell’affidare importanti cariche a parenti ed a nipoti dei papi. Questo emerge nelle tesi, come si evince da un’attenta lettura:
“1.Il signore e maestro nostro Gesù Cristo dicendo <> volle che tutta la vita dei fedeli fosse una penitenza.
21.Errano dunque quei predicatori di indulgenze, i quali dicono che l’uomo può essere liberato e salvato da ogni pena mediante le indulgenze del papa […]
50. Bisogna insegnare ai cristiani conoscesse le estorsioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di San Pietro finisse in cenere, piuttosto che vederla edificata con la pelle, la carne e le ossa delle sue pecorelle […]
81.Questa scandalosa predicazione delle indulgenze è tale che non rende facile neppure a uomini dotti di difendere il rispetto dovuto al papa dalle infami calunnie o, se volete, dalle sottili obiezioni dei laici.
82.Vale a dire: perché il papa non vuota il purgatorio a causa della santissima carità e della grande sofferenza delle anime, che è la ragione più giusta di tutte, quando libera un numero senza fine di anime a causa del funestissimo denaro per la costruzione della basilica, che è un motivo futilissimo? […]
86.Parimenti: perché il papa, le cui ricchezze oggi sono più crasse di quelle dei più ricchi Crassi, non costruisce almeno la basilica di San Pietro con il suo denaro, invece che con quello dei poveri fedeli? […]
94.Bisogna esortare i cristiani perché si sforzino di seguire il loro capo Cristo attraverso le pene, le morti e gli inferni ” .
Come si nota, Lutero se la prende in particolare con il papa attualmente in carica, Leone X de’ Medici; in proposito è da precisare che a Leone X successe il breve pontificato di Adriano VI, ultimo papa straniero (era tedesco) prima di Giovanni Paolo II. Il papa Adriano VI tentò una riforma morale della Chiesa, ma il suo pontificato fu troppo breve affinché questa potesse essere realizzata.

III.5.La polemica tra Lutero ed Erasmo da Rotterdam.
Erasmo aveva già condannato la corruzione della Chiesa e del papa in una sua opera del 1511, l’Elogio della follia, ma in seguito entrò in contrasto anche con Lutero in quanto, in un’altra sua opera, il De libero arbitrio, Eramo sostenne che l’uomo non si salva soltanto con la fede, ma può interagire e collaborare con le sue opere alla Grazia divina. Lutero rispose polemicamente ad Erasmo nel De servo arbitrio, riaffermando la propria convinzione circa la salvezza per esclusiva fede e sostenendo l’inutilità dell’agire umano per salvarsi. Se l’uomo potesse collaborare con Dio per la propria salvezza, afferma Lutero, vorrebbe dire che Dio potrebbe cambiare idea, e questo è inammissibile.
Anche se le opere di Erasmo furono messe dalla Chiesa all’Indice dei libri proibiti , la polemica di Erasmo rimase interna alla Chiesa e non ebbe un esito scismatico sulla dottrina ecclesiastica, a differenza di Lutero. Erasmo va anche ricordato come grande umanista e filologo, esperto conoscitore delle lingue classiche.
Nell’Elogio della follia, prima di Lutero, Erasmo si era già scagliato contro la corruzione della Chiesa, affermando che i papi amano la ricchezza e disprezzano il lavoro e la fatica, sono abituati al bacio della pantofola e sono pronti a difendere con la spada le loro ricchezze. Con la loro vita corrotta i papi hanno ucciso Cristo. La saggezza cristiana farebbe abbandonare ai papi tributi, privilegi e ricchezze, ma la Follia, che nell’opera erasmiana è personificata, è entrata nella curia romana per procacciare ai papi diletti e ricchezze e fargli dimenticare lo spirito cristiano di povertà; le stesse preghiere, a causa della Follia, sono avvertite dai papi come noiose .

III.6. La rottura con la Chiesa cattolica.
Lutero sostenne anche che la Chiesa non doveva occuparsi di questioni politiche; in modo particolare rimase sconvolto dalla corruzione della curia romana dopo un suo viaggio a Roma. Paragonò Roma a Babilonia, luogo di corruzione e di eresia (sulla scia di quanto già affermato due secoli prima da Petrarca nel citato sonetto del Canzoniere “Fontana di dolore, albergo d’ira”).
Nel 1521 Lutero fu scomunicato da Leone X, ma il monaco, dal temperamento forte e ribelle, bruciò pubblicamente la bolla di scomunica papale sulla piazza del castello di Wittemberg. Fu allora invitato nella città di Worms per ritrattare le sue tesi: si presentò alla Dieta di Worms, ma si rifiutò di ritrattare. L’imperatore Carlo V, paladino del cattolicesimo, emise un bando di cattura nei suoi confronti, ma Lutero fu però protetto e salvato dai principi tedeschi e trovò rifugio presso Federico di Sassonia, nel cui castello si dedicò alla traduzione del Nuovo Testamento dal greco in tedesco (Erasmo lo aveva già tradotto dall’aramaico al greco ed aveva anche tradotto l’Antico Testamento dall’ebraico al greco, ma Lutero ignorava sia l’aramaico che l’ebraico e quindi tradusse il Nuovo Testamento dal greco, che invece conosceva).
La traduzione luterana della Bibbia in volgare tedesco ebbe una quadruplice importanza:
a. Valse a ribadire la tesi luterana della libera interpretazione delle Scritture;
b. Contribuì alla diffusione del luteranesimo tra la popolazione;
c. Favorì l’innalzamento culturale dei tedeschi, in quanto tutti dovevano saper leggere le Scritture;
d. Grazie ai caratteri stampati di Johann Gutemberg, sorti nel 1449, contribuì alla formazione di una lingua nazionale tedesca ed al superamento dei dialetti.

III.7. I punti della dottrina luterana: teologia ed escatologia.
I punti della dottrina luterana possono essere sintetizzati nei sgg.:
a. Nella sua dottrina Lutero ridusse a soli due i sette sacramenti, vale a dire battesimo ed eucarestia, perché solo questi sono esplicitamente presenti nelle Scritture;
b. Le Sacre Scritture sono riconosciute come unica fonte di autorità;
c. La Chiesa è costituita dall’assemblea dei fedeli, è la “Chiesa invisibile”, contrapposta alla “Chiesa visibile”, storicizzata, della curia romana e della gerarchia corrotta;
d. Il pastore protestante non è un prete ordinato, è solo un esperto di Sacre Scritture che guida la comunità nelle preghiere; pertanto può sposarsi e prolificare;
e. Lutero negò il culto della Madonna, dei santi e delle immagini sacre, considerati mere esteriorità, e per questo le chiese protestanti sono spoglie e la Chiesa cattolica del ‘600 reagirà con il barocco, uno stile artistico caratterizzato dal fasto e dagli elementi ampollosi ed appariscenti;
f. Neanche i sacramenti servono alla salvezza, perché ci si salva solo con la fede: i due sacramenti riconosciuti, battesimo ed eucarestia, possono soltanto aiutare, alimentare la fede, ma non hanno una funzione salvifica;
g. Le opere umane non servono alla salvezza, perché ci si salva solo per fede, come affermato da San Paolo nella Lettera ai Romani quando dice “Il giusto vivrà per fede” ;
h. Lutero nega l’esistenza del Purgatorio, non citata dalle Scritture; il Purgatorio è solo uno strumento con il quale la Chiesa ricatta e spaventa i fedeli ;
i. Non avendo senso una “Chiesa visibile”, Lutero affermò anche il “sacerdozio universale dei credenti”: ogni credente è sacerdote di se stesso;
j. Di conseguenza, il monaco affermò anche il “libero esame delle Scritture”, in base al quale ogni fedele può interpretare i testi sacri senza la mediazione del sacerdote, che per la Chiesa era invece fondamentale;
k. Dio, nella sua infinita onnipotenza, ha già predestinato “ab aeterno” i salvati ed il suo decreto non può essere modificato: la salvezza è “Grazia”, cioè dono gratuito di Dio e credere che le opere umane possano servire alla salvezza è un terribile atto di presunzione. Come unico veicolo per la salvezza, l’uomo ha l’obbligo della fede, requisito essenziale per ottenere la grazia. Questo concetto luterano di “predestinazione” sarà rielaborato, in un’accezione ancora più radicale e totale, da un altro importantissimo riformatore, Giovanni Calvino, riguardo all’escatologia, cioè alla dottrina teologica che studia i destini ultimi dell’uomo e dell’umanità.

III.8. La rivolta dei contadini di Thomas Muntzer: “I dodici articoli dei contadini tedeschi” (testo).
Thomas Muntzer interpretò in chiave sociale il messaggio luterano ed organizzò una rivolta contadina contro i signori feudali ed i principi.
I contadini chiedevano libertà di cacciare e di coltivare e l’eliminazione delle tasse sui terreni e delle decime da pagare, che preferivano devolvere ai più poveri.
Erano rivendicazioni sociali molto spinte: Muntzer invitò i contadini ad imbracciare le armi contro i principi, in modo da realizzare già in questo mondo quella giustizia sociale di cui si parla nel Vangelo. Muntzer respinse quindi la tesi luterana tra il regno di Dio, in cui Lutero affermava la libertà del credente, ed il regno temporale, sottoposto ai principi.
Lutero, timoroso del fatto che un’eventuale diffusione della Riforma tra i poveri potesse ostacolare la diffusione delle sue idee tra i principi, dai quali era protetto, invitò i principi a reprimere nel sangue la rivolta di Muntzer, e questo si verificò con la battaglia di Frankenhausen nel 1525: Muntzer fu catturato, atrocemente torturato e decapitato .
E’ stata questa un’ ‘ombra morale’ sulla figura di Lutero, che aveva propugnato la libertà del credente in materia spirituale, ma non in ambito sociale, nel quale ogni cristiano doveva mantenere il ruolo che Dio gli aveva assegnato nella società.
Muntzer diventò un simbolo per la storiografia marxista.
Munzter aveva anche redatto un manifesto dei contadini, in 12 punti, i cosiddetti “12 articoli dei contadini tedeschi”, nei quali si trovano esposte le lamentele e le richieste dei contadini: era un programma di riforme politico-sociali che chiedeva l’abolizione della distinzione tra ricchi e poveri, servi e padroni, l’abolizione della schiavitù e della servitù della gleba (un retaggio feudale e medievale, che consisteva nel fatto che i contadini venivano venduti insieme alla terra cha lavoravano), la possibilità di devolvere le decime ai poveri, la libertà di caccia e pesca, la divisione sia delle terre coltivabili che dei boschi tra i contadini, la legittimità di ottenere contratti scritti nei quali porre bene in chiaro i rapporti e le regole tra signori e contado, l’abolizione di ogni arbitrio e di ogni ingiustizia; si dichiaravano infine disponibili ad accogliere critiche al loro programma purché dimostrate alla luce del vangelo, come emerge dal testo stesso, redatto con uno stile semplice, ma chiaro e diretto:
“I. Le nostre comunità avranno diritto di eleggersi i loro parroci, e questi dovranno predicare la parola di Dio unicamente secondo il Vangelo.
II. Non pagheremo se non le decime in grano da servire al sostentamento dei parroci; l’avanzo andrà a beneficio dei poveri.
III. Sarà soppressa la schiavitù, perché Cristo, col prezioso suo sangue ci ha tutti redento senza distinzione.
IV e V. Saranno libere per il contadino l’uccellazione , la pesca e così pure la caccia, perché la selvaggina dei signori non danneggi e non consumi di più il nostro, il che finora sopportammo in silenzio. I boschi ritorneranno in possesso della Comunità.
VI e VII. Non saremo tenuti a dare maggiori prestazioni personali che i nostri maggiori : tali prestazioni saranno fissate con preciso contratto fra il signore e i soggetti, e non avrà più luogo l’ingiusto arbitrio.
VIII. Il tributo dei beni feudali sarà stabilito su basi più eque, acciocché non avvenga che noi lavoriamo le terre senza alcun vantaggio.
IX. Si osserveranno le buone leggi antiche e non se ne faranno delle nuove arbitrariamente.
X. Chiunque si sarà ingiustamente appropriato di terreni appartenenti alle Comunità sarà tenuto a farne restituzione.
XI. Cesserà la consuetudine chiamata “caso di morte”, per cui gli eredi debbano redimere la loro eredità dalla signoria mediante una parte di quella (per esempio, consegnando il miglior capo di bestiame), onde le vedove e gli orfani vengano certamente derubati.
XII. Noi vogliamo, quando uno di questi articoli sia contrario alla parola di Dio e sopra tal fondamento sia oppugnato , che s’intenda abrogato” .

III.9. La rivolta degli Anabattisti a Munster e l’opera di Menno Simons.
Circa 10 anni dopo la repressione di Frankenhausen, scoppiò un’altra rivolta in Germania, nella regione della Westfalia: era quella degli Anabattisti (dal greco “ribattezzatori”): non credevano alla validità del battesimo impartito in età inconscia e sostenevano la necessità di un secondo battesimo, da ricevere volontariamente in età adulta. Oltre a questo, erano pacifisti e quindi contrari al servizio militare, sostenevano l’uguaglianza sociale, come i contadini di Muntzer, l’abolizione della gerarchia ecclesiastica e l’unica autorità delle Scritture, come Lutero, la non interferenza dello Stato in materia religiosa, l’abolizione di ogni vizio, compreso il linguaggio volgare e di ogni istituzione mondana, comprese le chiese ufficiali.
Organizzarono la loro comunità nella città di Munster, in Westfalia, secondo i principi del comunismo evangelico, abolendo la proprietà privata all’interno della comunità.
Ma Lutero, timoroso dell’espansione degli Anabattisti, si alleò, questa volta, addirittura con i cattolici e nel 1535 espugnò la cittadina di Munster, reprimendo nel sangue gli Anabattisti: fu questa una seconda gravissima ‘ombra morale’ sulla figura di Lutero.
Tuttavia Menno Simons riorganizzò il movimento anabattista, che continuò quindi a sopravvivere.

III.10. La Dieta di Spira, la “Confessio Augustana”, la lega di Smalcalda e la pace di Augusta.
L’alleanza tra Lutero ed i principi tedeschi portò questi ultimi ad abbracciare il luteranesimo, nonostante i dissensi interni alla dottrina luterana: con la Dieta di Spira del 1526 i principi rifiutarono il bando dell’imperatore Carlo V contro Lutero, sancito nell’editto di Worms del 1521, e Filippo Melantone, grande intellettuale e collaboratore di Lutero, stese i punti della dottrina luterana nella “Confessio augustana”.
Nel 1531 i principi protestanti tedeschi stipularono la loro alleanza nella Lega di Smalcalda e “protestarono” contro l’editto di Worms del 1521: da qui il termine “protestanti”. Inutili furono i tentativi di conciliazione tra cattolici e protestanti, e mentre i cattolici intransigenti diedero il via al Concilio di Trento (1545-63), i protestanti, nel 1555, con la pace di Augusta tra protestanti e Carlo V, affermarono la libertà di scelta religiosa, ma solo per i principi: i sudditi dovevano adeguarsi alla religione dei loro principi, secondo la massima “Cuius regio, eius religio”, cioè “A ciascuno la religione del suo re” . La religione protestante, in Germania, fu ufficialmente riconosciuta, e s’infranse così il sogno di Carlo V di costruire un impero cattolico. I sovrani della Germania protestante furono chiamati “Sommi vescovi” e questo titolo rimarrà fino all’inizio della Repubblica di Weimer, cioè fino al 1918, mentre la Baviera e la Germania del sud rimasero cattoliche. I sudditi che non accettavano la religione scelta dal loro sovrano dovevano emigrare.

III.11. La Riforma in Svizzera: Uldrich Zwingli.
La Riforma si diffuse in Svizzera grazie ad Uldrich Zwingli prima ed a Calvino in seguito.
Zwingli rifiutò ‘autorità della Chiesa e riconobbe come unica autorità le Scritture, come avevano affermato Erasmo e Lutero; aderì alla tesi luterana della giustificazione per fede, ma, a differenza di Lutero, attribuiva una maggiore importanza alla volontà umana ed auspicava la costruzione di una comunità, la Svizzera, liberata dal peccato grazie alla collaborazione tra la Chiesa protestante e lo Stato, cioè la Confederazione elvetica (già sorta nel 1499 con la pace di Basilea). Orgoglioso della propria nazionalità svizzera, deprecò il ruolo di soldati mercenari di molti svizzeri, ma nel 1531, con la battaglia di Kappel, i cattolici sconfissero i protestanti di Zwingli e lo stesso Zwingli fu ucciso.

III.12. Giovanni Calvino a Ginevra: le dottrine della predestinazione e del lavoro.
Il francese Giovanni Calvino studiò teologia in Francia, ma poi si trasferì in Svizzera, a Ginevra, ove fondò una comunità di proseliti e scrisse la sua più importante opera, Christianae religionis institutio (L’istituzione della religione cristiana).
Ginevra fu al centro di importanti scontri tra cattolici e protestanti, mentre le idee di Calvino si diffondevano anche in Francia ed i calvinisti francesi furono chiamati “ugonotti”, anche se l’origine di questa denominazione resta incerta.
Calvino sostenne la tesi della predestinazione in senso ancor più radicale di Lutero: Dio, indipendentemente non solo dalle nostre opere, come affermava Lutero, ma anche dalla nostra fede, ab aeterno, dall’eternità, a priori, prima della nostra nascita, ha già deciso chi si salverà e chi sarà eternamente dannato. I salvati, che saranno la minoranza, costituiranno una sorta di “repubblica degli eletti”, degli “scelti”; né le opere, né la fede servono quindi alla salvezza. La comunità di Ginevra fu governata dal “Consiglio dei 12 Anziani”, l’etica calvinista è rigida ed intollerante, penetrante sino nell’intimità personale e familiare.
Anche se le opere non servono alla salvezza, Calvino sostenne che Dio invia dei messaggi all’uomo, in vita, per fargli comprendere se è stato appunto “eletto”: il successo economico nel lavoro è un segno tangibile della scelta divina, per cui è opportuno, anche se non necessario alla salvezza, già stabilita dall’imperscrutabile volontà divina, impegnarsi sempre di più nel lavoro per ringraziare Dio della sua scelta. Insistendo sulla necessità dell’impegno nel lavoro, Calvino, a differenza di Lutero, svalutò l’importanza dell’ascesi e della preghiera, tanto vive nel Medioevo. Il sociologo tedesco Max Weber, nel primo ‘900 affermò che il capitalismo moderno nasce proprio grazie alla mentalità calvinista , anche se per Calvino il lavoro resta soltanto concepito come ringraziamento a Dio per la sua scelta, e quindi valido in ambito esclusivamente religioso, e non considera il lavoro come arricchimento individuale. La tesi weberiana fu negata da un altro sociologo, Mc-Grath, alla fine del Novecento: per Mc-Grath, quando il calvinismo si diffuse, la mentalità capitalistica si era già affermata, con la nascita delle società mercantili e degli Stati moderni, tra Basso Medioevo e primo Umanesimo.

III.13. L’ ‘ombra’ di Calvino: il rogo di Michele Serveto. Christianae religionis institutio (testo).
Come si è detto, Calvino fu rigido ed intollerante, organizzò la comunità ginevrina con una struttura ferrea e gerarchica, con il “Consiglio dei 12 Anziani”: arrivò a proibire i balli, le osterie ed i nomi di battesimo non presenti nella Bibbia, fece chiudere i teatri, considerandoli luoghi di corruzione, e sottopose la stampa a controllo ed a censura
Anche Calvino, come Lutero, ebbe una grave ‘ombra’ morale, il rogo di Michele Serveto, nel 1553: Serveto si era opposto a Calvino negando il valore del battesimo per i bambini (come gli Anabattisti) e il dogma della trinità.
La salvezza, in Calvino, resta fondata esclusivamente sulla grazie divina, è quindi dono di Dio e né le opere meritorie, né la fede possono certo far cambiare a Dio i suoi imperscrutabili disegni, come emerge dalla sua più importante opera:
“Riconosco che la virtù risiede nello Spirito senza lasciare ai sacramenti null’altro se non la loro funzione di strumenti dei quali il Signore fa uso nei nostri riguardi […].
Dio non garantisce la sua grazia ai credenti […], la certezza della salvezza non dipende affatto dalla partecipazione ai sacramenti, come se in essi fosse racchiusa la giustificazione, che sappiamo essere in Gesù Cristo solo” .

III.14. Lutero e Calvino sui dogmi della transustanziazione e della consustanziazione.
Lutero aveva ridotto i sacramenti a due, battesimo ed eucarestia, negandogli una funzione salvifica, poiché salva solo la fede; Calvino concorda con la riduzione luterana dei sacramenti ed afferma, in modo ancora più radicale di Lutero, che non solo non servono alla salvezza, ma hanno solo un valore simbolico e celebrativo, per cui, secondo Calvino, nell’ostia e nel vino non ci sono, rispettivamente, il corpo ed il sangue di Cristo. Negò quindi il dogma della transustanziazione, come Lutero, ed anche la consustanziazione (la presenza delle 4 sostanze nell’ostia, cioè vino, sangue, pane e corpo, ma non la trasformazione di una sostanza nell’altra), che Lutero invece accettava.

III.15. Lo scisma anglicano.
Anche se il re d’Inghilterra Enrico VIII Tudor si era scagliato contro le posizioni di Lutero e per questo era stato definito “defensor fidei” dal papa Leone X, in Inghilterra era molto vivo il problema di una riforma morale del clero, come John Wycliff aveva già sottolineato e come stavano evidenziando filosofi come Thomas More. Inoltre, la Chiesa romana rappresentava da secoli un ostacolo all’autorità regia e l’occasione della rottura tra Enrico VIII e la curia romana fu offerta dalla volontà del re di divorziare dalla moglie Caterina d’Aragona, zia di Carlo V, spagnola e cattolica, per sposare Anna Bolena. LA Chiesa negò il divorzio e scomunicò il sovrano, che nel 1534 emanò “The Act of Supremacy”, con il quale si dichiarò capo della Chiesa inglese, che assunse la denominazione di Chiesa anglicana, dando così origine ad un’altra corrente del protestantesimo, l’anglicanesimo, che si affermò ben presto in tutta l’Inghilterra, dove trovò il favore sia dei nobili che dei borghesi, ostili alla Chiesa cattolica, con la quale si contendeva il possesso di molte terre in Inghilterra. Il filosofo Thomas More, anche se sensibile al problema di una riforma morale del clero, si rifiutò di riconoscere Enrico VIII come capo della Chiesa inglese e rimase fedele al papa, ma il re lo fece decapitare.
L’anglicanesimo ebbe soprattutto un carattere politico, perché rifiutava l’autorità del papa e non toccava questioni di fede, a differenza delle altre forme di protestantesimo.
In Inghilterra la corona requisì i ricchi beni della Chiesa e perseguitò i cattolici.
L’Irlanda rimase cattolica, mentre in Scozia (che era un regno indipendente dall’Inghilterra e tale rimarrà fino ai primissimi anni del ‘700) si diffuse il calvinismo con John Knox.
Enrico VIII ebbe 6 mogli, due delle quali fatte decapitare, tra cui Anna Bolena, accusata di stregoneria e adulterio.
L’affermazione dell’anglicanesimo in Inghilterra servì politicamente come strumento di contrapposizione all’Italia, alla Spagna ed all’impero asburgico.
La Bibbia venne tradotta in inglese, la messa fu celebrata in inglese.
Inizialmente, come si è detto, la religione anglicana non intaccò la dottrina della Chiesa, ma ben presto si affermò che ci si salvava solo per fede (come Lutero), si rifiutò il culto dei santi (come Lutero), si ridussero i sacramenti, negando a questi valore salvifico (come Lutero e Calvino), si sostituì l’autorità del papa con quella del re e si pose l’arcivescovo di Canterbury come la più alta carica ecclesiastica; con il passare del tempo, infatti, anche se il re rimaneva capo della Chiesa inglese, l’anglicanesimo andò caratterizzandosi sempre più per un forte episcopalismo. A differenza di Lutero, tuttavia, e come invece nella Chiesa cattolica, l’anglicanesimo mantenne la struttura gerarchica della Chiesa.

III.16. La riforma in Italia.
In Italia la Riforma ebbe scarsissima diffusione, perché fu molto forte l’azione della Controriforma del Concilio di Trento (1545-63) e dell’Inquisizione.
A Napoli, grazie all’azione di Juan de Valdés, un nobile spagnolo, si diffuse il movimento dei valdesi (da non confondersi con quello di Pietro Valdo, precedente), che criticava la ricchezza e la mondanizzazione del clero, come aveva fatto Lutero, ma senza l’intento di giungere ad una rottura con la Chiesa cattolica.
L’azione della Riforma in Italia rimase quindi limitata e disunita.
Da ricordare, oltre allo spagnolo Valdés, la famiglia Socini, che criticò la dottrina calvinista della predestinazione, affermando la validità del contributo umano per la salvezza, insieme alla fede, e la tolleranza religiosa.

III.17. La diffusione della Riforma in Europa.
E’ a questo punto tenere presente il seguente quadro di riferimento:
a. Il luteranesimo si diffuse in Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia e conquistò quindi gran parte dell’Europa settentrionale;
b. Il calvinismo si espanse invece ‘a macchia d’olio’ in Francia, nei Paesi Bassi (Olanda, Belgio, Lussemburgo), ed in Scozia, con John Knox, ove assunse il termine di Chiesa presbiteriana (presbiterianesimo);
c. Lo zwinglismo si limitò alla Svizzera;
d. L’anabattismo ebbe scarsissima diffusione solo in Moravia;
e. Il cattolicesimo rimase in Italia, Spagna, Austria, Francia ed Irlanda del sud, quindi continuò ad essere la religione dominante dell’Europa meridionale, oltre che dell’Irlanda del Sud.
Si può in conclusione affermare che lo scisma aperto in Occidente nel ‘500, a differenza di quello d’Oriente del 1054, aveva portato alla nascita di differenti confessioni religiose.

III.18. Controriforma o ‘Riforma cattolica’? Un problema di interpretazione storiografica.
La reazione della Chiesa alla Riforma protestante prese il nome, a seconda delle interpretazioni storiografiche, di ‘Riforma cattolica’ o di ‘Controriforma’.
Gli storici cattolici indicarono la risposta della Chiesa al mondo protestante con l’espressione di ‘Riforma cattolica’, mettendo in luce l’opera di riforma morale che fu avviata, all’interno della Chiesa, che accolse così anche alcune critiche mosse dai riformatori (dopo il Concilio di Trento, con i papi Pio V, Sisto V e soprattutto Urbano VIII, ovvero il cardinale Barberini, inizialmente amico di Galileo, la Chiesa conosce indubbiamente un periodo di positivo rinnovamento) ; gli storici laici parlano invece di Controriforma, volendo invece sottolineare la risposta negativa e repressiva della Chiesa, che, di fatto, ebbe purtroppo il sopravvento sull’intento conciliatore di riforma morale.
Il termine ‘Controriforma’, che ebbe maggior fortuna rispetto all’espressione di ‘Riforma cattolica’, fu coniato per la prima volta dal giurista tedesco Johann Putter nel 1776 (quindi in clima illuministico ed anticlericale) e sottolineava pertanto la risposta repressiva della Chiesa, attestata su posizioni conservatrici, tese a respingere in toto la Riforma come eresia, a perseguitare i riformatori, ritenuti eretici, a censurare i testi e gli scritti dei riformatori, a riaffermare l’ortodossia della dottrina cattolica.
In realtà furono veri entrambi gli atteggiamenti, quello di conciliazione (cioè di una vera e propria ‘Riforma cattolica’) e quello repressivo, appunto controriformistico, anche se quest’ultimo fu, purtroppo, quello indubbiamente dominante: per questo useremo la denominazione di “Controriforma”.

III.19. I nuovi ordini religiosi.
Tra gli aspetti positivi della Controriforma bisogna ricordare la creazione di nuovi ordini, che precedette e seguì il Concilio di Trento, che si svolse appunto a Trento tra il 1545 ed il 1563, con due brevi interruzioni.
Non si tratta di ordini contemplativi, ma attivi, impegnati in opere caritatevoli ed assistenziali a vecchi, vedove, orfani, infermi, poveri; non sono associazioni spontanee di volontari, ma ordini religiosi riconosciuti dalla Chiesa. Fu anche missionari che si dedicarono all’evangelizzazione ed all’insegnamento agli indigeni delle Americhe, recentemente scoperte; con tali opere la Chiesa, pur rivedendosi interiormente sul piano morale,
a. Combatté anche il luteranesimo, che negava il valore delle opere per la salvezza e
b. Offrì un valido aiuto sociale in un tempo che difettava di volontariato.
I nuovi ordini furono quelli dei Teatini, dei Cappuccini (dediti all’attività pastorale, il cui fondatore, vista la corruzione della Chiesa, si convertì però al protestantesimo), dei Barnabiti, dei Somaschi (presso questi due ordini studierà il giovane Alessandro Manzoni a Milano), delle Orsoline, degli Oratoriani di Filippo Neri (dediti alla cura degli orfani romani ), dei Gesuiti o “Compagnia di Gesù”, fondati in Spagna nel 1540 da Ignazio di Loyola , degli Scolopi, dediti all’insegnamento come i Gesuiti, fondati in Spagna da Giuseppe Calasanzio , ed infine dei Fatebenefratelli, anche dediti alla pastorale. E’ papa Clemente VII, ma sarà il successore Paolo III che approva ufficialmente l’ordine dei Gesuiti nel 1540. In questi stessi anni Sant’Angela fonda le Orsoline e Matteo da Bascio i Cappuccini, oggi presenti in 101 Paesi del mondo. San Camillo de Lellis, fondatore dell’ordine degli Ospedalieri, si forma nell’oratorio di San Filippo Neri a Roma.
L’ordine più importante, tra questi menzionati, fu sicuramente quello della Compagnia di Gesù, che merita una trattazione a parte.
Nel periodo della Controriforma furono canonizzati infatti anche molti santi, quali San Filippo Neri, Sant’Ignazio di Loyola, San Giovanni della Croce, Santa Teresa d’Avila, fondatrice delle suore Carmelitane, e San Giuseppe Calasanzio.

III.20. La “Compagnia di Gesù”.
Il termine “Compagnia di Gesù” indica già un nome militaresco, quasi una “militia christiana”. Ignazio di Loyola era infatti un militare: ferito in battaglia, ebbe la vocazione. Scrisse un’opera, gli Esercizi spirituali, nei quali cercava di fondere l’ascesi e l’obbedienza con l’azione pratica, tanto che il motto dei gesuiti divenne “contemplativi nell’azione”. I gesuiti furono ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa come ordine nel 1540: in quanto “militia Christi”, ebbero lo scopo di difendere la Chiesa e di obbedire incondizionatamente al papa (furono un “ordine”, non una democrazia”). L’obbedienza ai superiori era quindi assoluta, come nell’esercito, ma dovevano anche essere colti ed esperti nella dialettica, al fine di difendere la dottrina della Chiesa dagli attacchi dei protestanti. La”Ratio studiorum” fu il metodo di insegnamento, molto rigido, seguito dai gesuiti nei loro collegi; a dire il vero, inizialmente i gesuiti rivolsero il loro insegnamento ai poveri ed agli orfani, ma ben presto s’insediarono come precettori presso le corti dei nobili ed aprirono numerose scuole rivolte alla formazione dei rampolli dei principi.
Studiarono non solo la teologia, ma anche la filosofia e le scienze profane, come la matematica, la fisica e la biologia, per combattere i nemici della Chiesa. Si distinsero per la loro rigorosa preparazione e per la disciplina durissima.
Come missionari in Asia ricordiamo i padri gesuiti Francesco Saverio e Matteo Ricci.
Tra ‘500 e ‘600 insegna in Belgio Giansenio, fondatore del giansenismo, tendente a distingiere radicalmente l’umanità in buoni e malvagi, sulla scia di Calvino: il giansenismo si diffonderà in Francia e sarà combattuto dal re Luigi XIV ed anche dai Gesuiti.

III.21. Il Concilio di Trento (1545-63).
I papi che si succedettero nel Concilio di Trento furono Paolo III e Paolo IV, mentre i successori Pio IV e Pio V raccolsero l’eredità del Concilio. Il papa Paolo IV era il cardinale Gian Pietro Carafa, rigido ed intollerante, che rappresentò l’anima repressiva del concilio, che si svolse, come già detto, nel castello di Trento, con 2 brevi interruzioni.
Fu aperto dal papa Paolo III e vi parteciparono vescovi e dotti gesuiti: fu un concilio lungo e travagliato. Nonostante fossero stati condannati la simonia, il nepotismo ed il concubinato di alcuni preti, nonostante fossero stati creati ordini con un fine di carità ed assistenza, nonostante fosse stata ribadita la necessità di una maggiore preparazione dei preti, che spesso, nelle campagne, erano molto ignoranti (come Erasmo da Rotterdam aveva già sottolineato), prevalse la linea dura, di ferma condanna dell’eresia protestante, e si ribadirono il culto dei santi, della Madonna, l’autorità suprema del papa, la gerarchia ecclesiastica ed il valore salvifico dei 7 sacramenti e delle opere. L’imperatore Carlo V d’Asburgo difese questa linea. Si ribadirono anche la transustanziazione, la consustanziazione, la verginità della Madonna e l’esistenza del Purgatorio. Tutto questo nella “Professio Fidei Tridentina”, approvata da Paolo IV, che chiuse il concilio. Con il concilio di Trento nacquero anche i catechismi, con l’obiettivo di educare i ragazzi nelle parrocchie. Contro il libero esame delle Scritture, si ribadì come unica interpretazione valida quella della Chiesa e contro i dialetti nazionali si ribadì anche l’esclusivo uso del latino come lingua ufficiale della Chiesa, si ribadì anche la legittimità delle indulgenze, pur frenandone gli abusi. Si riaffermò anche l’importanza delle opere meritorie, congiuntamente alla fede ed alla misericordia (grazia divina) per ottenere la salvezza.
Alla “Professio fidei tridentina” del 1564 s’ispirò anche il “Catechismo tridentino” del 1564, che influenzò il “Catechismo romano” del 1566 (che, a sua volta, ha esercitato una notevole
influenza sull’odierno “Catechismo della Chiesa cattolica) , scritto da Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, poi santificato .

III.22. L’Indice dei libri proibiti ed il Tribunale dell’Inquisizione.
Le due anime della Controriforma cattolica, quella indulgente e quella repressiva, furono perfettamente incarnate, dopo il concilio, dalla figura di Pio V, che si batté contro i protestanti, ma anche contro la corruzione del clero.
Paolo IV, il cardinale Gian Pietro Carafa, aveva istituito la messa all’Indice dei libri proibiti, con lo scopo di aggiornare l’elenco delle opere da condannare in quanto contrarie al cattolicesimo, e la Congregazione del Sant’Uffizio, una riedizione del medievale Tribunale dell’Inquisizione, con il quale, mediante un processo, si condannavano al rogo gli eretici. La sentenza veniva poi materialmente eseguita dalla giustizia laica, dal “braccio secolare”, al quale la Chiesa consegnava l’eretico dopo il processo. L’azione della Controriforma fu particolarmente forte in Italia ed in Spagna, Paesi in cui la Chiesa creò un clima di paura e di chiusura culturale definito “oscurantismo” .
L’azione della Controriforma per la Chiesa comportò anche una riconquista territoriale di parti del Sacro Romano Impero, grazie anche all’aiuto delle potenze secolari. Si rafforzarono inoltre vescovadi e seminari per la formazione del clero, già attivi a partire dal Cinquecento.

III.23. La caccia alle “streghe” ed agli “untori”: fenomeni di fanatismo.
Uno dei più vistosi fenomeni di fanatismo religioso, sia cattolico che protestante, perché si sviluppò anche nei Paesi protestanti, fu quello della caccia alle streghe, tra ‘500 e ‘600: spesso, vedove e donne nubili venivano tacciate di stregoneria e di congreghe notturne con Satana ed i vari diavoli . Fu una piaga di intolleranza e fanatismo . Le donne accusate di stregoneria venivano processate e torturate fino alla confessione e molte, per evitare atroci torture, confessavano subito i loro rapporti con il diavolo: è il caso di Gostanza da Libbiano, verificatosi a San Miniato, presso Pisa, che venne assolta dalla Congregazione del Sant’Uffizio per aver confessato di avere avuto rapporti carnali con il demonio in persona, cosa impossibile in quanto il diavolo, angelo ribelle cacciato dal paradiso, è puro spirito, e quindi non può avere corpo; Gostanza fu condannata all’esilio a vita da San Miniato .
Due frati domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Kramer, scrissero anche un trattato, un vero e proprio manuale per combattere il demonio, il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe).
Anche nei conventi talvolta si cercavano le streghe tra le giovani novizie, come capitò in Francia ed in Germania, Paesi in cui questo fenomeno di fanatismo fu più accentuato che in Italia (fu in ogni caso più vistoso presso i protestanti, luterani e calvinisti, che non presso i cattolici).
Eclatante, in Italia, fu il caso delle streghe di Nogaredo, un paesino del Tirolo, intorno alla metà del ‘600: una giovane donna, Lucia, fu torturata e portata davanti ad un inquisitore, e qui accusò un’altra donna, Domenica, di stregoneria e complicità, per scaricare la colpa, ma cadde in contraddizione, avendo detto di aver collaborato con il demonio dopo essere stata trasformata in un gatto .
In Germania, un gesuita tedesco, Friedrich von Spee, era il confessore delle streghe condannate e nel testo che ci ha lasciato racconta la storia della strega Gaia: qualsiasi cosa dica, Gaia è condannata. Se Gaia ha condotto una vita dissipata, è un indizio, se ha condotto una vita onesta, mente, come fanno le streghe. Se, gettata in carcere, ha paura della tortura, è segno che è colpevole, se non la teme, finge di essere innocente, e questa è comunque una prova, perché le streghe fingono; non bisogna fidarsi delle femmine, la cui radice del nome significa infatti già “fede minore”. Se confessa la colpevolezza, è una strega che ha confessato, e questa è la prova, se invece si dichiara innocente, verrà torturata fino a quando non confesserà di essere una strega .
Molte donne, infatti, dichiaravano, nel corso di questi folli processi, subito di essere streghe, pur di non essere torturate, come Gostanza da Libbiano .
Altro segno di fanatismo del Seicento fu quello della caccia agli “untori”, follemente accusati di diffondere il germe della peste, che era invece stato portato dai soldati mercenari lanzichenecchi durante la loro discesa nel ducato di Milano nel 1627, nel corso della guerra dei trent’anni (1618-48), come ci illustra Manzoni negli ultimi capitoli de I Promessi Sposi e nella Storia della colonna infame.

III.24. La Chiesa nell’Impero di Filippo II di Spagna.
“Per Filippo II di Spagna il cattolicesimo fu più un mezzo di cui servirsi che un ideale da servire” : il successore di Carlo V, infatti, represse i moriscos (arabi convertiti) ed i marranos (ebrei convertiti, detti anche “cristianos nuevos” o “conversos”) che vivevano in Spagna per poi espellerli. In particolare furono perseguitati i moriscos perché si rifiutavano di rispettare la legge che impediva loro di parlare la lingua araba in Spagna, il cui uso venne vietato anche all’interno delle comunità arabe. Convinto che alla purezza di fede dovesse corrispondere anche una “lempieza de sangre”, cioè una purezza di sangue, di stirpe, il nuovo monarca spagnolo rafforzò il tribunale dell’Inquisizione: un arabo o un ebreo, anche se convertiti, rimanevano, nella sua concezione razzista, pur sempre arabi ed ebrei. Si presentò dunque come il paladino della Controriforma.
Sconfisse i turchi nella battaglia di Lepanto nel 1571, alleandosi nella Lega Santa con il papa Pio V, Venezia (questa solo per motivi commerciali e non religiosi) e l’Austria: i turchi furono costretti temporaneamente a lasciare l’isola di Cipro, per poi però riconquistarla nel 1573, quindi solo dopo due anni. Nel 1574 presero Tunisi, facendone una roccaforte islamica. Quindi fallì il proposito cattolico di arginare il pericolo musulmano.
Nel 1576 inviò il fanatico cattolico e spietato duca d’Alba a reprimere la rivolta delle province settentrionali dei Paesi Bassi, che erano protestanti e chiedevano una politica fiscale meno esosa e la libertà religiosa, ma non riuscì nell’impresa, grazie all’intervento della regina d’Inghilterra Elisabetta Tudor, anglicana e sensibile al problema della tolleranza religiosa: alla fine del conflitto, Belgio, Lussemburgo e Francia del nord acquistarono l’indipendenza, e solo l’Olanda rimase possedimento spagnolo. Elisabetta Tudor era succeduta sul trono inglese dopo la morte della sua sorellastra, Mary I Tudor, fanatica cattolica (era soprannominata “Bloody Mary per le persecuzioni feroci da lei attuate contro tutti coloro che non erano ferventi cattolici), moglie di Filippo II ed aveva rifiutato anche la proposta di matrimonio dello stesso monarca, rimasto vedovo di Mary I Tudor (Mary I Tudor ed Elisabetta Tudor erano sorellastre in quanto entrambe figlie di due delle sei mogli del padre Enrico VIII Tudor). Filippo II sarà poi definitivamente sconfitto dall’Inghilterra di Elisabetta nel 1588, facendo iniziare per la Spagna un periodo di inesorabile declino, mentre l’Inghilterra si avviava verso uno splendore politico, economico e culturale.

III.25 Le guerre di religione in Francia: dalla notte di San Bartolomeo (24 agosto 1572) all’editto di Nantes (3 aprile 1598).
Alla fine del ‘500 la Francia fu scossa da un grave conflitto religioso: nella notte fra il 23 ed il 24 agosto 1572, la notte di San Bartolomeo, a Parigi, i cattolici, comandati dalla fanatica famiglia dei Guisa, massacrarono violentemente gli ugonotti (i calvinisti francesi): più di 2000 furono le vittime. Fu un atto di fanatismo e profonda intolleranza, come ci illustra alla fine del ‘700 il filosofo francese Voltaire, nel suo Dizionario filosofico, alla voce “Fanatismo” .
Gli scontri e le persecuzioni degli Ugonotti si espansero nelle campagne francesi, con altre vittime. I Guisa, cattolici, rappresentavano la borghesia parigina, mentre gli ugonotti erano rappresentati dalla famiglia Borbone, esponenti della piccola nobiltà delle città e delle campagne. Nello scontro, a favore dei Guisa, si era intromesso anche Filippo II, con evidenti mire espansionistiche verso la Francia.
In Francia proseguirono le guerre di religione e si arrivò ad un nuovo conflitto, la “guerra dei 3 Enrichi”, tra Enrico III, cattolico, ma non fanatico, e nuovo re di Francia, Enrico di Borbone, ugonotto e cognato di Enrico III, ed Enrico di Guisa, cattolico. Enrico III fece assassinare Enrico di Guisa, ma a sua volta fu pugnalato a morte da un fanatico frate cattolico. Enrico III era cattolico, ma non fanatico e, nonostante avesse avuto non poche responsabilità nella strage della notte di San Bartolomeo, voleva pacificare ora i francesi. In punto di morte, Enrico III designò come erede al trono suo cognato Enrico di Borbone, a patto che si convertisse al cattolicesimo: questi accettò e divenne re di Francia con il nome di Enrico IV. Si dice che nel corso della messa d’incoronazione avesse pronunciato la frase “Parigi val bene una messa”, nel senso che il trono di Francia poteva anche richiedere una sua ‘conversione’. Infatti, il 3 aprile 1598 Enrico IV emanò l’editto di Nantes, con il quale riconosceva libertà di culto agli ugonotti in tutta la Francia, inizialmente esclusa Parigi, ma in seguito annessa. Gli ugonotti avevano pari diritti dei cattolici: diritti politici, di assistenza negli ospedali e di istruzione nelle scuole. Anche Enrico IV sarà però assassinato da un fanatico cattolico. A lui successe Luigi XIII, che divenne re all’età di soli 9 anni.

CAPITOLO IV: LA SECONDA ETA’ MODERNA (XVII/XVIII SECOLO).

IV.1. I casi di Giordano Bruno e Galileo.
Il filosofo Giordano Bruno visse nel secondo ‘500, fu un uomo di acuto ingegno; prese l’abito domenicano, ma fin da giovane contestò la corruzione della Chiesa con spirito combattivo e tenace; inoltre negò il culto dei santi e della Madonna per concentrarsi su Cristo; il giovane Bruno è infatti un fervente cristiano. Accusato e scomunicato dal Sant’Uffizio, girovagò per l’Europa, insegnando in varie università; tornato in Italia, fu arrestato e processato inizialmente dall’Inquisizione veneziana, che lo fece trasferire a Roma, dove, in prigionia, fu sottoposto ad un secondo processo, con l’accusa di essere un eretico impenitente e di avere anche offeso Cristo, nelle sue opere definito “un cattivo mago, che non sa nemmeno morire, in quanto sulla croce chiede l’aiuto del Padre”. Nelle opere della maturità, infatti, Bruno rinnega anche Cristo. Fu arso vivo sul rogo il 17 febbraio 1600, nonostante il cardinale Roberto Bellarmino lo avesse più volte invitato calorosamente a ritrattare quanto affermato, anche su sollecitazione del papa Clemente VIII: se Bruno avesse infatti abiurato le sue idee, la Chiesa avrebbe trionfato, sul piano etico e dottrinario. Il cardinale Sartori fece di tutto, invece, per condannarlo: rappresenta la Chiesa intransigente della Controriforma . La Chiesa di oggi, rivedendo il caso di Bruno, ha mantenuto la scomunica e la condanna di tutte le sue opere, ma ha affermato che la punizione è stata esagerata.
Diverso è invece stato il caso di Galileo Galilei , che, a differenza di Bruno, si è invece sempre considerato cristiano: per questo motivo, e convinto del fatto che ormai le sue idee sulla validità del sistema copernicano e sulla falsità di quello aristotelico-tolemaico fossero ormai diffuse in tutta l’Europa, decise di abiurare per salvarsi la vita, nel processo del 1633, avvenuto dopo un richiamo informale del Sant’Uffizio, che nel 1616 gli aveva ingiunto di non divulgare o insegnare la teoria copernicana, e dopo la pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo nel 1632, dedicata al papa Urbano VIII, della cui amicizia lo scienziato aveva precedentemente goduto; Urbano VIII, ex cardinale Barberini, era infatti sensibile al progresso della scienza, ma era stato convinto dai cardinali aristotelici, nemici di Galileo, che Galileo avesse ridicolizzato, nella suddetta opera, sia pure implicitamente, la figura stessa del papa . Il cardinale Bellarmino presenziò anche al processo contro Galileo e si dimostrò nemico dello scienziato. Soltanto con Giovanni Paolo II la Chiesa ha rettificato completamente il suo giudizio su Galileo, eliminando ogni condanna e riconoscendo i propri errori.
E’ da sottolineare come la Chiesa, che ha rivisto oggi completamente la sua posizione su Galileo, non abbia ancora rivisto quella su Bruno, limitandosi a riconoscere che la condanna (il rogo) è stata esagerata: Galileo, a differenza di Bruno, si è sempre ritenuto cristiano, quindi la Chiesa non potrà mai cambiare opinione su Bruno. In ogni caso, l’atteggiamento della Chiesa nei confronti sia di Bruno che di Galileo rappresenta una delle pagina più oscure dell’intera storia ecclesiastica.
Nel 1622 il papa Gregorio XV fonda la “Congregazione di propaganda fidei” per evangelizzare i poveri, alla quale segue l’opera di un francese, San Vincenzo de’ Paoli, con il quale nascono le “Figlie della carità”, delle suore laiche.

IV.2. La Francia dei cardinali.
Luigi XIII fu assistito prima dalla madre, Maria de’ Medici, poco amata dai francesi in quanto di origine toscana, poi dal cardinale Richelieu, un primo ministro capace di restaurare il potere del re: questi seppe tenere a freno la nobiltà, anche con metodi duri, e sconfisse gli ugonotti nella battaglia de La Rochelle, poiché i calvinisti francesi, approfittando dei privilegi ottenuti con l’editto di Nantes, tendevano a costituire una specie di repubblica entro i confini della Francia, una sorta di “Stato dentro lo Stato”.
In politica interna Richelieu rafforzò l’apparato statale con burocrati stipendiati dalla Corona e scelti tra la borghesia, e non più tra la nobiltà, che venne quindi sostituita nelle mansioni di governo: questi borghesi costituivano la “nobiltà di spada”, che si differenziava dalla “nobiltà di toga” di tipo feudale; i privilegi della “nobiltà di spada” furono eliminati e si strinsero sempre più i rapporti tra i “nobili di toga” e la monarchia.
Questa stessa politica verso la nobiltà sarà seguita dal successore di Richelieu, il cardinale Mazarino, primo ministro negli ultimi anni di regno di Luigi XIII e poi primo ministro durante l’inizio del regno di Luigi XIV, il “Re Sole”, divenuto re all’età di soli 5 anni. L’opera del Mazarino fu però difficile perché la “nobiltà di spada”, per riconquistare il potere ed i privilegi, fece leva anche sul malcontento popolare, dovuto alle pesanti tasse che i francesi dovettero pagare per affrontare la guerra dei trent’anni (1618-48), ultimo grande conflitto religioso della storia moderna, al termine del quale i protestanti videro riconosciuti i loro diritti in tutta Europa e l’Impero fu invece ridotto ad una larva. Da notare che la Francia di Luigi XIII e di Richelieu entrò in guerra solo alla fine del conflitto, nel 1636, e si schierò a fianco delle potenze protestanti in quanto fortemente preoccupata da una possibile aggressione dell’Impero. La lungimiranza di Richelieu portò la Francia, alla fine del conflitto, a sedersi al tavolo dei vincitori nella pace di Westfalia e ad ottenere l’Alsazia ed altre città. Richelieu e Mazarino furono quindi due abilissimi strateghi che, con le loro lungimiranti e machiavelliche azioni di governo, consolidarono il potere dei re di Francia, Luigi XIII e Luigi XIV, stabilendo, in questo caso, l’alleanza fra trono ed altare, anche se non mancarono, nella Chiesa cattolica, autorevoli voci di dissenso, che accusarono il re di avere ridotto in miseria il popolo a causa di una serie di guerre fallimentari condotte in politica estera : è questo proprio il caso dell’arcivescovo di Parigi, il cardinale e filosofo Francois Fénelon . Facendo tuttavia leva sul malcontento popolare, come si è detto, la nobiltà francese di spada si organizzò nella “fronda parlamentare” (1648) e nella “fronda dei principi” (1650), ma entrambe rientrarono grazie all’abile politica del Mazarino, che morì nel 1661, dopodiché Luigi XIV affermerà pienamente l’assolutismo monarchico in Francia, assumendo personalmente il compito di amministrare il Paese.

IV.3. Il gallicanesimo e la politica religiosa del “Re Sole”. Il Seicento.
La volontà di assolutismo di Luigi XIV colpì anche la Chiesa cattolica: nel 1682 emanò la Dichiarazione gallicana, consistente in 4 articoli (è infatti nota anche come “4 Articoli gallicani”) con i quali il re si arrogava il diritto di nominare i vescovi, in terra di Francia, al posto del papa e sottoponeva, in Francia, l’autorità del papa a quella del concilio di vescovi, da lui nominato, quindi, all’autorità del re. In particolare, i 4 articoli gallicani affermano quanto segue:
a. Il re ed i principi hanno origine divina e quindi è legittimo il loro potere assoluto, fondato sulla santità del sangue reale;
b. Il concilio è superiore al papa;
c. La Francia ha tradizioni particolari ;
d. Nelle questioni di fede il giudizio del papa dev’essere conforme a quello espresso dall’episcopato.
Luigi XIV affermò così, in Francia, la supremazia del conciliarismo sul papismo, rovesciando quanto sostenuto, dopo la parentesi del papato avignonese, dal Concilio di Basilea del 1431, ovvero la tesi papista. Tuttavia tale gallicanesimo non fu mantenuto dal “Re Sole” perché i contrasti con il papa Innocenzo XI lo costrinsero a ritirare la Dichiarazione gallicana. Il “gallicanesimo” è, per definizione, una tendenza del potere laico (non necessariamente quello regale o imperiale), in Francia, ad assoggettare la Chiesa allo Stato: ancora oggi si parla infatti di gallicanesimo, come se ne parlava nel 1300 durante il conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo IV, conclusosi con il trasferimento della sede pontificia da Roma ad Avignone, e come se ne è parlato con Luigi XIV.
Nel 1685 Luigi XIV emana l’editto di Fontainebleau, con il quale revoca l’editto di Nantes concesso da Enrico IV: questo atto rientra nella politica di accentramento dei poteri del re, che investe anche la sfera religiosa. In particolare, il “Re Sole” sostenne che, non essendo più quasi più presenti gli ugonotti nel regno di Francia, l’editto di Nantes non aveva più senso.
Luigi XIV favorì la conversione dei calvinisti al cattolicesimo, ma i più ostinati furono perseguitati e costretti a lasciare la Francia: 200.000 ugonotti abbandonarono infatti il Paese ed i più poveri, che non poterono espatriare, furono massacrati, come capitò nella regione della Linguadoca.
Un’altra minoranza religiosa perseguitata dal re fu quella dei giansenisti, movimento religioso al quale fu molto vicino il filosofo e matematico Blaise Pascal (molti dei suoi scritti furono infatti pubblicati dai suoi amici giansenisti), che si stavano pericolosamente infiltrando anche nelle università, come la celebre “Sorbonne” di Parigi. I giansenisti erano seguaci di Paolo di Tarso, Agostino e Calvino, che erano poco indulgenti contro la corruzione e distinguevano nettamente l’umanità tra dannati e salvati.
Il ‘600 è il secolo con il quale la Chiesa reagisce alla Riforma protestante con lo stile barocco, che emerge nelle arti figurative, è il secolo delle agiografie, in cui vengono pubblicate diverse edizioni critiche della vita dei santi, è il secolo in cui i cattolici offrono anche grandi esempi di mistica e di risveglio spirituale, quindi non solo di repressione e chiusura.
In Germania, in ambito protestante, si diffonde il pietismo, in seno al luteranesimo, che insiste sul tema del ripiegamento interiore e vuole così reagire al razionalismo che sta emergendo e che si diffonderà nel Settecento con il sentimento interiore ed un’etica rigidissima, che influenzerà anche gli scritti del filosofo Immanuel Kant , che terrà comunque presenti certi insegnamenti pietisti nelle sue grandi opere mature di filosofia morale, quali la Fondazione della metafisica dei costumi e la Critica della ragion pratica (1788).

IV.4. Il dispotismo illuminato, il deismo e l’ateismo.
Il “Dispotismo illuminato” o “Assolutismo illuminato” è un apparente ossimoro che vuol significare l’atteggiamento di apertura dei sovrani verso le nuove idee illuministiche di libertà e tolleranza; la contraddizione di fondo di tale atteggiamento consiste nel fatto che tali riforme dovevano provenire dall’alto, dai nobili e dal clero, cioè proprio da quelle classi sociali che le riforme stesse dovevano colpire.
L’obiettivo principale fu la riduzione dei privilegi ecclesiastici e della nobiltà .
In Austria questa politica di riforme fu inaugurata dall’imperatrice Maria Teresa, ma portata energicamente avanti dal figlio Giuseppe II d’Austria, che requisì le terre alla Chiesa e ridusse fortemente i privilegi ecclesiastici, nonostante l’opposizione del papa Pio VI. La politica di Giuseppe II fu detta “giuseppinismo”; nel 1781 emanò la “Patente di tolleranza”, con la quale concesse libertà di culto ad ebrei protestanti ed ortodossi, che non saranno più emarginati nemmeno nei pubblici impieghi, nei quali si terranno presenti soltanto la condotta morale e le competenze professionali; per la prima volta in Europa gli ebrei potevano iscriversi all’università .
In Italia, a parte i centri culturali, a carattere economico e giuridico, di Milano, Firenze e Napoli, nello Stato pontificio e nelle altre regioni (soprattutto in quelle meridionali) il programma di riforme fu piuttosto debole in quanto ostacolato dalla Chiesa cattolica.
Invece in Spagna ed in Portogallo, anche se rimasero immutati i privilegi della nobiltà, fu colpita la Chiesa, in particolare i gesuiti, che furono prima espulsi proprio dai Paesi della penisola iberica, tradizionalmente cattolici, e poi soppressi nel 1773 come ordine per essere ricostituiti solamente nel 1815 dal Congresso di Vienna, sotto papa Pio VII, successore di Pio VI. In Portogallo il marchese Pombal, nobile illuminato e ministro del re Giuseppe I, requisì tutte le terre ai gesuiti, ma a Giuseppe I successe Maria I, che ripristinò i privilegi ecclesiastici.
In tutta Europa si diffonde intanto il deismo, in contrapposizione al teismo, cioè alla fede nelle religioni rivelate, come quella cattolica: il deismo è la fede in una religione naturale e razionale, cioè comprensibile solo con l’uso della ragione naturale, senza necessità di una Chiesa strutturata e storicizzata, senza gerarchia, senza una divinità rivelata, ma presente nella natura stessa, una sorta di panteismo (dal greco “Dio in tutte le cose”), ovvero la tesi già sposata da Bruno alla fine del ‘500.
Il deismo fu l’atteggiamento religioso seguito dalla maggioranza degli illuministi, anche se non mancarono filosofi atei, soprattutto in Francia, quali Helvetius, autore de De l’esprit, D’Holbach ed il secondo Diderot, quello della Lettera sui ciechi.

IV.5. I rapporti tra Stato e Chiesa durante la Rivoluzione francese e la pacificazione napoleonica. I “sanfedisti” del cardinale Ruffo a Napoli.
Nonostante il razionalismo della cultura illuministica del secondo Settecento non fosse favorevole alla religione in generale ed alla Chiesa cattolica in particolare, non mancarono, durante la Rivoluzione francese, ecclesiastici illuminati, sia nel basso clero, come l’abate Sieyés, teologo e fisico che prese le difese del terzo stato, o come l’abate Gregoire, addirittura filogiacobino, sia nell’alto clero, come l’arcivescovo di Nancy, che insieme ad altri nobili illuminati, la famosa notte del 4 agosto 1789 rinunciò spontaneamente ai propri privilegi feudali (anche se tale atteggiamento “spontaneo” fu in parte causato dal fenomeno dagli assalti armati dei contadini ai castelli dei nobili, avvenuti proprio nella seconda quindicina del luglio 1789, assalti passati alla storia come “Grande Paura” ed aventi per scopo quello di bruciare i documenti attestanti i privilegi feudali).
Per risanare lo Stato francese sul piano finanziario, verso la fine del 1789 si decise di requisire i beni ecclesiastici: l’Assemblea Nazionale Costituente stabilì l’emissione di speciali titoli di Stato, gli “assegnati”, che come garanzie avevano i beni e le terre requisite alla Chiesa ed incamerati dallo Stato. Durante la Rivoluzione gli assegnati circolavano come regolare carta moneta, ma persero progressivamente valore fino ad essere soppressi in età napoleonica.
Nel 1790 fu varata la “costituzione civile del clero” : i preti dovevano giurare fedeltà allo Stato e diventavano praticamente impiegati statali, stipendiati dallo Stato, ma il clero francese si divise tra clero giurato, la minoranza, e clero refrattario, la maggioranza, presente soprattutto nelle zone agricole come la Vandea (una regione occidentale della Francia a grande tradizione contadina e filoclericale) ed incoraggiata dal papa Pio VI. Nonostante il clero refrattario venisse perseguitato, i rapporti tra Chiesa e Stato non erano pessimi, almeno inizialmente, e certe preghiere come il “Te Deum” furono tollerate; in seguito i rapporti peggiorarono quando fu introdotto il divorzio e soprattutto quando furono fatte entrare le spoglie del filosofo illuminista anticlericale Voltaire nel Pantheon. Questo per la Chiesa fu un atto inaccettabile .
Alla fine della Rivoluzione, durante il periodo del “Terrore” (dalla primavera del 1793 a quella del 1794) furono addirittura chiuse le chiese ed il culto di Gesù Cristo fu sostituito con quello dei martiri della Rivoluzione, come Marat (si pregava infatti “sul cuore di Gesù e sul cuore di Marat”, che venne rappresentato dal pittore Jacques Louis David ne “La morte di Marat” come una vera e propria pietà religiosa), della Dea Ragione e dell’Essere Supremo (il culto dell’Essere Supremo fu istituito da Robespierre l’8 giungo 1794, sotto l’influsso delle idee deistiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, che Robespierre aveva conosciuto personalmente da ragazzo). Al culto di Cristo, della Madonna e dei Santi si sostituì una forma di religione laica, basata sulla fedeltà morale alla Repubblica ed alla “virtù” rivoluzionaria, tesa a combattere tutti coloro che complottavano contro la Rivoluzione ed i nemici della Repubblica. Il processo di scristianizzazione fu inaugurato dal rivoluzionario Hebert e completato da Robespierre, dopo che quest’ultimo aveva fatto condannare a morte lo stesso Hebert, con l’accusa di complotto controrivoluzionario.
Stato e Chiesa in Francia si riconcilieranno solamente con il Concordato stipulato nel 1801 tra Napoleone ed il nuovo papa Pio VII, che governerà la Chiesa dal 1800 al 1823, quindi durante il Congresso di Vienna e nel primo Risorgimento; il concordato napoleonico rimarrà in vigore fino al 1905, quando in Francia si stabilirà la separazione tra Stato e Chiesa. Tuttavia Napoleone abolirà anche la legge sul maggiorascato, incidendo così sulla composizione dell’alto clero, che non sarà più costituita da soli nobili.
Nel 1806 termina anche il Sacro Romano Impero e nasce l’impero austro-ungarico.
Nel 1799 cade la Repubblica partenopea, una delle cinque repubbliche giacobine o ‘sorelle’ fondate da Napoleone dopo la campagna d’Italia del 1976: i Borboni, aiutati dalle armate cristiane del cardinale Ruffo, un alto prelato fortemente reazionario, dall’esilio in Sicilia tornano sul trono di Napoli, reprimendo nel sangue valorosi patrioti napoletani. L’esercito di Ruffo era quello dei “sanfedisti”, ovvero della “santa fede”, che nel Risorgimento del primo Ottocento collaborerà con le potenze reazionarie della Santa Alleanza nella repressione dei moti patriottici.

CAPITOLO V: LA CHIESA DAL RISORGIMENTO ALL’ETA’ CONTEMPORANEA (XIX/XX SECOLO).

V.1. La Chiesa durante il Congresso di Vienna (1814-15).
Con Pio VII si apre il Risorgimento italiano: il suo pontificato durò dal 1800 al 1823, nel 1814, in seno al Congresso di Vienna e durante il clima della restaurazione dell’ “ancien régime” , ripristinò l’ordine dei Gesuiti, soppresso con il “dispotismo illuminato”. Pio VII appoggiò la politica reazionaria e filoaustriaca del Congresso di Vienna e benedì l’alleanza politica tra Austria, Russia e Prussia, che si chiamò infatti “Santa Alleanza”. Scopo della Santa Alleanza era quello, appunto, di ripristinare l’ordine politico, in Europa, precedente a Napoleone, cioè quello delle monarchie assolute, spazzando via ogni innovazione democratica introdotta dalla Rivoluzione francese, anche se, sotto un certo punto di vista, si può affermare che era impossibile pensare di cancellare con un “colpo di spugna” certe idee giacobine di libertà, fraternità ed uguaglianza che erano ormai penetrate nell’animo dei popoli.
Per quanto concerne la storia della Chiesa negli ultimi due secoli, vale a dire Ottocento e Novecento, risulta più chiaro e più interessante, data la maggiore attualità delle tematiche affrontate, trattare la materia seguendo i vari pontificati.
Sotto il pontificato di Pio VII, tuttavia, il clero si divise tra
a. I cardinali zelanti, reazionari, costituenti la maggioranza del collegio cardinalizio, con il cardinale Rivarola, che collaborò attivamente con la Santa Alleanza denunciando e condannando a morte molti patrioti che lottavano per liberare la penisola italiana dal giogo austriaco;
b. I cardinali liberali, antiaustriaci, con il cardinal Consalvi.
Si segnala anche la presenza di preti impegnati nel Risorgimento, come il padre Andreoli, fucilato insieme ad altri 9 carbonari .
Lo Stato della Chiesa comprendeva, nei confini stabiliti dal Congresso di Vienna, Lazio, Umbria, Marche e Legazioni Pontificie, ovvero la fascia costiera della Romagna: il clima che si respirava era oppressivo e repressivo, anche dal punto di vista intellettuale.
Pio VII appoggiò le società segrete cosiddette di “destra”, quali le “Amicizie cristiane”, i “Cavalieri della Fede”, i “Concistoriali” ed i “Sanfedisti”, molto forti, come abbiamo già visto con il cardinale Ruffo durante l’età napoleonica, nel Regno delle Due Sicilie, che comprendeva tutta l’Italia meridionale e la Sicilia ed era affidato ai re di Borbone.
L’opera reazionaria di Pio VI durante la Rivoluzione francese e di Pio VII durante la Restaurazione fu strenuamente difesa dal filosofo savoiardo conte Joseph De Maistre nelle sue opere Le serate di San Pietroburgo (1818) e soprattutto in Del Papa (1819). In questa seconda De Maistre ribadì la natura divina del potere monarchico e l’illegittimità di ogni rivendicazione popolare di sovranità, in quanto il popolo non deve avere diritto, ma dev’essere servo di pochi aristocratici poiché “Dovunque il piccolo numero ha sempre condotto il grande” ; la libertà e la democrazia vanno combattute, poiché rendono impossibile il governo del popolo da parte dei nobili, che devono collaborare con il sovrano nell’esercizio del potere assoluto. Anche il papa, per De Maistre, è un sovrano assoluto, il cui potere, come quello di tutti i monarchi assoluti, è legittimato da Dio. La Rivoluzione francese fu il “parto del demonio” ed è finita “per porre sul trono un gendarme” . L’Inghilterra, afferma De Maistre, ha compiuto una rivoluzione politica nel 1688 , ma gli esiti di questa rivoluzione devono ancora essere vagliati dalla storia .
Si nota come, tuttavia, il pensiero di De Maistre, anche alla luce delle considerazioni di Candeloro ed alla luce dei fatti che si sono poi verificati, risenta di una certa utopia, che potremmo definire “utopia reazionaria”.
A Pio VII seguono i tre brevi pontificati di Leone XII, Pio VIII, Gregorio XVI, che abbracciano la linea reazionaria già tracciata da Pio VII, ed il lunghissimo pontificato di Pio IX, il più importante papa della storia del risorgimento .
Un tentativo rivoluzionario del 1831 atto a destituire il papa Gregorio XVI, peraltro appena eletto, nelle Legazioni pontificie fu represso nel sangue.

V.2. Pio IX, l’ultimo “papa-re”. La Chiesa nelle guerre d’indipendenza ed il Concilio Ecumenico Vaticano I. Gioberti ed il neoguelfismo.
Pio IX viene eletto papa nel 1846 e divenne presto un simbolo del quale si serviranno indistintamente sia liberali moderati che repubblicani, venne infatti definito un “papa illuminista” per le sue aperture verso i problemi della lotta contro l’Austria e dell’unificazione nazionale; fu in realtà un uomo profondamente religioso, che svolse una funzione politica solo perché si trovò ad operare in un particolare momento storico, quello delle guerre d’indipendenza; fece quindi il “papa politico”, l’ultimo “papa-re”, come fu quasi universalmente definito, ma in realtà non fu un politico, bensì un uomo di profonda spiritualità, che si trovò “necessitato” a “fare il politico” in un determinato momento storico, delicatissimo per la situazione italiana ed i rapporti diplomatici con gli altri Stati.
Nel 1843, quando Pio IX non era ancora salito al soglio pontificio, lo storiografo cattolico Vincenzo Gioberti pubblica il Primato morale e civile degli italiani, in cui afferma la tesi neoguelfa, che sarà ovviamente ben accolta da Pio IX: Gioberti rifiuta la prassi rivoluzionaria, considerata pericolosa dalla piccola e media borghesia cattolica alla quale lo storiografo si rivolge. La rivoluzione, per Gioberti, porta solo disordine: non vi è pace senza ordine, né bene civile. Due sono le armi del potere sovrano:
a. il diritto, cioè la forza morale, e
b. l’esercito, cioè la forza materiale.
Parallelamente a queste due armi, esistono due tipi di rivoluzione:
a. una moderata e legittima, tesa a modificare ed a mitigare il potere sovrano quando è necessario;
b. una violenta ed illegittima, tesa a distruggere il potere sovrano per lasciare spazio soltanto all’anarchia, “sommo di tutti i mali”.
La Rivoluzione francese è per Gioberti un esempio di demagogia, che grazie alle “furie della plebe”, ha portato ad una nuova tirannide. Le rivoluzioni dell’Ottocento europeo fino ad ora verificatesi sono “brutte copie” della Rivoluzione francese e per questo sono fallite .
Dopo aver criticato aspramente la rivoluzione, Gioberti afferma la tesi neoguelfa : il potere temporale del papa affonda le sue radici da 18 secoli nella storia, è assistito da Dio e rafforzato dalla fede dei popoli e non ha, per Gioberti (anche se questo è molto discutibile), mai violato le sovranità nazionali, anche nei momenti più difficili della storia.
Nella conclusione dell’opera, Gioberti auspica la liberazione degli Stati italiani dagli stranieri, ma anche la loro unione in una confederazione posta sotto l’autorità morale del papa; quindi lo storiografo si fa assertore di un federalismo cattolico, in contro tendenza alle varie ipotesi di federalismo laico (neoghibellinismo) che si stavano facendo spazio proprio in quegli anni.
Sulla sua figura, tuttavia, non mancarono delle ‘ombre’, come evidenziarono gli storici di parte laica, liberale e repubblicana: nel 1848 inviò un contingente di truppe pontificie a sostegno del Piemonte di Carlo Alberto nella prima guerra d’indipendenza, ma il 29 aprile dello stesso anno ritirò le sue truppe, sostenendo che la Chiesa non poteva combattere una guerra contro una potenza cattolica come l’Austria. La guerra si concluse con la sconfitta italiana, che storici laici ed anticlericali come Giovanni Spadolini addebitarono all’ “allocuzione del 29 aprile” , appunto l’atto con il quale il papa ritirò le truppe.
Nel 1849 a Roma viene proclamata la Repubblica con un triumvirato costituito da Mazzini, Armellini e Saffi ed il papa è costretto a rifugiarsi a Gaeta, ma il presidente della Repubblica francese Luigi Napoleone Bonaparte nello stesso 1849 riporta il papa a Roma e pone fine all’esperienza della repubblica romana, la cui costituzione, la più avanzata del Risorgimento, non riesce nemmeno ad entrare in vigore.
Nel 1850 il ministro Siccardi, del governo D’Azeglio, emana le “leggi Siccardi”, con le quali limita i privilegi della Chiesa, ma Pio IX reagì bruscamente condannando il pensiero liberale, considerato “anticattolico”: le “leggi Siccardi” furono considerate come un attacco diretto alla Chiesa. D’ora in avanti, il pensiero liberale si porrà sempre come un nemico della Chiesa, non meno del pensiero socialista.
A D’Azeglio succede nel 1852, quale nuovo primo ministro, Camillo Benso conte di Cavour: deciso ad unificare l’Italia come una monarchia costituzionale, vide nel Piemonte lo Stato-guida della futura Italia e nella Chiesa un ostacolo all’unificazione nazionale. Nota è infatti la sua massima “Libera Chiesa in libero Stato”: Chiesa e Stato sarebbero stati ognuno indipendente e sovrano, ma ognuno nel proprio ordine, senza alcuna reciproca interferenza. Cavour limitò così il potere temporale del papa, contravvenendo al disegno politico di Gioberti, e Pio IX condannò formalmente il pensiero liberale di Cavour.
Ma gli scontri tra Cavour ed il papa proseguono: dopo la II guerra d’indipendenza, nel 1860 l’esercito regio di Vittorio Emanuele II sconfigge le truppe pontificie a Castelfidardo, nelle Marche, presso Ancona, su ordine di Cavour, liberando così le Marche e l’Umbria, che vengono sottratte allo Stato della Chiesa ed annesse al Regno di Sardegna, che da lì a poco sarebbe diventato Regno d’Italia . L’esercito piemontese era personalmente comandato da Vittorio Emanuele II.
L’8 dicembre 1854 Pio IX istituisce il dogma dell’Immacolata concezione, nel giorno dell’8 dicembre: è la prima volta nella storia della Chiesa che viene proclamato un dogma fuori dal concilio. Sempre nel 1864 Pio IX emana l’enciclica Quanta cura, nella quale si condannano:
a. Il razionalismo;
b. Il socialismo;
c. Il liberalismo;
d. Il gallicanesimo.
A questa enciclica si aggiunse, sempre nel 1864, un Sillabo, cioè un compendio di condanne, in 80 punti, di varie affermazioni: sono gli “80 errori del nostro tempo”, anche questo fortemente criticato dallo storico contemporaneo Giovanni Spadolini .
Nel 1859 erano intanto nati salesiani, fondati da San Giovanni Bosco, per l’istruzione dei giovani: oggi sono presenti in 130 Paesi del mondo ed in Italia sono radicatissimi a Torino, dove sono proprietari della casa editrice “SEI” e dove hanno numerose scuole private.
Nel 1867 Giuseppe Garibaldi tenta di entrare in armi nello Stato pontificio, ma viene fermato e sconfitto a Mentana dai francesi di Napoleone III, che presidiavano lo Stato pontificio con un contingente di truppe: la Francia dell’imperatore Napoleone III è paladina dello Stato della Chiesa.
L’8 dicembre 1869, il giorno del dogma dell’Immacolata concezione, Pio IX apre il Concilio Ecumenico Vaticano I, aperto “sine die”, cioè mai chiuso. Al concilio, interrotto nel 1870 a causa della breccia di Porta Pia, partecipano 700 vescovi. Il concilio non sarà mai chiuso perché il 20 settembre 1870 l’esercito regio del re Vittorio Emanuele II irrompe a Roma con la “breccia di Porta Pia” ed il concilio deve, per forza di cose, interrompersi.
In questo concilio sono particolarmente importanti due costituzioni dogmatiche, la “Dei filius”, e la “Pastor aeternus”. Nella prima (che si analizzerà più avanti, confrontando due costituzioni, rispettivamente, del Concilio Ecumenico Vaticano I e del Concilio Ecumenico Vaticano II), in opposizione al razionalismo positivistico di questo periodo, si ribadisce la razionalità della teologia e delle dimostrazioni dell’esistenza di Dio.
Nella seconda si stabilisce il primato universale del papa su tutta la Chiesa e si afferma l’infallibilità pontificia quando il papa parla “ex cathedra” in questioni di morale e di fede (non, ad esempio, in questioni di carattere sociale): in tali occasioni il papa è infallibile perché gode dell’assistenza dello Spirito Santo. Tale dogma viene proclamato nel 1870, proprio in seno alla costituzione dogmatica “Pastor aeternus”. Si nega inoltre il gallicanesimo. Il dogma dell’infallibilità del papa fu sostenuta, all’interno del concilio, da una maggioranza del clero contro una minoranza, per cui si giunse ad un compromesso, con i limiti dell’ “ex cathedra” e delle questioni di morale e fede; Pio XII se ne avvarrà per affermare il dogma dell’assunzione di Maria al cielo nel 1950. L’esigenza primaria del concilio fu quindi quella di rispondere al Positivismo razionalistico del tempo.
Ma l’esercito francese viene duramente sconfitto a Sedan nel settembre 1870 da quello prussiano di Bismarck, che riuscì ad annettere alla Prussia l’Alsazia e la Lorena, due regioni francesi di confine con la Prussia; l’Italia è ora alleata della Prussia e l’esercito di bersaglieri di Vittorio Emanuele II, approfittando della sconfitta francese a Sedan, visto che Roma era rimasta temporaneamente sguarnita della protezione francese, il 20 settembre 1870 entra in armi a Roma, con la breccia di Porta Pia, ponendo così definitivamente fine al potere temporale del papa. I rapporti tra Stato e Chiesa saranno regolati dalla “Legge delle Guarentigie”, una sorta di concordato stipulato nel 1871, ma sostanzialmente subito dalla Chiesa. Profondamente offeso da questa irruzione armata nello Stato pontificio, Pio IX nel 1874 emana il “Non expedit”, che significa “Non conviene”, “Non è opportuno”, con il quale i cattolici si ritirano dalla vita politica e non saranno più “né elettori, né eletti”: si consuma così una profonda frattura nei rapporti tra Stato e Chiesa, che sarà definitivamente sanata soltanto dai Patti Lateranensi firmati da Mussolini ed il cardinal Gasparri, segretario di stato pontificio con il papa Pio XI, l’11 febbraio 1929.
Nel 1878 muore Pio IX, dopo aver retto la Chiesa per ben 32 anni, in un momento delicatissimo della sua storia, soprattutto per i rapporti con il nuovo Stato liberale italiano, appena formato. Quello di Pio IX fu il pontificato più lungo della storia della Chiesa dopo quello di Pietro Apostolo, durato 34 anni. A Pio IX succede il papa Leone XIII, che darà vita ad un altro lungo pontificato.

V.3. Leone XIII e la questione sociale: la “Rerum Novarum” del 1891 (testo). La dottrina sociale della Chiesa.
Nel 1864 e nel 1889 si erano tenute, rispettivamente, la I e la II Internazionale: nel 1891, con il nuovo papa Leone XIII, anche la Chiesa prende posizione di fronte alla grave questione sociale dello sfruttamento degli operai nelle fabbriche.
Ma la questione sociale viene già affrontata dalla Chiesa, per la prima volta in modo sistematico, nel 1869, in Germania, dal vescovo Von Ketteler.
Leone XIII si era dimostrato anche attaccato alle tradizioni, come attestato dall’episodio in cui, innanzi alla decisione dei governi liberali dell’Italia unita, di costruire un monumento a Giordano Bruno in Campo de’ fiori a Roma, si chiude per 5 giorni in digiuno e penitenza di clausura, profondamente sdegnato.
Tuttavia nel 1891 emana l’enciclica “Rerum Novarum” (“Delle cose nuove”), nella quale, pur ribadendo la legittimità della proprietà privata, e contrastando così il pensiero socialista, afferma che gli industriali devono prendersi cura dei loro operai e garantire ad essi ed alle loro famiglie un’esistenza decorosa.
E’ opportuno analizzare adesso un passo focale della Rerum Novarum:
“A rimedio di questi disordini, i Socialisti, attizzando nei poveri l’odio dei ricchi, pretendono doversi abolire la proprietà […]. Il rimedio da costoro proposto è una patente ingiustizia, giacché diritto di natura è la proprietà provata. […].
Dei capitalisti poi e dei padroni sono questi i doveri: non tenere gli operai in luogo di schiavi; rispettare in essi la dignità dell’umana persona, nobilitata dal carattere cristiano” .
La Chiesa quindi prende posizione di fronte alla “questione sociale”, anche se con ritardo, ma questo non deve stupirci in quanto la Chiesa, nella storia, su ogni questione (si veda il “caso Galileo”), si è sempre mossa “a tempi lunghi”.
Con questa enciclica la Chiesa, da un lato combatte il liberalismo, troppo individualistico, dall’altro entra in ‘concorrenza’ con il pensiero socialista e marxista, che si stava pericolosamente facendo strada, sia con Marx che con i socialisti francesi, quali Saint-Simon, alla quale la Chiesa invece inizialmente guardato positivamente per quanto concerne la sua opera Il nuovo cristianesimo; tuttavia la Chiesa combatterà sempre il pensiero marxista per il suo ateismo. La Chiesa guarderà inoltre sempre con maggior favore le corporazioni tra operai ed imprenditori, che i sindacati, costituiti dai soli operai.
Nel 1931 Pio XI amplierà la prospettiva della “Rerum Novarum” con l’enciclica “Quadragesimo anno”, prospettiva che sarà ancora ampliata con l’enciclica “Centesimus annus” emanata da Giovanni Paolo II nel 1991.

V.4. Pio X e la polemica contro il “Modernismo”.
Alla morte di Leone XIII viene eletto papa Pio X , ex patriarca di Venezia, che governerà la Chiesa dal 1903 al 1914 : è un papa reazionario, dichiaratamente di destra , che considererà come pericolo primario, per la Chiesa, proprio il socialismo, che si stava diffondendo, soprattutto in Italia, tra fine Ottocento e primo Novecento, un periodo di gravi disordini sociali e scioperi. Pio X si muoverà in un’ottica antitetica a quella del suo predecessore e ridurrà allo stato laicale un prete impegnato nel sociale, come don Romolo Murri e non mancherà di richiamare aspramente anche don Luigi Sturzo, prete siciliano, vicino ai problemi dei contadini del mezzogiorno. Don Luigi Sturzo è il fautore di una proposta di riforma elettorale, che premia la democrazia, in base ad un sistema totalmente proporzionale; inoltre, nel 1919, fonderà il Partito Popolare, ponendo così definitivamente fine al “Non expedit” del 1874, che vietava ai cattolici l’impegno politico. Il “Non expedit” era già stato formalmente infranto in occasione delle elezioni del 1904, nelle quali i cattolici si erano impegnati a votare i candidati liberali del partito di Giovanni Giolitti, a patto che questi non facesse una politica anticattolica; nel 1912 vi è una seconda informale infrazione del “Non expedit”, con il Patto Gentiloni, con il quale i cattolici rinnovano ufficialmente il loro impegno a votare i candidati liberali di Giolitti a patto che questi garantiscano l’insegnamento della religione, tutelino il matrimonio cattolico e le sciole private cattoliche. Tale appoggio ai liberali era motivato, ovviamente, dalla necessità di evitare il “pericolo rosso” socialista .
Don Luigi Sturzo sdarà esiliato da Mussolini e rimarrà in esilio fino alla caduta del fascismo.
Ma il problema fondamentale con cui s’imbatte Pio X è il “Modernismo” , una corrente di teologi cattolici sorta tra fine Ottocento e primo Novecento. Tali teologi avevano idee riformiste, anche se origini eterogenee; anche se non costituivano quindi un movimento unitario, nemmeno per le idee, i modernisti erano tuttavia accomunati dall’intento di conciliare Chiesa e mondo moderno, teologia e scienza. Pio X, noto come “papa antimodernista”, considerò il modernismo come una pericolosa irruzione del mondo laico nella Chiesa; il Paese modernista per eccellenza è la Francia, con Alfred Loisy , un sacerdote che cercò di applicare il metodo storico-critico, cioè la filologia, alle Sacre Scritture. Nel 1907 si acuisce il conflitto tra Pio X e il Modernismo: Pio X emana l’enciclica Pascendi, in cui definisce il modernismo un compendio di tutte le eresie, teso a distruggere ogni religione, e minaccia un nuovo “Sillabo” contro il Modernismo. Censurò i testi antimodernisti ed allontanò i docenti modernisti dall’insegnamento. Nel 1910 istituì addirittura il “Giuramento antimodernista”, necessario per ricevere gli ordini maggiori, che sarà abolito solo nel 1967 da papa Paolo VI. Gli avversari del Modernismo furono definiti “integralisti” dai modernisti.

V.5. Benedetto XV: l’ “Inutile strage” (testo).
Morto Pio X nel 1914, la cattedra di Pietro fu affidata a Benedetto XV, che vi restò fino al 1922. Fu un fervente oppositore alla prima guerra mondiale , contro la quale scrisse, il 1à agosto 1917, una famosa nota, passata alla storia con il titolo de “L’inutile strage”, che ci sembra opportuno considerare:
“In sì angoscioso stato di cose, dinanzi a così grave minaccia, Noi , non per mire politiche particolari, né per suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l’opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell’umanità e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni. […].
Quindi un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti […]. Stabilito così l’impero del diritto, si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà e comunanza dei mari; il che, mentre eliminerebbe molteplici cause di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità e di progresso.
Quanto ai danni e spese di guerra, non scorgiamo altro scampo che nella norma generale di una intera e reciproca condonazione, giustificata del resto dai benefici immensi del disarmo; tanto più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta carneficina unicamente per ragioni di ordine economico. […].
Lo stesso spirito di equità e di giustizia dovrà dirigere tutte le altre questioni territoriali e politiche, nominatamente quelle relative all’assetto dell’Armenia , degli Stati balcanici e dei paesi formanti parte dell’antico Regno di Polonia, al quale in particolare le sue nobili tradizioni storiche e le sofferenze sopportate specialmente durante l’attuale guerra debbono giustamente conciliare le simpatie delle Nazioni. Sono queste le precipue basi, sulle quali crediamo debba posare il futuro assetto dei popoli. […]. Nel presentarlo pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate, e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage” .
La bolla papale scatenò, ovviamente, risposte politiche sul piano non solo italiano, ma internazionale: il generale Cadorna la considerò un’ingerenza illegittima della Chiesa negli affari dello Stato, i socialisti la accettarono, nonostante le differenze politiche, i governi dell’Intesa ed in particolar modo quello italiano, considerarono Benedetto XV un “papa tedesco”, in quanto una pace in questa fase della guerra sarebbe andata a vantaggio dell’Austria e della Germania, e ciò aprì aspre polemiche.
In ogni caso, è indubbio che questa doverosa presa di posizione della Chiesa ufficiale di fronte alla guerra rappresenta una luce presente nel papato di Benedetto XV , in mezzo all’ ombra precedente di Pio X ed a quelle future di Pio XI e Pio XII.

V.6. Pio XI ed il fascismo: i “Patti Lateranensi” (testo).
Nonostante la presa di posizione a favore della questione sociale dimostrata dall’enciclica “Quadragesimo anno” del 1931, con la quale Pio XI amplia la prospettiva della dottrina sociale della Chiesa già evidenziata dall’enciclica “Rerum Novarum” emanata da Leone XIII nel 1891, come già detto, il papato di Pio XI si compromise largamente con il fascismo, arrivando a formare, l’11 febbraio 1929, un Concordato tra la Santa Sede e lo Stato italiano.
Pio XI resse lo Stato della Chiesa dal 1922 al 1939.
Durante il suo pontificato, esattamente nel 1925, al termine del giubileo, proclamerà santi il filosofo Tommaso Moro, Roberto Bellarmino, il cardinale che avversò il filosofo Giordano Bruno e Galileo Galilei, e Giovanni Bosco, fondatore dei salesiani.
Con il Concordato, tuttavia, Stato e Chiesa si riconciliano definitivamente, dopo la frattura aperta dalla breccia di Porta Pia il 20 settembre 1870 e si assiste ad una nuova configurazione della Chiesa come “Stato della Chiesa”.
I “Patti Lateranensi”, sottoscritti da Mussolini e dal cardinal Gasparri, segretario di Stato pontificio, furono aspramente criticati anche dal filosofo del fascismo Giovanni Gentile, per il quale furono un segno si prostituzione dello Stato laico, fascista, erede del laicismo risorgimentale, alla Chiesa cattolica. Gentile era infatti un filosofo di formazione hegeliana, fedele all’idea di “Stato etico” . Gentile, l’autore della riforma scolastica del 1923, anche se fascista, era infatti spesso critico nei confronti di Mussolini (ad esempio, nell’Enciclopedia Treccani, da lui fondata, prese come collaboratori alcuni suoi studenti socialisti ed anche ebrei), ma Mussolini non poteva non rispettare un’autorità intellettuale del genere, ragion per cui le critiche di Gentile venivano comunque sempre tollerate dal regime, anche se non sempre con favore.
Con i “Patti Lateranensi” ci ‘guadagnano’ entrambe le parti: la Chiesa riconosce il regime fascista, che viene legittimato moralmente agli occhi degli italiani; come afferma lo storico Renzo De Felice , Mussolini con il Concordato incrementò moltissimo il consenso degli italiani verso il regime. Viene introdotto l’obbligo dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, si ribadisce la santità del matrimonio religioso, valido anche agli effetti civili, si stabilisce che la religione cattolica è religione dello Stato, in piena sintonia con quanto affermato nell’art. 1 dello Statuto albertino; lo Stato italiano diventa dunque uno Stato confessionale, perché riconosce una sola religione, la cattolica, come religione dello Stato. “Italiano”, “fascista” e “cattolico” divennero sinonimi. I preti ottennero uno stipendio statale e la Chiesa fu esentata dalle tasse sui beni immobili, si decise anche che i preti che lasciavano l’abito non potevano trovare occupazione nella pubblica amministrazione ; tuttavia i preti dovevano giurare fedeltà al regime fascista. Fu vietato il divorzio e l’aborto fu considerato un crimine di Stato; tuttavia, per quanto concerne il divorzio, la Chiesa, con il Tribunale della Sacra Rota, poteva però sciogliere il matrimonio considerato nullo o non consumato, in base a gravi motivi riconosciuti tali dal suddetto tribunale; di fatto, molti matrimoni furono sciolti dietro lauti compensi alla Chiesa. I coniugi “sciolti” dalla Sacra Rota erano considerati come di stato civile libero, celibe o nubile, e potevano quindi (nuovamente) sposarsi come se fosse la prima volta. Tuttavia dobbiamo rilevare la gravità morale del fatto che più avanti, dopo l’introduzione delle leggi razziali in Italia (agosto 1938) e soprattutto nella Repubblica Sociale Italiana (R. S. I.) fu ahimè concessa la separazione dal coniuge a quanto ariani avessero sposato gli ebrei; alcuni, timorosi delle ritorsioni di un regime fascista ormai succube di quello nazista, l’accettarono, altri, coraggiosamente, rifiutarono la possibilità di divorziare offerta dal regime e rimasero accanto al coniuge fino alla deportazione finale nei campi di sterminio.
Il Concordato del 1929 fu rivisto nel 1984: è il “II Concordato Craxi”, firmato dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, esponente del P. S. I. (Partito Socialista Italiano) e da Giovanni Paolo II.
Riportiamo ora alcuni significativi articoli del Concordato del 1929:
“In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere. […].
5.Nessun ecclesiastico può essere assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello Stato Italiano o di enti pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla osta dell’Ordinario diocesano. […] In ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio o in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico. […].
34.Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili. […]. Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici. […].
36.L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie , secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la santa Sede e lo Stato” .
Il 21 marzo 1937 Pio XI emana un’enciclica nella quale condanna il razzismo, con evidenti, anche se impliciti, alle leggi antiebraiche di Norimberga del 1935: l’enciclica viene letta in Germania.

V.7. Pio XII di fronte al nazismo ed al comunismo.
Anche il pontificato di Pio XII, abbastanza lungo in quanti durato dal 1939 al 1958, si colloca in un periodo particolarmente buio per l’intera Europa, quello dell’età dei totalitarismi.
Fu “il papa del silenzio”, in quanto non condannò mai esplicitamente la barbarie nazista , a differenza, ad esempio, del patriarca della Chiesa ortodossa di Sofia, in Bulgaria, che levò possentemente la sua voce contro le deportazioni, riuscendo così a salvare migliaia di ebrei. Durante il suo pontificato, tuttavia, non mancarono religiosi impegnati nel salvataggio degli ebrei, come padre Ruffino di Assisi e le stesse suore clarisse di Assisi, che ruppero la clausura facendo entrare gli ebrei nel loro convento ; altri preti si impegnarono addirittura attivamente nella resistenza, con armi in mano, molto coraggiosamente; i nazisti fucilarono oltre 200 preti . Tuttavia Pio XII , uno dei papi più colti che la storia della Chiesa ricordi (parlava correntemente molte lingue), non prese mai una netta e coraggiosa posizione di condanna, e per questo non è stato santificato; perfino nell’omelia del Natale 1943 non fece cenno al problema ebraico, del quale era perfettamente a conoscenza, ma si limitò ad invitare a pregare per tutti coloro che soffrono a causa della loro etnia .
Dopo la II guerra mondiale, invece, non mancò di scomunicare, nel 1949, i cristiani che si dichiaravano comunisti e che votavano per il P. C. I. (Partito Comunista Italiano), e per questo molti cattolici tradizionalisti lo considerano come l’ultimo papa della storia della Chiesa, in quanto considerano, dopo la sua morte, la sede del papato ancora vacante.

V.8. Giovanni XXIII e Paolo VI: il Concilio Ecumenico Vaticano II, una “rivoluzione nella Chiesa”. Analisi comparata delle costituzioni dogmatiche “Dei Filius” e “Dei Verbum” (testi).
Giovanni XXIII, noto come “il papa buono” resse la Chiesa dal 1958 al 1963: il suo pontificato, per quanto breve, ha sicuramente lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa; rappresenta infatti indiscutibilmente una grande luce dopo le ‘ombre’ di Pio XI e di Pio XII. Giovanni XXIII, poi beatificato da Giovanni Paolo II, si trova in un momento difficile, in cui la Chiesa deve fare i conti con una realtà sociale di anni difficili, gli anni ’50 ; sono gli anni non ancora del boom economico, sono quelli dei preti operai ed impegnati nel sociale, come don Lorenzo Milani, l’autore di Lettera a una professoressa e di don Mazzolari, due sacerdoti che si trovano ad operare nella difficile realtà ancora della ricostruzione del dopo guerra. Sono anche gli anni della guerra fredda nel mondo e delle tensioni politiche in Italia, sono gli anni in cui si fanno avanti anche le voci delle donne e dei giovani, che rivendicano un loro ruolo nella società e nella Chiesa. Tutto questo confluisce nel Concilio Ecumenico Vaticano II , che ha cambiato la vita della Chiesa. E’ stato aperto da Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962 e chiuso da Paolo VI l’8 dicembre 1965, il giorno dell’Immacolata, poiché Giovanni XXIII muore nel 1963. Il Concilio si è svolto in 4 sessioni. Al Concilio hanno partecipato 2500 vescovi, oltre ad esperti ed osservatori, uditori ed uditrici esterni; vi hanno presenziato anche 100 uditori non cattolici, per questo il Concilio è stato così innovativo. Nel discorso di apertura del Concilio, il papa sottolinea la necessità del dialogo sia con gli ortodossi che con i protestanti, al fine di sanare le due gravi fratture in seno alla Chiesa, rispettivamente del 1054 e del 1517, anche se la Verità non è cambiata; in tutte le religioni, afferma il papa, c’è un seme di verità, e viene considerato “santo” lo sforzo di tutte le religioni di cercare la verità. Si rivaluta, negli atti conciliari, la funzione della donna, in quanto, prima del Concilio era impensabile, ad esempio, che una donna potesse insegnare religione cattolica nelle scuole o teologia. Si afferma l’importanza della partecipazione di tutti i cristiani durante la messa e la funzione dei laici nella Chiesa, in quanto i laici fanno parte della Chiesa, che viene così rappresentata, anche graficamente, come una mensa, e non più come una piramide, che procede dal papa ai vescovi, ai presbiteri. La Chiesa recupera il significato greco di “ecclesia”, cioè “assemblea dei fedeli”, ma si rivaluta anche l’importanza del dialogo con i credenti non cristiani e con gli atei. Si prega per gli ebrei, che non sono più definiti i “perfidi ebrei” come nel Concilio Vaticano I.
Nel complesso, i documenti del Concilio sono 16:
a. 4 costituzioni;
b. 9 decreti;
c. 3 dichiarazioni.
Delle 4 costituzioni 2 sono dogmatiche (“Lumen Gentium”, indicata come L.G., e “Dei Verbum”, indicata come D. V.), una senza aggettivo (“Sacrosantum Concilium”, indicata come S. C.) ed una pastorale (“Gaudium et Spes”, indicata come G. S.). I titoli del documenti sono in latino perché rivolti a tutto il mondo, ma si rivalutano le lingue nazionali, nelle quali viene stabilito che si celebri la messa.
La “Lumen Gentium” è una costituzione dogmatica fondamentale per l’ecclesiologia, ovvero la concezione che la Chiesa ha di sé: lo schema di questa costituzione è affidato ai padri conciliari e ad un teologo, padre Tromp, che tuttavia non accontenta i padri conciliari perché Tromp segue la linea del Concilio Vaticano I, insistendo sugli aspetti visibili ed istituzionali della Chiesa. Tromp propose un’articolazione della “Lumen Gentium” in 4 capitoli, mentre alla fine i capitoli furono 8, il VII capitolo fu voluto da Giovanni XXIII e l’ VIII da Paolo VI. Tromp parlava di “Chiesa militante” e di “Chiesa trionfante”, mentre nella “Lumen Gentium” approvata si parla di “Chiesa pellegrinante” e di “Chiesa celeste”. L’ultimo capitolo, appunto l’ VIII, voluto da Paolo VI e dedicato a Maria , suscitò vivaci polemiche. I primi due capitoli sono invece fortemente teologici e parlano di una Chiesa come “mistero”, una Chiesa che proviene dall’eternità e che tornerà all’eternità. Nella “Lumen gentium” si parla della Chiesa appunto come mistero, ma anche come popolo di Dio, dell’episcopato (si afferma che i vescovi, come discendenti degli apostoli, devono essere pronti, in casi estremi, anche al martirio personale, in quanto il “martire”, in greco, è il “testimone”), della funzione fondamentale dei laici nella Chiesa, della santità (che è una chiamata universale, e non rivolta ai soli religiosi ordinati), dei religiosi, della “Chiesa celeste” (e non “trionfante”, come avrebbe invece voluto padre Tromp) e di Maria, che si rivolge a tutto il popolo di Dio e non a Cristo, Maria è l’immagine di come sarà la Chiesa, Maria sceglie la via del nascondimento, spesso, e non della protagonista . Cristo è dunque l’unico “lume delle genti”.
Venendo ora ad analizzare alcuni testi conciliari, sembra opportuno operare un confronto simultaneo tra due costituzioni dogmatiche, la “Dei Filius” (1870) del Concilio Ecumenico Vaticano I, e la “Dei Verbum”, del Concilio Ecumenico Vaticano II, perché da questa comparazione testuale emerge la differenza di prospettiva dei due concili; si tratta, come si è detto, di due costituzioni dogmatiche, ma con ottiche, prospettive e contesti storici differenti.
Nella “Dei Filius” si afferma che Dio può essere conosciuto anche con la ragione, grazie al creato, come afferma Paolo nella Lettera ai Romani . A Dio “è piaciuto rivelarsi”, per bontà. Attraverso il creato, Dio si può conoscere con assoluta certezza. Tale conoscenza non è però una dimostrazione; tuttavia tale conoscenza non viene meno nemmeno con il peccato, perché l’uomo è comunque fatto ad immagine e somiglianza di Dio. All’inizio della costituzione si difende la ragione, contro le tesi positivistiche che negavano la possibilità di arrivare a Dio con la ragione. In un secondo momento si parla però di una rivelazione sovrannaturale, perché Dio è anche vero Dio, e non solo vero uomo. Dio parla agli uomini “come a dei figli”, quindi con l’autorità di un padre.
Nella “Dei Verbum” si afferma invece che a Dio “piacque rivelarsi”, ma qui si parla della rivelazione sovrannaturale, invertendo la prospettiva della “Dei Filius” e del Concilio Vaticano I, perché è diverso il contesto storico. Il problema non è infatti più quello di combattere il razionalismo positivistico, ma quello dell’ateismo del mondo contemporaneo. Dio parla agli uomini “come ad amici”, non come a “figli”, a differenza della “Dei Filius”; si insiste quindi sul colloquio tra Dio e l’uomo, sul verbo, la parola, che è Cristo, parola che va da Dio al mondo per tornare a Dio. La “Dei Verbum” si conclude con la ripresa dell’incipit della “Dei Filius”: il creato è “prova certa” della conoscenza di Dio. Un’altra differenza tra le 2 costituzioni riguarda le espressioni “è piaciuto” e “piacque”: in “è piaciuto” della “Dei Filius” si insiste sullo sforzo umano, mentre il “piacque” della “Dei Verbum” sottolinea che la rivelazione è grazia divina. Nella “Dei Filius” si parla inoltre di “decreti” di Dio, mentre nella “Dei Verbum” si parla di “misteri”, usando un termine paolino, per evocare tutto il disegno salvifico che si ha con Cristo. Emerge quindi il carattere cristocentrico della rivelazione, strettamente connesso alla salvezza: Dio si rivela per salvarci e la rivelazione è grazia. La prospettiva e la struttura delle 2 costituzioni è quindi specularmente invertita, come si può comprendere dalla seguente mappa concettuale, che induce ad un’analisi comparata :
“Dei Filius” (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano I). “Dei Verbum” (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II).
Incipit: il creato è conoscenza certa di Dio.
1.La rivelazione umana precede la rivelazione sovrannaturale. 1.La rivelazione sovrannaturale precede quella umana.
2.Difesa della ragione come strumento per conoscere Dio, contro le tesi positivistiche. 2.Intento di combattere l’ateismo del mondo contemporaneo.
3.Dio emette decreti. 3.Dio parla di misteri (sottolinea l’azione salvifica della rivelazione, connessa alla grazia).
4.A Dio è piaciuto rivelarsi (si insiste sullo sforzo umano). 4.A Dio piacque rivelarsi (la rivelazione è connessa alla grazie divina).
5.Dio parla ai figli (con autorità paterna). 5.Dio parla ad amici (stabilendo con l’uomo un rapporto paritetico).
Conclusione: il creato è conoscenza certa di Dio (si riprende l’incipit della “Dei Filius”).
Sembra adesso opportuno esaminare parallelamente i due testi:
“Dei Filius”, cap. II (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano I). “Dei Verbum”, cap. II.6 (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II).
“[…] Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza con la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create […].
E’ piaciuto alla sua sapienza e bontà rivelare sé stesso e gli eterni decreti della sua volontà per altra via – soprannaturale – […].
Dio, nella sua infinità bontà, ha ordinato l’uomo a un fine soprannaturale, a partecipare, cioè, i beni divini, che superano del tutto le possibilità dell’umana intelligenza […]” . “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare sé stesso e manifestare il mistero della sua volontà […].
Nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici […] e si intrattiene con essi […] per invitarli e ammetterli alla comunione con sé […].
La profonda verità, poi, sia di Dio sia della salvezza degli uomini, per mezzo di questa rivelazione risplende a noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione […]” .

Nella costituzione pastorale “Gaudium et Spes” si afferma che solo Cristo è Gioia e Speranza e si afferma la necessità, per la Chiesa, di conoscere l’uomo nella società contemporanea, che conosce profonde trasformazioni, rendendo spesso l’uomo succube di nuovi idoli, come il progresso, che ha portato benessere, ma anche miseria, schiavitù, guerra per molte persone e molti popoli. Di fronte a tali squilibri, l’uomo s’interroga sul proprio destino e la Chiesa deve dunque essere al passo con i tempi per offrire una risposta valida, la parola di Dio deve dunque incarnarsi. Il mondo si presenta socialmente diviso tra un Occidente ricco ed un terzo e quarto mondo avvolto dalla fame, dalla miseria, dall’analfabetismo. L’uomo si dichiara libero, mentre nascono nuove forme di schiavitù. Il mondo contemporaneo è quindi caratterizzato da profonde contraddizioni e dal rischio di una guerra nucleare: in questo contesto è carente il dialogo. Soprattutto in questo momento i giovani sono allo sbaraglio, si ritrovano privi di valori, sia pur nella consapevolezza della loro importanza nella società. I giovani vedono la Chiesa ancora indietro nel tempo, ma la Chiesa, pur comprendendo la storia, non può cambiare la Verità; in questo contesto è sempre più difficile il ruolo dei genitori e degli educatori. Dio è sempre più “messo da parte”, spesso con l’espediente del progresso scientifico o di un “nuovo umanesimo” . Di fronte a questi squilibri, solo la religione può dare una risposta all’inquietudine umana: tutte le religioni offrono la salvezza, ma una salvezza parziale, relativa, solo il cristianesimo, sei afferma nella costituzione, offre la salvezza plenaria perché solo Cristo è la Verità assoluta. Questa è quindi la proposta della Chiesa, che dev’essere abbracciata anche dai laici cattolici, che, come si è detto, sono parte integrante della Chiesa: proporre Cristo come unico e possibile modello di Verità .
I 9 decreti riguardano la formazione sacerdotale, l’apostolato e la vocazione dei laici, l’ecumenismo, la pastorale.
Le 3 dichiarazioni sono infine rivolte a tutti, anche ai non credenti: particolarmente importanti risultano essere la prima, la “Dignitatis humanae”, che riguarda l’educazione cristiana e la famiglia, e l’ultima, la terza, la “Nostra aetate”, attinente alle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane; è stata redatta da Paolo VI nel 1965 dopo un suo viaggio in Israele. La seconda concerne invece la libertà religiosa.
In quest’ultima dichiarazione si afferma che gli uomini delle religioni non cristiane attendono la risposta a questi squilibri, a questi turbamenti, a domande sul bene, sul male, sul motivo del dolore e della nostra origine, sul fine della vita. La Chiesa cattolica mostra il massimo rispetto verso queste religioni ed i loro tentativi di risposta, ma solo nella Chiesa è presente la Verità, che è Cristo, Via, Verità e Vita. Solo nel cristianesimo, si sottolinea, Cristo scende tra gli uomini, mentre nelle altre religioni, avviene invece il contrario, è l’uomo che si eleva a Dio .
A Giovanni XXIII successe papa Paolo VI , che resse la Chiesa dal 1963 al 1978: nonostante l’impegno nel chiudere il Concilio Vaticano II, fu sostanzialmente un papa reazionario ed elevò al rango cardinalizio l’arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit, che si era largamente compromesso con il regime fascista, benedicendo la fucilazione dei partigiani ed entrando poi, negli anni ’50, in conflitto con preti impegnati nel sociale come il già citato don Milani e don Mazzi. Paolo VI, sul finire degli anni ’70, tacque sulla presenza in parlamento dell’on. don Olindo del Donno, cappellano militare durante la seconda guerra mondiale e deputato nelle liste del M.S.I.-D.N., un partito di chiara e indiscutibile impronta fascista, mentre sospese a divinis e poi ridusse allo stato laicale dom Franzoni, abate della chiesa di S. Paolo fuori le mura, per aver aderito al P.C.I. ed essersi dichiarato favorevole al divorzio ed all’aborto; Paolo VI si scontrò, inoltre, con monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, di tendenze progressiste. Tuttavia fu “sospeso a divinis” il vescovo tradizionalista francese monsignor Marcel Lefebvre.

V.9. Da Giovanni Paolo I a papa Francesco: la Chiesa di fronte alle sfide del mondo attuale.
Il 26 agosto 1978 fu eletto al soglio pontificio Giovanni Paolo I, noto come “il papa del sorriso”: il suo pontificato, tra i più brevi nella storia, durò soltanto 33 giorni, poiché il vicario di Cristo si spense misteriosamente il 29 settembre 1978, e la sua morte, avvenuta in circostanze misteriose, ha destato non poche polemiche . Il papa si era infatti distinto per il suo impegno nel sociale, notevole fin da quando era vescovo, a fianco delle lotte operaie a Venezia. Fu il primo papa a rinunciare alla sedia gestatoria ed al “plurale maiestatis”.
A lui seguì il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, dal 1978 al 2005: fu il terzo pontificato più lungo della storia pontificia, dopo quelli di Pietro apostolo e di Pio IX; fu un uomo impegnato profondamente nella pastorale e nell’ecumenismo , come dimostrato dai suoi innumerevoli viaggi in tutto il mondo; riabilitò Galileo, si recò a Gerusalemme e chiese scusa agli ebrei per il comportamento avuto da molti cristiani nella seconda guerra mondiale, agevolò la caduta del comunismo in Europa, ma mosse le sue critiche anche all’egoismo delle società liberiste. Fu un papa straniero, polacco per l’esattezza, il cardinale Woytila. Nel 1991 emanò l’enciclica “Centesimus annus”, nella quale ampliò ulteriormente la prospettiva sociale della Chiesa, parlando della necessità di un “nuovo piano Marshall” per risollevare le sorti dei Paesi usciti dalle dittature comuniste. Anche se sensibile ai temi sociali, si oppose alla teologia della liberazione, fortemente presente nell’America latina con il vescovo Romero, affermando che la teologia della liberazione non è teologia, ma marxismo . Uno dei problemi fondamentali con i quali si trovò di fronte il pontificato di Giovanni Paolo II fu infatti quello del rapporto con le nuove teologie contemporanee, sia cattoliche, ma soprattutto protestanti: da qui l’impegno del papa nell’ecumenismo. Nota fu la sua presa di posizione contro il regime comunista polacca, quando, proprio durante un suo viaggio nella Polonia comunista, disse alle migliaia di polacchi che lo stavano ascoltando, di fronte ai microfoni di tutto il mondo: “Non abbiate paura, aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”
Dal 2005 al 2013 fu papa il cardinale Ratzinger, anche questo straniero, tedesco, che assunse il nome di Benedetto XVI: cercò di riportare la Chiesa su una linea tradizionale, più dogmatica e meno pastorale , ma non riuscì nel suo intento e si dimise nel 2013. E’ stato un grande teologo, un intellettuale profondo, e ricordò ai religiosi di non dimenticare il latino. Fu un caso di abdicazione, come quello di Celestino V. Fu dichiarato “papa emerito.
Nel 2013 fu eletto un altro straniero, il terzo consecutivamente: papa Francesco , gesuita, argentino, il primo papa non europeo, anche se di origine italiana. Ha seguito la linea di Giovanni Paolo I, attirandosi le antipatie del clero tradizionalista: impegnatissimo nell’ecumenismo ed ancor più nella pastorale, conduce una vita semplice, sempre a contatto diretto e informale con la gente. Il suo intento è far riaffiorare nella Chiesa lo spirito evangelico della semplicità cristiana. Notevole è il suo impegno nell’apertura all’Islam, nell’ottica di una società multietnica, sia pure, ovviamente, nella esplicita condanna di ogni forma di terrorismo. Papa Francesco ha inoltre condannato le “case Magdalene”, gestite dalle suore irlandesi, nelle quali, con riferimento alla prostituta Maria Maddalena, si costringevano le ragazze irlandesi figlie di “buone famiglie cattoliche” ad uno stato di vera e propria segregazione sociale, sottoposte a lavori estenuanti in lavanderia ed a punizioni fisiche molto pesanti. Le case Magdalene, delle quali l’ultima è stata chiusa soltanto nel 1994, costituirono una vera e propria vergogna per la Chiesa cattolica: furono un esempio di integralismo e fanatismo del cattolicesimo contemporaneo più intransigente . Papa Francesco è un pontefice molto amato dalla gente, avversato dai cattolici integralisti che vedono invece in lui “un papa che piace agli atei”.
Quest’ultima parte si è ovviamente trattata più a livello di ‘cronaca’ che non di storia, come si è detto nell’introduzione, fedelmente all’idea crociana di un periodo di tempo necessario per la maturazione di un giudizio critico, e quindi storico.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.

Il mio lavoro si è posto un duplice obiettivo:
a. quello di una trattazione degli eventi principali che hanno caratterizzato la storia della Chiesa nei suoi rapporti con l’Impero o gli Stati o qualsiasi altra autorità laica, e vedere come questi rapporti si sono sviluppati nel tempo;
b. quello di analizzare i documenti principali, mediante il metodo storico-critico (quindi filologico), della storia della Chiesa.
Il titolo dell’elaborato riprende l’espressione della nota “teoria delle due spade” elaborata da Bonifacio VIII nel 1300 durante il conflitto con il re di Francia Filippo IV il Bello.
Ho voluto affrontare un tema “trasversale”, quello di una storia “settoriale”, appunto la Chiesa, un’istituzione, inserendola nel più ampio contesto della storia civile; la motivazione che mi ha indotto ad affrontare un lavoro di così ampio respiro trova riscontro nella volontà di riprendere lo studio della storia della Chiesa, iniziato durante l’Università e la Scuola Superiore Fondamentale di Formazione Teologica che ho frequentato diversi anni fa.
I metodi seguiti sono stati quello
a. euristico (cioè di ricerca delle fonti) ed
b. ermeneutico (volto quindi all’ interpretazione delle fonti stesse).
Nell’uso di tali metodologie mi sono avvalso delle discipline “ausiliarie” della storia, quali la letteratura, italiana e latina, la filosofia, talvolta la teologia, la filologia, l’ecclesiologia .
Il corpo centrale del lavoro si è articolato in 2 grandi parti, di circa 50 pp. ognuna, la prima relativa alla Chiesa antica e medievale, la seconda alla Chiesa moderna e contemporanea. Nella prima parte, che consta di due capitoli, la Chiesa antica è stata considerata fino al VII secolo, per non lasciare interrotte alcune tematiche, come quella della disputa cristologico-trinitaria sulla natura di Cristo, se umana, divina o sulla compresenza delle due nature, disputa che si è sviluppata in vari concili, compresi tra il tardo Impero romano ed il primo Medioevo.
Altro grande problema affrontato nella prima parte è stato quello del giudeocristianesimo, per il quale mi sono avvalso dell’ausilio della letteratura latina del I e del II secolo (Svetonio, Tacito).
Circa l’età medievale, è stato fondamentale trattare lo sviluppo della teocrazia e del cesaropapismo per vedere i rapporti, spesso conflittuali, talvolta in maniera manifesta, talaltra latente, tra potere spirituale e potere temporale, con Gregorio VII ed Enrico IV nell’XI secolo (il “Dictatus Papae” di Gregorio VII è del 1075), con Innocenzo III (nel 1215, con il “Concilio Lateranense IV), nel 1300 (la bolla “Unam Sanctam” di Bonifacio VIII è del 1302). Al termine del Medioevo si è parlato del papato avignonese, immediata conseguenza della sconfitta di Bonifacio VIII, dell’inizio quindi del gallicanesimo, della nascita dello Stato della Chiesa con le “Costituzioni Aegidiane” del cardinale Egidio d’Albornoz nel 1357 e con il Concilio di Basilea del 1431, che stabilisce che la Chiesa è una monarchia assoluta retta dal papa, contro le teorie conciliariste affermate nel Concilio di Costanza (1414-17) e da Marsilio da Padova con il “Defensor Pacis” del 1324 (a Bonifacio VIII si era già opposto Dante nel primissimo Trecento con la teoria del “due Soli”, di pari dignità, esposta nel “De monarchia”). In questo periodo, di mondanizzazione e corruzione della Chiesa e del clero, si sono sviluppati movimenti pauperistici ed ereticali, che non hanno tanto insistito sugli aspetti dottrinali, come faranno invece i riformatori del ‘500, quanto su quelli della corruzione del clero e sulla necessità di un rinnovamento morale che riporti la Chiesa allo spirito evangelico delle origini cristiane.
Segue la II parte, che consta di 3 capitoli: il primo, importantissimo, è dedicato, con ampio spazio, all’età della Riforma e della Controriforma (secondo la tesi di Putter del 1773) o “Riforma cattolica”, per seguire poi la Chiesa nel ‘600 e nel ‘700, durante il “dispotismo illuminato”, la Rivoluzione francese e l’età napoleonica, nella quale si assiste ad una pacificazione tra Chiesa e Stato, con il Concordato del 1801. A seguire la Chiesa nel Risorgimento, con le tesi neoguelfe di Vincenzo Gioberti, che saranno di sostegno al difficile quanto lunghissimo pontificato di Pio IX. Assistiamo poi agli anni dell’impegno sociale del Clero, con la “Rerum Novarum” di Leone XIII, che apre la Chiesa ai problemi del Novecento, con i Concili Ecumenici Vaticano I e II, il primo dei quali rivolto contro il Positivismo, che pretendeva di negare la razionalità dell’esistenza di Dio, il secondo che intende invece rispondere ai problemi dell’ateismo contemporaneo ed alla ricerca di un “nuovo umanesimo”. La trattazione degli ultimi pontificati, anche se più a livello di cronaca che di storia, chiudono l’opera, ma non la storia della Chiesa, che, per usare un’espressione aristotelica (sebbene aristotelico non sono) è sempre “in potenza” e mai “in atto”, muovendosi nel terreno della società umana e della storia civile.
Attualmente i cattolici nel mondo sono quasi un miliardo, vale a dire il 17% dell’intera popolazione mondiale, divisi nei vari continenti, esattamente 484 milioni nelle Americhe, 289 milioni in Europa, 110 milioni in Africa, 100 milioni in Asia ed in Oceania.

BIBLIOGRAFIA.
A)Fonti primarie:

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N.B. * Si tratta di un’opera monumentale in 6 volumi complessivi, in AA. VV., Nuova storia della Chiesa, Marietti, Milano, 1980-2010.

C)Riviste storiche:

1. Focus storia, n° 41, marzo 2010;
2. Storica. National geograpich, n° 13, marzo 2010.

SITOGRAFIA

1. Si tenga presente, per la visione storica generale, il sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici, con sede a Napoli (Palazzo Filomarino, via Benedetto Croce): www.iiss.it
2. www.wikipedia.org
3. http://bdp.it/bibl/aree.htm
4. www.iisf.it è infine il sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, con sede a Napoli.

FILMOGRAFIA

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2. Amen, di Costa-Gavras, Francia, 2002, colore;
3. Assisi underground, di A. Ramati, 1984, colore;
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5. Galileo, di L. Cavani, 1968, colore;
6. Giordano Bruno, di G. Montaldo, 1973, colore;
7. Giovanna d’Arco, di V. Fleming, 1948, colore;
8. Giovanni Paolo II: la sua vita la sua eredità, in “I protagonisti del XX secolo”, The History Channel, 2007, colore;
9. Gostanza da Libbiano, di P. Benvenuti, Italia, 2001, b/n;
10. Karol, un uomo diventato papa, di G. Battiato, 2005, colore;
11. Il nome della rosa, di J. J. Annaud, 1986, colore;
12. In nome del papa re, di L. Magni, con N. Nino Manfredi, 1977, colore;**
13. In nome del popolo sovrano, di L. Magni, con A. Sordi e N. Manfredi;**
14. Intolerance, di D. W. Griffith, 1916, b/n;
15. Luther, di E. Till, U.S.A., 2003, colore;
16. Magdalene, di P. Mullan, Irlanda, 2002;
17. Mission di R. Joffé, con Robert De Niro, 1986, colore;
18. Nell’anno del Signore, di L. Magni, con U. Tognazzi e E. M. Salerno, 1969, colore;**
19. Papa Luciani, il mistero di una morte, in “La storia siamo noi”, Rai educational, De Agostini, 2008, colore (documentario storico);
20. Papa Luciani, il sorriso di Dio, di G. Capitani, 2006, colore;
21. Philomena, di S. Frears, Islanda, 2013;
22. Scarlatto e nero, di J. London, con Gregory Peck, U.S.A., 1983, musiche di Ennio Morricone, colore;
23. State buoni, se potete, di L. Magni, colonna sonora di Angelo Branduardi, 1983, colore;
24. Storia del cristianesimo, a c. di B. Gascoigne, con scheda didattica redatta da L. Giovannini, audiovisivi San Paolo, prodotto dalla Granada Television Limited, 13 puntate, colore, 55’ ca. ogni puntata.
E’ un’opera audiovisiva monumentale, una vera e propria “Storia della Chiesa” o meglio “Storia delle Chiese” cristiane nei loro rapporti reciproci e con l’ambiente storico, sociale e politico del tempo.
La freschezza del racconto, l’accurata documentazione, l’avvincente linguaggio audiovisivo rendono l’opera anche un vero spettacolo. Il titolo originario I cristiani rendeva ragione del taglio dato al programma. Di cristiani in carne ed ossa infatti si tratta; la loro varietà etnica, le differenti espressioni religiose, i problemi diversi, le profonde esigenze, i malesseri, gli ideali. Bamber Gascoigne scava su documenti, fatti, testimonianze spesso trascurati dai manuali, ma che rendono ragione dei grandi eventi che i testi scolastici stampano ‘in neretto’ e che l’autore, del resto, evidenzia con puntigliosa serietà storica. Tutto questo contribuisce a rendere l’opera uno stimolo ineliminabile per chi voglia avvicinarsi seriamente alla storia ecclesiastica.
25. Storia della Chiesa cattolica. Quel giorno a Nazareth, 4 dvd, Istituto Luce, 2008. E’ un’opera titanica (oltre 10 ore in 20 episodi), è la storia bimillenaria della Chiesa cattolica attraverso i luoghi fisici della sua storia e per voce dei testimoni di oggi: un documentario suddiviso in 20 capitoli ( per ogni dvd), di 25 minuti ognuno, da Nazareth a Papa Woytila. L’opera è curata direttamente dal clero e quindi insiste sull’aspetto missionario della Chiesa.
** Questi 3 film costituiscono una trilogia del regista Luigi Magni sulla Roma papalina nel Risorgimento.

INDICE
PARTI/CAPP./PARR. TITOLI PP.
Frontespizio-titolo-copertina. 1
Dediche, memorie, saluti e ringraziamenti. 2
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA STORIA DELLA CHIESA: IL METODO “STORICO-CRITICO” E LE “SCIENZE AUSILIARIE”. 3
PARTE I LA CHIESA ANTICA E MEDIEVALE (I/XV SECOLO). 8
I. CAPITOLO I: LA CHIESA PRIMITIVA (I/VII SECOLO). 8
I.1. Un quadro storico complesso ed eterogeneo. L’Editto di Milano (testo). La cosiddetta “donazione di Costantino”, un falso storico. 8
I.2. Le persecuzioni. 12
I.3. Nascita e sviluppi della Patristica e suoi rapporti con l’ecclesiologia. 13
I.4. La formazione della gerarchia ecclesiastica: nozioni di diritto canonico. 15
I.5. Le prime eresie: Gnosticismo, Marcionismo, Montanismo, Manicheismo. 18
I.6. Pelagio e la polemica con Agostino. Cenni sul Donatismo. 21
I.7. Le controversie trinitarie. 22
I.8. La disputa cristologica ed i primi concili: i concili di Efeso e Calcedonia (testi). 24
II. CAPITOLO II: LA CHIESA MEDIEVALE (VIII/XV SECOLO). 27
II.1. Bipartizione o tripartizione del Medioevo? Una questione di interpretazioni storiografiche. 27
II.2. La Chiesa nell’Alto Medioevo: il quadro storico. Teocrazia e Cesaropapismo. L’iconoclastia. 28
II.3. Il monachesimo medievale (III/IX secolo): il monachesimo anacoretico e cenobitico, orientale ed occidentale. Trionfo della “Regola” benedettina. La “Regola” di Benedetto da Norcia: testo. L’eresia monotelita. 33
II.4. La Riforma gregoriana. 36
II.5. La lotta per le investiture. Il “Dictatus Papae” (testo) ed il “Concordato di Worms”. 38
II.6. Le crociate: missione, espansione e difesa della cristianità. 40
II.7. La rinascita religiosa tra XII e XIII secolo: gli ordini mendicanti nei secoli centrali o “secoli d’oro” del Medioevo. La “Regula bullata” (testo). 41
II.8. La nascita delle Università fra XIII e XIV secolo: cenni. 44
II.9. La ripresa della teocrazia e gli ordini cavallereschi: Innocenzo III ed il Concilio Ecumenico Lateranense IV del 1215 (testo). 45
II.10. La Chiesa nel Basso Medioevo: il conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo IV “il bello” e la fine della teocrazia. La bolla “Unam Sanctam” del 1302 (testo). L’inizio del “gallicanesimo” ed il papato avignonese. Marsilio da Padova. La “Bolla d’oro”. 46
II.11. Le eresie di Wycliff e Hus. Il caso di Giovanna d’Arco. 51
II.12. Il grande scisma d’Occidente e la nascita dello Stato della Chiesa. L’ ‘autunno’ del Medioevo. L’Inquisizione e la tortura. 53
PARTE II LA CHIESA IN ETA’ MODERNA E CONTEMPORANEA (XVI/XX SECOLO). 57
III. CAPITOLO III: RIFORMA E CONTRORIFORMA O ‘RIFORMA CATTOLICA’ (XVI SECOLO). 57
III.1. La repubblica savonaroliana a Firenze ed Alessandro VI Borgia. 57
III.2. La Chiesa di fronte alle scoperte geografiche ed ai massacri dei conquistadores. La “reconquista”. 58
III.3. I papi ‘umanisti’ e le cause della Riforma protestante. 59
III.4. La figura di Martin Lutero ed i primi conflitti con la Chiesa. Le “95 tesi” (testo). Le indulgenze ed il “nepotismo”. 61
III.5. La polemica tra Lutero ed Erasmo da Rotterdam. 63
III.6. La rottura con la Chiesa cattolica. 64
III.7. I punti della dottrina luterana: teologia ed escatologia. 64
III.8. La rivolta dei contadini di Thomas Muntzer: “I dodici articoli dei contadini tedeschi” (testo). 66
III.9. La rivolta degli Anabattisti a Munster e l’opera di Menno Simons. 67
III.10 La Dieta di Spira, la “Confessio Augustana”, la lega di Smalcalda e la pace di Augusta. 68
III.11. La Riforma in Svizzera: Uldrich Zwingli. 69
III.12. Giovanni Calvino a Ginevra: le dottrine della predestinazione e del lavoro. 69
III.13. L’ ‘ombra’ di Calvino: il rogo di Michele Serveto. Christianae religionis institutio (testo). 70
III.14. Lutero e Calvino sui dogmi della transustanziazione e della consustanziazione. 71
III.15. Lo scisma anglicano. 71
III.16. La riforma in Italia. 72
III.17. La diffusione della Riforma in Europa. 72
III.18. Controriforma o ‘Riforma cattolica’? Un problema di interpretazione storiografica. 73
III.19. I nuovi ordini religiosi. 74
III.20. La “Compagnia di Gesù”. 75
III.21. Il Concilio di Trento (1545-63). 75
III.22. L’Indice dei libri proibiti ed il Tribunale dell’Inquisizione. 76
III.23. La caccia alle “streghe” ed agli “untori”: fenomeni di fanatismo. 77
III.24. La Chiesa nell’Impero di Filippo II di Spagna. 78
III.25. Le guerre di religione in Francia: dalla notte di San Bartolomeo (24 agosto 1572) all’editto di Nantes (3 aprile 1598) di Enrico IV. 79
IV. CAPITOLO IV: LA SECONDA ETA’ MODERNA (XVII/XVIII SECOLO). 81
IV.1. I casi di Giordano Bruno e Galileo. 81
IV.2. La Francia dei cardinali. 82
IV.3. Il gallicanesimo e la politica religiosa del “Re Sole”. Il Seicento. 83
IV.4. Il dispotismo illuminato, il deismo e l’ateismo. 85
IV.5. I rapporti tra Stato e Chiesa durante la Rivoluzione francese e la pacificazione napoleonica. I “sanfedisti” del cardinale Ruffo a Napoli. 86
V. CAPITOLO V: LA CHIESA DAL RISORGIMENTO ALL’ETA’ CONTEMPORANEA (XIX/XX SECOLO). 89
V.1. La Chiesa durante il Congresso di Vienna (1814-15). 89
V.2. Pio IX, l’ultimo “papa-re”. La Chiesa nelle guerre di indipendenza ed il Concilio Ecumenico Vaticano I. Gioberti ed il neoguelfismo. 91
V.3. Leone XIII e la questione sociale: la “Rerum Novarum” del 1891 (testo). La dottrina sociale della Chiesa. 95
V.4. Pio X e la polemica contro il “Modernismo”. 96
V.5. Benedetto XV: l’ “Inutile strage” (testo). 98
V.6. Pio XI ed il fascismo: i “Patti Lateranensi” (testo). 99
V.7. Pio XII di fronte al nazismo ed al comunismo. 102
V.8. Giovanni XXIII e Paolo VI: il Concilio Ecumenico Vaticano II, una “rivoluzione nella Chiesa”. Analisi comparata delle costituzioni dogmatiche “Dei Filius” e “Dei Verbum” (testi). 103
V.9. Da Giovanni Paolo I a papa Francesco: la Chiesa di fronte alle sfide del mondo attuale. 109
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. 111
BIBLIOGRAFIA. 113
A)Fonti primarie. 113
B)Fonti secondarie. 115
C)Riviste storiche. 118
SITOGRAFIA. 119
FILMOGRAFIA. 119
INDICE 121

Storia di due spade: Stato e Chiesa nei secoliultima modifica: 2017-03-04T15:34:37+01:00da m_200
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