L’immagine nella filosofia

II EDIZIONE TOSCANA DEL FESTIVAL DELLA FILOSOFIA:
L’IMMAGINE NELLA FILOSOFIA
TEATRO COMUNALE DI PIETRASANTA (LU), 18/11/2017
– ATTI DEL CONVEGNO –

PROGRAMMA:
10,00 BENVENUTO E INTRODUZIONE
10,30 SERGIO GIVONE Immagine, imago, icona
11,45 ALFREDO FERRARIN La realtà dell’immagine

10,00 BENVENUTO E INTRODUZIONE
Platone ci parla già di “immagine” con riferimento al mondo terreno, appunto copia, immagine peggiorativa dell’Iperuranio. Di immagine si parla ancora in Dante, nel Paradiso, come ne Il ritratto di Dorian Gray. L’immagine è anche lo specchio della nostra realtà ed anche l’icona, il modello ideale da imitare.

10,30 SERGIO GIVONE Immagine, imago, icona
Givone è ordinario all’Università di Firenze e collaboratore di “Repubblica”.
Il termine “immagine” richiama alla radice greca “id”, che rievoca il verbo “vedere”; anche la categoria di “teoria” richiama a “theorein”, appunto vedere. Il mondo dell’immaginario tende a soverchiare la realtà, tutto il mondo è immagine, per cui la realtà non c’è più. L’ immagine ha sfaccettature positive, neutre e negative. Le immagini sono anche quelle della pubblicità e della comunicazione: in questo senso si auspica che l’immagine abbia un rapporto con la realtà e non fugga da essa.
Ma immagine è anche “imago”, come si evince dal sonetto foscoliano “Forse perché della fatal quiete”, in cui la sera è appunto “imago” della morte. “Imago” è un termine infinitamente ricco di significati, si trova in ben 300 trattati composti durante l’Alto Medioevo; Scoto Eriugena e Rabano Mauro parlano di “imago mundi”. L’imago è imago mundi, ma anche “mondo delle immagini”, presente sia in Platone che in Aristotele. L’imago è l’essenza, l’idea platonica del mito della caverna (Repubblica, VII). Nel Medioevo, sia quello cristiano che arabo, l’imago è la luce, sorgente sia della conoscenza che della realtà, è illuminazione, idea, teoria. L’imago è anche la “luce” degli illuministi. Anche Aristotele ci parla di immagine, non come teoria, conoscenza, ma come creazione, “praxis”. Ancor prima di Platone e Aristotele, l’imago si trova negli antichi miti: il mito è una parola carica di significati, simboli, allegorie che evocano la verità. Il mito è infatti per i Greci complementare al logos per la nascita della filosofia. L’imago unisce idea e realtà, cielo e terra. L’imago si manifesta nel concreto, è quindi “teofania”. L’immagine si fa realtà in Democrito, Epicuro, Lucrezio (De rerum natura), Galileo, sulla base di una concezione atomistica della realtà. L’imago e anche la previsione, la proiezione futura, è anche il “gioco di specchi” tra categorie che si riflettono in testi di autori e di periodi differenti, sia letterari che filosofici (tra Dante ed Ariosto come tra Platone, Kant e Schopenhauer).
Le icone sono quelle, anche, quattrocentesche, in Santa Maria Novella, è lo sguardo verso l’infinito, verso Dio; è la stessa icona, intesa come tensione verso l’infinito di cui ci parla Cantor nella fisica corpuscolare. Pier Della Francesca, in questo senso, riprende Masaccio: già Anassimandro ci parla di un “infinito indefinito” identificato nell’apeiron. E’ la rappresentazione tridimensionale del mondo. Ma l’infinito è sempre simulato, quindi finito: rimane un obiettivo a cui tendere, è il difficile rapporto tra finzione e realtà in cui gli opposti si invertono, è la teoria di Pirandello delle maschere, ma è anche l’immagine dell’infinito leopardiano, quando afferma che altri mondi, “interminati spazi e sovrumani silenzi io nel pensier mi fingo”. Arte, pittura poesia sarebbero quindi delle forme di autoinganno che possono offrire occasione per un ritorno in noi stessi. Nella pittura di Friedrich l’icona è quell’infinito del “Viandante nel mare di nebbia”. L’infinito immaginato da Friedrich e da Leopardi, per Cantor, invece, esiste concretamente. La pittura della dissolvenza, l’astrattismo, contengono quella tensione verso l’infinito che è icona. L’ immagine non è quindi solo falsa, ma ha questa ricchezza di punti di vista; in Hegel si parla di immagine nel titolo della Fenomenologia dello Spirito, quando si intende il termine greco “fainomai” nella duplice accezione di vera manifestazione o apparenza, parvenza falsa ed illusoria.

11,45 ALFREDO FERRARIN La realtà dell’immagine
Ferrarin ha insegnato a Boston ed è attualmente professore associato di filosofia teoretica all’Università di Pisa.
L’immagine è anche la creatività, la fotografia, la percezione visiva della realtà, che è sempre una mediazione con la realtà stessa. Immagine è anche l’inconscio psicoanalitico. Da Platone a Hume, l’immagine è un derivato dall’originale. C’è una corrispondenza biunivoca di opposti, tra immagine e realtà; c’è l’immagine della realtà, ma anche la realtà dell’immagine, in senso fotografico, realistico. Nel De anima di Aristotele l’immagine è l’intelletto attivo, la realtà è il corpo, nello strutturalismo linguistico De Saussurre di l’immagine è il significante, la realtà il significato. In Sartre l’immagine è il “nulla” e la realtà è l’essere. L’immaginazione invece è l’immagine visiva, mentre in Platone l’immagine è la copia. In inglese si dice “l’immagine del cane non abbaia”, per fissare la distinzione tra immagine ed originale. L’immagine è il paradigma. Per la fenomenologia husserliana il reale è ciò che ha un senso specifico, ad esempio una casa, una fisicità, quindi temporale ed uno scopo contingente; in altro modo la realtà è solo un’idea astratta che necessita di una riduzione eidetica. Per definizione il reale e ciò che è opposto a fittizio, ma vi sono diverse realtà, diversi modi di essere; sul piano ontologico è la dicotomia parmenidea tra essere e non-essere. Per Aristotele il reale è la sostanza, ciò che è di per sé sussistente e non necessita di altro per esistere. Ma per definire l’essere, la realtà, ho bisogno del non-essere, dell’immagine. Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo afferma che i regimi totalitari hanno coscientemente confuso immagine, intesa come menzogna, e realtà. La menzogna viene spacciata come realtà anche dai sofisti, ma l’immagine non è solo il falso, può essere anche il “vero parziale”; il “falso” non è l’immagine che si presenta come tale, ma ciò che si spaccia per reale, come affermavano sia Aristotele Hannah Arendt. Il teatro può essere il luogo del falso, ma anche la rappresentazione del reale. Il reale è il necessario e come tale si oppone al contingente, al possibile. Ne L’uomo senza qualità di Musil è la durezza del reale che induce a cercare il possibile, l’evasione, anche se la durezza del reale si avverte nello sforzo di evasione da esso. Il possibile, nella sua essenza utopica, ha in se una componente divina, nello slancio verso l’infinito. Vero e falso non sono disgiungibili, afferma Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito, come l’olio e l’acqua: vero e falso non solo si implicano, ma si spiegano vicendevolmente. In Leon Battista Alberti il falso è il Narciso, proiezione del desiderio irreale di autocompiacimento. L’ immagine allevia il rimpianto di ciò che non si è realizzato. In conclusione, si può affermare che immaginazione e realtà sono come la tela di Penelope, con la differenza che la tela di Penelope cresce di giorno e si accorcia di notte, mentre immaginazione e realtà interagiscono in contemporanea.

L’immagine nella filosofiaultima modifica: 2017-11-18T18:17:34+01:00da m_200
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